Condominio

Per cambiare le tabelle millesimali non basta la prassi del condominio

di Augusto Cirla

L’approvazione e le modifiche delle tabelle millesimali devono risultare da atto scritto, mentre non possono avvenire in conseguenza di comportamenti concludenti tenuti dai condomini; non basta quindi il pagamento dei contributi per diversi anni da parte della collettività condominiale sulla base di tabelle applicate di fatto oppure la prolungata accettazione dei rendiconti o la partecipazione con voto favorevole a delibere di ripartizione delle spese secondo criteri diversi da quelli risultanti dalle tabelle esistenti. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 26042 del 15 ottobre scorso , riprendendo i ragionamenti che già erano stati da loro svolti in tema di regolamento di condominio.

La premessa è che l’atto di approvazione o di revisione delle tabelle millesimali non ha natura negoziale e le tabelle stesse servono solo a esprimere in termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore tra i diritti dei singoli condomini senza incidere su tali diritti. L’atto di approvazione delle tabelle fa quindi capo a una documentazione ricognitiva tra i valori delle proprietà esclusive e ha natura semplicemente valutativa del patrimonio ai limitati effetti della distribuzione del carico delle spese condominiali e per la formazione della volontà assembleare.

Si tratta di un ragionamento ha indotto in passato la giurisprudenza (Cassazione, sentenza 3245/2009) a sostenere che la creazione o la modifica delle tabelle millesimali non richiedesse la forma scritta ad substantiam, cioè essenziale per la loro stessa esistenza; per i giudici, invece, la modifica delle tabelle si poteva desumere anche da fatti concludenti, a meno che le tabelle stesse non fossero state approvate con un regolamento di natura contrattuale.

Questo principio era stato già in precedenza disatteso dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 943/1999. Si tratta di una pronuncia resa in tema di regolamento di condominio, per cui la forma scritta è irrinunciabile. Questo perché, in primo luogo, siccome il regolamento deve essere trascritto nel registro prescritto dall’articolo 71 delle disposizioni attuative del Codice civile (e, dopo la riforma del 2012, dall’articolo 1130, comma 1, numero 7 del Codice civile), non poteva che assumere tale requisito formale. Inoltre, se il regolamento era di natura assembleare, doveva essere approvato da un’apposita delibera con le maggioranze prescritte, che doveva essere riportata nel registro dei verbali che, in base all’articolo 1136, comma 7, del Codice civile, doveva essere tenuto a cura dell’amministratore. Per il regolamento contrattuale, infine, l’obbligo della forma scritta era ( ed è) imposto dall’esistenza in esso di clausole che incidono sui diritti immobiliari dei singoli condomini o sulle loro proprietà esclusive oppure attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti. Queste considerazioni portavano a escludere una modificabilità del regolamento, di qualsiasi natura esso fosse, per il tramite di comportamenti concludenti dei condomini.

Sempre le Sezioni Unite sono poi tornate sull’argomento (sentenza 18477/2010), questa volta proprio sull’atto di approvazione delle tabelle millesimali, escludendo, in primo luogo, la necessità del consenso unanime. Quanto alla forma, visto che le tabelle millesimali sono allegate al regolamento di condominio perché così dispone l’articolo 68 delle disposizioni attuative del Codice civile e siccome il regolamento richiede la forma scritta, anche le tabelle millesimali devono rivestire tale forma: logico ritenere, infatti, che un atto allegato a un altro si deve considerare sottoposto alla medesima disciplina.

Sulla base dunque di tutte queste osservazioni ed effettuata una comparazione tra le precedenti pronunce della Corte, la Cassazione ha ora affermato il principio secondo cui «anche in caso di approvazione delle sole tabelle devono essere rispettate le norme in tema di forma del regolamento, sia in ordine alle tabelle in seznso stretto e sia in ordine al loro atto approvativo costituito da delibera assembleare, che devono rivestire la forma scritta ad substantiam».

Di qui discende la totale irrilevanza del pur consolidato consenso tacito dei condomini verso tabelle millesimali diverse da quelle che risultano dall’atto scritto, sino a quando queste non vengano modificate da una valida delibera dell’assemblea.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©