Condominio

Coniugi separati: l’assegnatario paga le spese «ordinarie»

di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci

Quando una coppia di coniugi con figli si separa e il giudice assegna a uno dei due l’appartamento prima condiviso dalla famiglia, tra le questioni che possono scatenare discussioni e contenziosi vi è senz’altro quella riguardante il pagamento delle spese condominiali e, più in generale, acquistano rilevanza i rapporti tra il condominio e il coniuge a cui è stato assegnato l’alloggio. Il discorso, tra l’altro, può allargarsi ora anche alle unioni civili e alle convivenze (legge 20 maggio 2016, n. 76).

È utile premettere che per casa coniugale o familiare si intende l’abitazione in cui fino al momento della separazione o del divorzio si svolgeva l’attività della famiglia. Secondo la Corte di cassazione (sentenza 20 gennaio 2006, n. 1198), «al fine dell’assegnazione a uno dei due coniugi separati o divorziati della casa familiare, nella quale questi abiti con un figlio maggiorenne, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorché essa era unita, e inoltre che il figlio convivente versi, senza colpa, in condizione di non autosufficienza economica».

La materia è disciplinata dall’articolo 337-sexies del Codice civile, introdotto dal Dlgs 154 del 28 dicembre 2013, il quale, senza apportare modifiche all’abrogato articolo 155-quater, prevede che «il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli». In assenza di prole, quindi, la questione “casa” non ha ragione di essere discussa nelle aule del tribunale; al contrario, quando la coppia ha dei figli (come si è visto, non necessariamente minori) il giudice assegna l’abitazione a chi ritiene più opportuno. Solitamente si tratta della moglie che, nel caso in cui non sia proprietaria dell’immobile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova: non di un diritto reale, ma di un diritto personale di godimento. Godimento che presuppone l’utilizzo dell’immobile e, di conseguenza, il suo mantenimento.

È opportuno quindi che il giudice, oltre a stabilire chi è il coniuge assegnatario, metta nero su bianco a chi spetta pagare le spese relative alla casa, comprese quelle condominiali. Fermo restando che, al di là dei rapporti interni tra coniugi, nei confronti del condominio debitore delle spese è esclusivamente il coniuge condomino, in forza del proprio diritto reale di proprietà.

Nessun corrispettivo

Nel caso in cui il giudice decida di assegnare l’alloggio di proprietà di un coniuge (ad esempio il marito) all’altro coniuge (la moglie), quest’ultima non è tenuta a pagare nessun corrispettivo. La gratuità si limita, però, all’utilizzo dell’abitazione e non si estende alle spese correlate all’uso, comprese quelle condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni poste al servizio anche dell’abitazione familiare. Tali spese, a meno che un provvedimento del giudice ne accolli l’onere al coniuge proprietario, sono quindi a carico della moglie. Un concetto ribadito da alcune sentenze della Cassazione (3 giugno 1994, n. 5374, e 19 settembre 2005, n. 18476), che in sostanza hanno confermato che al coniuge assegnatario spetta il pagamento delle spese ordinarie.

Le cose cambiano per le spese straordinarie o di conservazione. Secondo un orientamento giurisprudenziale condiviso, esse sono a carico del coniuge proprietario, non fosse altro che per le disposizioni generali dettate in sede di usufrutto agli articolo 1004 e 1005 del Codice civile, entrambi applicabili anche in tema di condominio.

In locazione

Se marito, moglie e figli vivevano in un appartamento in affitto, con la separazione giudiziale - come disposto dall’articolo 6, secondo e terzo comma, della legge 392/1978 - «nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo. In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale, al conduttore succede l’altro coniuge se tra i due si sia così convenuto».

Ad esempio, se il contratto di locazione era intestato al marito e il giudice nomina coniuge assegnatario la moglie, quest’ultima diviene automaticamente nuova titolare del contratto. La Suprema corte (con la sentenza 30 luglio 1997, n. 7127) ha precisato che il coniuge divenuto assegnatario-conduttore può essere obbligato a corrispondere, «oltre all’assegno determinato in una somma di denaro, anche le altre spese, quali quelle relative al canone di locazione per la casa coniugale e ai relativi oneri condominiali, purché queste spese abbiano costituito oggetto di specifico accertamento nel loro ammontare e vengano attribuite, nel rispetto dei criteri sanciti dai commi 1 e 2 dell’articolo 156» del Codice civile. Ovvero, come recita il comma 1 ,«il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri». E, aggiunge il comma 2, «l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato».

In comproprietà

Quando la casa coniugale è in comproprietà tra marito e moglie, sempre che il giudice della separazione non si pronunci diversamente, sono a carico del coniuge assegnatario, titolare del diritto di godimento, le spese per la manutenzione ordinaria. Le spese straordinarie, invece, sono pagate da entrambi i coniugi comproprietari in base alle rispettive quote di proprietà.

Il coniuge non assegnatario resta comunque responsabile solidalmente con il coniuge che abita l’appartamento. Ciò significa che, qualora il primo non paghi le spese comuni e diventi debitore nei confronti del condominio, l’amministratore potrà rivalersi indifferentemente su entrambi i coniugi.

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