Condominio

L’aerazione rumorosa può essere un reato

di Valeria Sibilio

I ristoranti sono, da sempre, una delle croci più pesanti nei condomìni: quando si tratta delle immissioni di fumi e odori, e quando invece di rumori causati dall’0attività stessa o dai clienti che vociferano fuori dal locale. Ma sulle canne di aerazione dei ristoranti, dice la Corte di cassazione , non si scherza: il rumore non deve dare disturbo.

Nel caso preso in esame dalla Cassazione(sentenza 31279/2017), la presenza di un ristorante cinese si è fatta letteralmente “sentire” in tutto il condominio. Una signora, amministratrice unica del locale (un ristorante cinese), è stata condannata dal Tribunale alla pena di 100 euro di ammenda per aver permesso che l’impianto di aerazione del proprio esercizio pubblico superasse il limite differenziale, arrecando disturbo al riposo ed alle occupazioni dei residenti (articolo 659 del Codice penale).

La signora ricorre, perciò, in Cassazione, motivando le sue ragioni con il fatto che il Tribunale avrebbe dovuto ritenere l’attività da lei svolta come “professionale rumorosa”, riconoscendone esclusivamente la violazione amministrativa affrancata dall’illecito penale. Inoltre, nel caso in questione, non sussisterebbe, per la ricorrente, alcuna prova riguardante il disturbo arrecato ai condòmini, non potendosi, sul punto, aver riguardo ad un distinto procedimento proposto, nella sola sede civile, dal condominio.

La Cassazione, però, dichiara infondato il ricorso in quanto, nel caso in esame, al mero superamento dei limiti differenziali – per i quali è previsto il solo illecito amministrativo – si è aggiunta la violazione legata a qualcosa di diverso e ulteriore rispetto al superamento dei limiti di rumore prevsti dalla legge 447/95. E cioè, appunto, il «disturbo», oggettivamente riscontrato, come violazione prevista nella fattipecie dell’illecito penale (articolo 659).

Per i giudici della Cassazione, infatti, l’esercizio pubblico della ricorrente non rientrava nelle attività in sé rumorose e come tale sottoposta al rispetto di specifiche normative in tema di emissioni sonore, ma in una di diversa natura nel corso del quale si è realizzato il disturbo alle occupazioni e al riposo dei condòmini, come si è potuto dedurre dalle rilevazioni e dalle deposizioni presenti nella sentenza impugnata. Dichiarando inammissibile il ricorso, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di 2mila euro in favore della Cassa delle ammende.

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