Condominio

Auto ferma da un anno sulla rampa dei box, il «disagio» va provato

di Paola Pontanari

Il danno non patrimoniale va sempre provato. Anche quando un condòmino lascia parcheggiata per tutto il giorno e per più di un anno la sua auto davanti alla rampa di accesso del garage condominiale. Un’altra condòmina aveva infatti chiesto al giudice di pace la condanna alla immediata rimozione dell’auto e il risarcimento per il patito disagio, da liquidarsi secondo equità.

In corso di causa l’auto viene spontaneamente rimossa e, quindi, il giudice si limita a condannare il condomino a pagare 300 euro a titolo di danno non patrimoniale. Ma il Tribunale di Foggia non riconosce neppure quell’importo perché non era stata provato il concreto pregiudizio subito dalla comproprietaria. La condòmina propone allora ricorso in Cassazione, producendo le fotografie dell’auto sulla rampa. Ma la Suprema Corte, con sentenza 17460/2018 (relatore Antonio Scarpa) le dà torto. Il motivo: quando un condòmino utilizza la cosa comune impedendone l’uso, anche potenziale, agli altri comproprietari, è risarcibile il danno patrimoniale. Non può dirsi la stessa cosa per il danno non patrimoniale.

In particolare, l’articolo 1102 del Codice civile dispone che «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto». Quindi, se è provato l’utilizzo da parte di uno dei comunisti della cosa comune in via esclusiva, in modo da impedirne l’uso, anche potenziale, agli altri comproprietari, il danno deve ritenersi esistente di per sé.

Non è invece configurabile in ugual modo il danno non patrimoniale, inteso come disagio psico-fisico, che dovrà essere provato, come precisato con sentenza 3677/2009 delle Sezioni Unite «il danno cosiddetto esistenziale, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato. Il diritto al risarcimento del danno morale, in tutti i casi in cui è ritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio».

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