Condominio

L’alveo di torrente demaniale si può usucapire solo per «vecchie» deviazioni

di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci

L'area demaniale, su cui scorreva un torrente deviato artificialmente, si può acquisire per usucapione, ma solo se la modifica del corso d'acqua è avvenuta prima dell'entrata in vigore della Legge n. 37 del 1994.
Lo ha deciso il tribunale di Milano con la sentenza n. 5156 del 23 aprile 2015, che ha dato ragione ai proprietari di un ristorante costruito su un terreno adiacente a un'area dove, in passato, fluiva un torrente, il cui corso è stato deviato nel 1983. Per più di vent'anni, prima nelle vesti di locatari e poi di proprietari, i titolari dell'esercizio di ristorazione hanno utilizzato l'alveo come parte integrante del locale, eseguendo anche lavori di pavimentazione, utilizzando la superficie con la posa di tavolini e sedie, costruendo un pergolato. Infine, nel 1996, l'area è stata chiusa con pareti di vetro scorrevoli.
Nel corso degli anni i proprietari hanno chiesto più volte al Comune il riconoscimento della proprietà dell'alveo, senza però ottenere risposte. Quindi hanno deciso di citare in giudizio l'Agenzia del Demanio e la Regione Lombardia. Entrambi gli enti, però, hanno sostenuto che non sussistevano le condizioni per l'acquisto in usucapione, in assenza del cosiddetto animus possidendi, comprovato dalle molteplici richieste inoltrate al Comune per regolarizzare l'occupazione dell'area. Attraverso tali solleciti, hanno sostenuto Stato e Regione, i proprietari del ristorante avrebbero riconosciuto implicitamente la proprietà ad altro soggetto diverso da loro.
Queste argomentazioni sono però state respinte dal Tribunale, secondo cui “tali istanze, ai fini del giudizio, provano solo che gli attori erano consapevoli di non disporre di alcun titolo che li legittimasse all'esercizio del possesso dell'area, ma di certo non escludono che di fatto tale possesso sia stato esercitato pubblicamente e senza interruzione per il tempo richiesto dall'art. 1158 c.c.”. Inoltre, per il Tribunale, non è stata rilevata alcuna mala fede nella richiesta d'usucapione, che comunque “non deve essere necessariamente sorretta da buona fede, poiché tale requisito è indispensabile ai soli fini dell'usucapione abbreviata”.
Il vero nodo della questione è, però, rappresentato dalla Legge 37/1994 “Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche”. Prima che la norma entrasse in vigore, si legge nella motivazione della sentenza, “nel caso di mutamento del corso d'acqua per effetto di lavori artificiali, l'alveo abbandonato non era acquisito per accessione alla proprietà privata (art. 947 c.c.), ma permaneva nella proprietà dello Stato, tuttavia non più come bene demaniale, ma come bene del patrimonio disponibile dello Stato, ai sensi dell'art. 828 c.c.”. In sostanza quel bene poteva essere usucapito ai sensi dell'art. 1158 c.c. secondo cui “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.
Un cambio radicale è avvenuto dopo l'entrata in vigore della Legge 37/1994: soltanto da quel momento in avanti si è infatti stabilito che l'eventuale alveo deviato in modo artificiale non perde più il suo carattere di demanialità e resta di proprietà dello Stato. Nel caso specifico, però, il corso d'acqua è stato deviato undici anni prima della Legge 37/94 e quindi, conclude il giudice, “si devono ritenere applicabili le norme contenute negli artt. 942, 946 e 947 c.c. vigenti nel 1983, anno dell'avvenuta deviazione, e non quelle successive”.

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