Condominio

Accertamento della proprietà, in giudizio solo con il permesso dell’assemblea

di Andrea Magagnoli

L' amministratore non può stare in giudizio senza l' autorizzazione dell' assemblea dei condòmini. Lo afferma la Corte di Cassazione con l' ordinanza n. 26208 / 2019 depositata il 16 ottobre 2019.
Il caso di specie trae origine dalla richiesta di un condomino volta ad ottenere una dichiarazione giudiziale circa la sua proprietà esclusiva di un bene comune facente parte del condominio.
Secondo l'attore, infatti, un box di pertinenza del condominio era di sua esclusiva titolarità.
Il tribunale di Afragola accoglieva la proposta da parte del condomino ed emetteva un provvedimento con il quale veniva dichiarata la fondatezza delle sue ragioni relative al box del quale veniva accertata la esclusiva pertinenza del singolo condomino.
L' amministratore al fine di rivendicare la titolarità del box all' intero condominio allora ricorreva in sede di appello con apposito atto del proprio legale chiedendo la nullità della sentenza di primo grado fondata a suo dire su errati presupposti di fatto e diritto.
La corte di appello rigettava allora l' istanza di riforma della sentenza, in particolare i giudici di appello con il loro provvedimento ritenevano inammissibile l'impugnazione sulla base della considerazione che il giudizio di secondo grado era stato proposto da un soggetto privo di legittimazione attiva.
Infatti a dare corso alla seconda fase del giudizio era stato il solo amministratore di condominio.
Il procedimento giungeva in cassazione ove veniva deciso da parte dei giudici della corte suprema di cassazione con la sentenza qui in commento.
I giudici della corte suprema prendono posizione sulla delicata questione del soggetto al quale debba essere riconosciuta la legittimazione attiva, per quel che riguarda i giudizi promossi nei confronti del condominio.
Un esempio concreto, nel caso in cui il soggetto a promuova un giudizio nei confronti del condominio b a chi spetta di resistere in giudizio; la risposta è facile all' amministratore di condominio in quanto tale potere gli viene espressamente conferito dalla legge, ,ma la questione si complica ove si ponga l' attenzione sulle modalità dell' esercizio di tale potestà.
In altri termini l' amministratore di condominio potrà costituirsi autonomamente in giudizio sulla base di una decisione dell' assemblea dei condomini, all' uopo riunita per decidere sul da farsi nel corso del giudizio.
Tale secondo modo, anche se indiscutibilmente appesantisce la procedura consente ad ogni modo tutti i condomini di esprimere il proprio parere sul caso concreto.
La soluzione adottata da parte dei giudici della corte suprema è di carattere restrittivo, dato che giudici cercano di tutelare le posizioni di tutti i condomini permettendo loro di esprimere la propria opinione sul caso concreto.
Infatti i giudici della corte suprema di cassazione propendono per la necessità di una specifica decisione da parte dell' assemblea dei condomini diretta ad autorizzare l' amministratore a rappresentare in giudizio il condominio.
Pertanto nel caso in cui difetti tale delibera, come nel caso di specie, l' amministratore non potrà in alcun modo resistire od agire in vece ed in sostituzione del condominio.
Pertanto i giudici della corte suprema confermano la decisione dei giudici della corte di appello dato che l' amministratore aveva agito in assenza di apposita autorizzazione assembleare.

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