Condominio

La ripartizione spese speciale del regolamento condominiale si estende ai frazionamenti

di Selene Pascasi

Il regolamento condominiale può stabilire un modo diverso di ripartizione delle spese, per esempio su base paritaria, ma, in tal caso, si dovrà estendere la stessa modalità di spartizione anche ai nuovi frazionamenti. Lo puntualizza la Corte di cassazione con ordinanza n. 24925 del 7 ottobre 2019 (relatore AntonioScarpa) .
La controversia si apre con l'impugnazione, da parte di una società, della deliberazione con cui l'assemblea di condominio aveva approvato il rendiconto e lo stato di ripartizione delle spese dell'anno precendente. Contestazione respinta dal tribunale di Palermo: la divisione, scrive, era stata operata in base al criterio dettato dal regolamento per cui le spese per l'uso e il godimento delle parti comune spettavano ai proprietari in ragione di 1/14 ciascuno, considerato l'aumento del numero delle quote derivante dal frazionamento in distinte proprietà di alcune delle originarie unità immobiliari.
Interpretazione con cui concorda la Corte di appello la quale tiene a marcare come il riferimento testuale alla frazione di 1/14 non avesse determinato le quote condominiali di partecipazione alle spese, ma avesse inteso fissare la ripartizione tra i condomini allora proprietari. Il successivo crescere dei proprietari, quindi, ben giustificava la nuova ripartizione dell'intero.
La società, però, non si arrende e porta il caso in Cassazione. Il motivo? Uno soltanto, ossia l'errata lettura del regolamento che – sottolinea – era in realtà teso a dividere le spese in quattordici quote e non in base al numero degli effettivi proprietari delle singole porzioni. Tesi ancora una volta bocciata. È vero, spiegano i giudici, che i criteri di divisione delle spese condominiali possono essere derogati, come prevede l'articolo 1123 del Codice civile, come è vero che la convenzione di modifica della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale, sia in una deliberazione approvata all'unanimità.
È consentita, difatti, l'adozione di discipline convenzionali (quindi di natura contrattuale) che differenzino gli obblighi dei partecipanti di partecipare agli oneri di gestione del condominio, attribuendoli in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà. Peraltro, è anche possibile – visto che l'articolo 1123 del Codice civile non detta limiti al riguardo – che si decida di dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni o persino di esonerare, parzialemente o anche totalmente, alcuni condòmini dal dovere di contribuzione (Cassazione n. 27233/2013).
Del resto, come evidenziato dalle Sezioni Unite con pronuncia n. 18477/2010, la diversa convenzione altro non sarebbe che una dichiarazione negoziale da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese. E l'interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, come quelle contenenti una disciplina convenzionale di ripartizione delle spese, sarà sindacabile in sede di legittimità solo per violazione di regole legali o per omesso esame del fatto storico. Nulla di simile, tuttavia, poteva rinvenirsi nella vicenda dove il contenuto e la portata della deroga pattizia al generale criterio di ripartizione delle spese comuni era desumibile in modo cristallino dalle espressioni letterali usate.
Di qui, il rigetto del ricorso formulato dalla società considerato che l'intepretazione del regolamento fornita dai giudici di merito ed espressamente contestata dalla stessa S.r.l., non solo non era discutibile ma era l'unica coerentemente possibile.

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