Condominio

Morosi alla prova del conflitto d’interessi in assemblea

di Paolo Accoti

Nessun conflitto di interessi per la delibera che revoca l’esecuzione dei decreti ingiuntivi in danno dei morosi, anche se questi hanno partecipato alla votazione. Il principio, molto discusso, è stato riaffermato da una recente sentenza del Tribunale di Palermo, depositata il 13 settembre 2017.

Un condòmino aveva impugnato la delibera con la quale l’assemblea aveva revocato la riscossione coattiva dei decreti ingiuntivi emessi nei confronti dei condòmini morosi, perché alla deliberazione avevano partecipato e votato i medesimi condòmini morosi i quali, evidentemente, avevano un interesse diretto e contrario a quello del condominio. Il Tribunale bocciava l’impugnazione, ricordando i precedenti giurisprudenziali per cui «per il sorgere del conflitto tra il condominio ed il singolo condòmino è necessario che questi sia portatore allo stesso tempo, di un duplice interesse: uno come condomino ed uno come estraneo al condominio (e, che l’interesse sia estraneo al godimento delle parti comuni ed a quello delle unità abitative site nell’edificio) e che i due interessi non possano soddisfarsi contemporaneamente, ma che il soddisfacimento dell’uno comporti il sacrificio dell’altro».

Il Tribunale ricorda anche che «(...) le maggioranze occorrenti per la validità delle delibere in tema di gestione in nessun caso possono modificarsi in meno. Da nessuna norma si prevede che ai fini della costituzione dell’assemblea o delle deliberazioni, non si tenga conto di alcuni dei partecipanti ai condominio e dei relativi millesimi».

D’altra parte, rileva il Tribunale, «il legislatore del 2012 nel riformare il condominio, nulla ha aggiunto in tema di disciplina del conflitto di interesse nell’ambito condominiale. (...) In sostanza, deve qui riaffermarsi il principio per cui “in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed ai valore dell’intero edificio, sia ai fini del conteggio del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condòmini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto. Pertanto, anche nell’ipotesi di conflitto d’interesse, la deliberazione deve essere presa con il voto favorevole di tanti condòmini che rappresentino la maggioranza personale e reale fissata dalla legge e, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio, ciascun partecipante può ricorrere all’Autorità giudiziaria (Cassazione, 28 settembre 2015, n. 19131)». Tanto più se, come nel caso onceto Nel caso concreto, peraltro, «la delibera in oggetto si è limitata alla revoca dell’esecuzione dei decreti ingiuntivi nei confronti dei condomini morosi, potere che rientra nella normale gestione della cosa comune, non riscontrandosi una rinuncia alla riscossione di crediti condominiali nei loro confronti».

In realtà la questione è tutt’altro che pacifica; occorre ricordare come, in ambito condominiale, il conflitto di interessi si verifica solo in presenza di due condizioni: 1) quando risulta dimostrato un sicuro contrasto tra particolari ragioni personali del condomino e l’interesse generale del condominio; 2) quando il voto del condòmino in conflitto di interessi abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza assembleare (Cassazione, sentenze 10754/2011 e 13004/2013).

Ciò posto, una volta accertato il conflitto di interessi di uno o più condòmini, bisogna stabilire se la presenza degli stessi contribuisca alla formazione dei quorum e se il loro voto sia stato determinante per approvare la delibera: in quest’ultimo caso è pacifico che la delibera risulterebbe annullabile.

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