Condominio

L’uso esclusivo sulle parti comuni è perpetuo e trasferibile

di Selene Pascasi

È perpetuo e trasferibile l'uso esclusivo su parti comuni dell'edificio, riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di singole unità immobiliari. Tale uso, infatti, giacché teso a garantirne il migliore godimento non incide sull'appartenenza delle parti comuni alla collettività ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento.
A ricordarlo, è la Corte di cassazione con ordinanza n. 24958 del 10 ottobre 2018 (relatore Cavallari) .
La lite parte dalla citazione con cui un condominio cita il proprietario di un appartamento chiedendo di accertare l'insussistenza in capo al medesimo del diritto di uso esclusivo del cortile condominiale. Allegando anche la richiesta di cessazione della turbativa e condanna al risarcimento dei danni. Questi si difende e chiama in manleva l'erede della sua dante causa. Il tribunale parmense respinge le pretese del condominio ma alcuni condòmini formulano appello e vincono: per la Corte il diritto esclusivo vantato dall'uomo era inesistente. Questi, però, non desiste e propone ricorso.
La sentenza di secondo grado, marca, aveva mal interpretato la clausola del rogito notarile ritenendo che con essa fosse prevista la riserva d'uso in favore dell'allora proprietaria. Non era così, insiste. Quella riserva riguardava non la persona ma l'appartamento sul quale si era costituito un diritto reale e non un semplice rapporto pertinenziale. Tesi che la Corte di cassazione accoglie. L'uso esclusivo su parti comuni dell'edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di singole unita immobiliari, al fine di garantirne il migliore godimento, non ha natura reale e non incide sull'appartenenza di tali porzioni alla collettività ma soltanto sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini.
E ciò, scrivono i giudici di legittimità, avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ai sensi degli articoli 1102 e 1117 del Codice civile. Si tratta, quindi, di un diritto non riconducibile a diritto reale d'uso sancito dall'articolo 1021 del Codice civile. Ecco che, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, esso è «tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unita immobiliare cui accede» (Cassazione civile, sentenza 24301/2017). Peraltro, prosegue il collegio, il riferimento al concetto di pertinenza, in casi come quello concreto viene usato in senso atecnico, volendo con tale termine indicare solamente la maggiore utilità che una proprietà esclusiva può trarre da un bene comune in uso esclusivo. Aveva sbagliato, allora, la corte d’Appello nel ricondurre il diritto in questione nell'ambito di applicazione dell'articolo 1021 del Codice civile «non potendosi considerare, al contrario, l'uso esclusivo su parti comuni dell'edificio condominiale un diritto reale d'uso non cedibile e destinato ad estinguersi con ii decesso del beneficiario». È questo il principio cui i giudici di merito – chiamati a riesaminare nuovamente il caso dalla Corte di cassazione, che interviene a cassare la pronuncia con rinvio – dovranno attenersi nel risolvere la controversia.

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