Condominio

Condanna per l’abuso sul lastrico

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di Patrizia Maciocchi

Rischia il carcere chi realizza una sopraelevazione sul lastrico solare. Con la sentenza 30034 del 4 luglio scorso, la Cassazione ha respinto il ricorso della proprietaria del lastrico e dell’appartamento sottostante, presentato contro la condanna a nove mesi di reclusione e 900 euro di multa (oltre all’interdizione dai pubblici uffici).

Alla base del verdetto, una struttura in legno con falda spiovente (allo stato grezzo e priva di impianto idroelettrico) realizzata sul lastrico in violazione dell’articolo 44 del Testo unico sull’edilizia (Dpr 380/2001). Mentre un altro abuso contestato riguardava il solaio di copertura in cemento armato, fatto senza un progetto esecutivo, né una preventiva denuncia al Genio civile, e privo della direzione dei lavori da parte di un tecnico competente. Nel mirino dei giudici è finito anche il padre della donna, in qualità di custode, per la violazione dei sigilli posti sul “gazebo” per assicurare la conservazione e la continuità delle opere: un atto che gli è costato la condanna a sei mesi di reclusione e 200 euro di multa.

Inutile per la proprietaria dell’appartamento – collegato al lastrico attraverso una scala interna – negare di aver concorso nell’illecito del custode, perché non residente in città. A un primo sopralluogo, al quale era presente solo il padre, l’opera era ancora allo stato grezzo; mentre al secondo controllo degli immobili, alla presenza anche della proprietaria, il manufatto era stato ultimato. I giudici non hanno quindi ritenuto credibile che la proprietaria fosse all’oscuro del sequestro, della citazione a giudizio (notificata al difensore di fiducia) e della nomina del padre come custode. A “deporre” contro la tesi della difesa c’era il rapporto di filiazione custode-proprietario, fonte di un canale privilegiato di comunicazione tra i due imputati e l’interesse alla prosecuzione dei lavori, visto lo sforzo economico già sostenuto.

Per la proprietaria, la possibilità di fruire della sospensione condizionale della pena è subordinata all’abbattimento dell’opera abusiva, da eseguire entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza. Per entrambi (proprietaria e padre), oltre alla condanna alle spese, è previsto il versamento di 2 mila euro alla Cassa ammende: perché sono andati in Cassazione pur potendo prevedere che i loro ricorsi sarebbero stati considerati inammissibili.

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