Condominio

Condominio minimo con due proprietari, per i lavori occorre sempre l’unanimità

di Valeria Sibilio

In regime di condominio minimo, la mancanza dell’unanimità per definire la ripartizione delle spese relative a lavori sulle parti comuni, rende necessario il ricorso all'autorità giudiziaria. Come ha dimostrato la Cassazione nell’ordinanza 13293 del 2018 , nella quale l'oggetto in causa era relativo al rimborso per lavori di manutenzione dovuti ad incendio. Il caso aveva avuto origine dalla domanda proposta da un condòmino al Tribunale di primo grado, volta al rimborso della somma di euro 8.549,07, anticipata per il rifacimento del tetto e della facciata del complesso composto da unità immobiliari di proprietà del medesimo condòmino e della società convenuta.
La Corte d'Appello riformava la decisione di primo grado, rigettando la domanda, escludendo che potesse essere invocata l'applicazione dell'art. 1134 c.c., in quanto l'urgenza dell'intervento di manutenzione delle parti comuni dell'edificio condominiale era stata determinata da un incendio sviluppatosi nella notte tra il 28 ed il 29 febbraio 2008 conseguente al surriscaldamento della canna fumaria posta all'interno di appartamento di proprietà dello stesso condòmino. Tale surriscaldamento era stato provocato da un non adeguato utilizzo di una stufa a legna. Per la Corte, tutte le conseguenze patrimoniali della condotta erano da attribuire al suddetto condòmino, essendo sua la responsabilità dell'incendio, tenuto conto che l'intervento di rifacimento del tetto e della facciata risultava a sua volta da attribuire causalmente all'incendio stesso, che aveva intaccato le travi di legno della copertura, rendendola pericolante.
Ricorrendo in Cassazione, il condòmino ricorrente criticava l'accertamento del nesso di causalità materiale tra il verificarsi dell'incendio nella sua proprietà esclusiva e l'evento dannoso che ha pregiudicato il tetto e la facciata dell'edificio. Un profilo che aveva formato oggetto di apprezzamento di fatto della Corte d'Appello. La sentenza impugnata spiegava come l'urgenza dell'intervento di manutenzione costituisse sequenza possibile e verosimile dell'incendio del 28 febbraio 2008, secondo una relazione di causalità adeguata.
Il presente giudizio, tuttavia, non ha ad oggetto l'individuazione dei danni che l'attore ricorrente dovrebbe risarcire alla società. Nel caso di condominio minimo, cioè composto, come quello in questione, da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, ai sensi dell'art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la legge n. 220/2012). Ai fini dell'applicabilità dell'art 1134 c.c., va dunque considerata “urgente” non solo la spesa che sia giustificata dall'esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condòmini possano utilmente provvedere. Ciò vale anche per i condòmini composti da due soli partecipanti, la cui assemblea si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condòmini e all'unanimità decida validamente. Se non si raggiunge l'unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all'autorità giudiziaria. Peraltro, l'obbligo del singolo condòmino di contribuire in misura proporzionale al valore della sua unità immobiliare alle spese necessarie per la manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell'edificio. Ove l'esigenza di manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio derivi, invece, dalla specifica condotta illecita attribuibile ad un condòmino, come accertato dalla Corte d'Appello, tale condotta fa sorgere soltanto a carico di quest'ultimo l'obbligo di risarcire il danno complessivamente prodotto ex art. 2043 c.c., e non anche l'obbligo degli altri partecipanti di contribuire alle spese ai sensi degli artt. 1123 e ss. c.c. (Cass. Sez. 3, 08/11/2007, n. 23308; Cass. Sez. 2, 12/04/1999, n. 3568). Ne consegue che non può comunque spettare al condòmino alcun diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, ove l'esigenza di manutenzione e riparazione della stessa abbia trovato la sua causa in una specifica condotta illecita a lui attribuibile, e le opere fatte eseguire dal singolo abbiano perciò dato luogo ad una forma di risarcimento del danno in forma specifica.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, liquidate in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali, accessori di legge e all'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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