Condominio

Le misure sono fondamentali, almeno per l'ascensore

di Donato Palombella


L'ascensore è diventato un "necessorio" ovvero un accessorio necessario, a cui non riusciamo più a rinunciare. Del resto è noto che la popolazione invecchia e gli anziani, che purtroppo non riescono ad arrampicarsi per le scale (ma spesso è molto più difficile scendere che salire), finiscono inevitabilmente per rimanere intrappolati in casa. Il problema, ovviamente, si pone negli edifici più datati ma, fortunatamente, il più delle volte abbiamo una soluzione a portata di mano. La tecnologia fa passi da gigante e permette di installare gli impianti in posizioni impensabili fino a pochi decenni or sono. Per chi vuole installare un nuovo impianto, non sono tutte rose e fiori, bisogna affrontare il problema in assemblea e, soprattutto, occorre escogitare la soluzione tecnica più adeguata. Spesso l'ascensore viene installato all'interno della rampa delle scale ma, in questo caso, occorre ridurre gli scalini il che, a cascata, crea ulteriori problemi.

Il caso in esame
Il condomìnio delibera di istallare un ascensore interno alla cassa scale; l'assemblea pensa di risolvere tutti i problemi affidando ad un ingegnere di propria fiducia non solo la direzione lavori, ma anche l'incarico di chiedere le prescritte autorizzazioni. Il tecnico non volendo (o non potendo) ridurre l'ampiezza dei rampanti delle scale, decide di installare un ascensore di dimensioni più ridotte rispetto a quelle convenzionali; trattandosi di opere di manutenzione straordinaria, presenta una SCIA. Per tutta risposta il Comune rigetta la segnalazione certificata sulla base di tre motivi:
a. inadeguatezza delle dimensioni della cabina ascensore rispetto alla norma di cui all'art. 8.1.12, lett. c), Dm 236/1989 e Dpr 23 del 10 gennaio 2017;
b. mancanza del decreto di deroga del Ministero;
c. mancanza nell'elaborato grafico relativo al "giro barella".
Tale provvedimento viene impugnato dal condomìnio ma la quarta sezione del Tar Napoli, con la sent. n. 4025 del 22 luglio 2019, rigetta il ricorso.

Primo punto: la legittimazione dell'amministratore
In primo luogo, il Tar riconosce all'amministratore la possibilità di agire in giudizio avendo ricevuto uno specifico mandato da parte dell'assemblea condominiale. Il problema, al massimo, si sarebbe posto ove l'assemblea non avesse conferito tale specifico mandato.

Il permesso di costruire non serve
La giurisprudenza non considera l'ascensore come una "costruzione" propriamente detta, bensì come un "volume tecnico" e, di conseguenza, ritiene che l'installazione dell'impianto non richieda il preventivo ottenimento di un permesso di costruire (Tar Abruzzo, Pescara, sent. 9 aprile 2018, n. 134; TarLombardia, Milano, Sez. II, sent. 30 giugno 2017, n. 1479; Tar Liguria, Sez. I, sent. 29 gennaio 2016, n. 97). La SCIA, quindi, appare la scelta adeguata.

Le misure dell'ascensore
Il problema si pone in relazione alle misure dell'ascensore. Il Tar partenopeo parte da un presupposto: lo stesso Condomìnio riconosce di voler realizzare un impianto sottodimensionato o meglio, con una cabina più piccola del normale. Ma qual'è la norma di riferimento? Il Testo Unico dell'edilizia, che dovrebbe disciplinare l'intero settore, al riguardo è carente. Il Tar richiama l'art.8.1.12 ,lett. c) ,del Dm lavori pubblici 236/1989 recante "Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche". Secondo il giudice amministrativo tale norma, che fissa le dimensioni minime dell'ascensore, troverebbe applicazione non solo per le nuove costruzioni, ma anche per quelle preesistenti e, quindi, sarebbe applicabile al caso in esame.

Possibile derogare alla norma
Il Tar precisa che le misure standard indicate dal Dm 236/1989 non sono fisse ed assolute per cui, in linea di principio, è possibile realizzare degli impianti di misura inferiore agli standard. In Tar, richiama, in proposito il Dpr 8 del 19 gennaio 2015 . In realtà, abbiamo una inesattezza: il Dpr 8/2015 si limita a modificare il Dpr 162 del 30 aprile 1999 (cosiddetto "Regolamento ascensori e montacarichi"); quest'ultimo (art. 17-bis, comma 1, lett. a), negli edifici esistenti, permette di derogare alle misure minime "mediante comunicazione al Ministero dello sviluppo economico corredata da specifica certificazione, rilasciata da un organismo accreditato e notificato ai sensi dell'articolo 9, in merito all'esistenza delle circostanze che rendono indispensabile il ricorso alla deroga, nonchè in merito all'idoneità delle soluzioni alternative utilizzate per evitare il rischio di schiacciamento;". Insomma, la deroga è possibile, ma occorre seguire una procedura ben precisa che, nel caso in esame, è stata ignorata.

Legittimo il diniego della SCIA
A questo punto, il Tar partenopeo ritiene legittime le ragioni dell'amministrazione.
Il progetto viene bocciato in quanto, in assenza di una deroga, si vuol realizzare un impianto che presenta misure inferiori agli standard. Insomma, in parole povere, sembrerebbe che l'ingegnere-progettista non abbia seguito le procedure ed abbia preso una bella cantonata (a spese del condominio).

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