Gestione Affitti

Per morosità protratta il contratto di affitto va risolto, anche se la pandemia ne è stata in parte causa

Introdotta per Covid solo la deroga temporanea al criterio del ritardo di due mensilità perchè il locatario venga ritenuto moroso

di Selene Pascasi

La pandemia non estingue l'obbligo di corrispondere il canone locativo ma può rilevare sotto altri aspetti: nella valutazione dell'importanza dell'adempimento, per poter bloccare il corso degli interessi, come venir meno dell'oggetto in situazioni particolari oppure per il rifiuto di una rinegoziazione. Ma vanno sempre bilanciati tutti i fattori in gioco visto che la crisi economica, rappresentando una perdita per l'intero sistema produttivo, non può gravare solo sulla parte proprietaria. Lo precisa il Tribunale di Bologna con sentenza 780 del 30 marzo 2022.

La vicenda
La causa si apre con l'opposizione del conduttore di un immobile ad uso commerciale all'intimato sfratto per morosità. A suo avviso, non solo c'era stata confusione contabile, ma la morosità dipendeva dal netto calo di fatturato per via della pandemia da Covid 19. Per questa ragione, chiedeva di rinegoziare il canone come previsto dalla normativa. Il Tribunale, nell'accogliere la domanda di risoluzione confermando l'ordine di rilascio, aggiusta il tiro. Intanto, premette, le questioni nate dai problemi conseguenti all'emergenza sanitaria rientrano nell'alveo dei rapporti sinallagmatici per cui – escluso che la pandemia comporti l'estinzione dell'obbligazione – essa potrà prendersi in considerazione per valutare la gravità dell'inadempimento, escludere il corso degli interessi, per il venire meno dell'oggetto in casi particolari, o in presenza di un rifiuto alla rinegoziazione (Tribunale di Bologna, 4 giugno 2020).

La deroga al criterio delle due mensilità
Con riferimento alla risoluzione, poi, il legislatore ha privato il giudice, nella materia delle locazioni, della discrezionalità nel valutare la non scarsa importanza dell'inadempimento laddove l'articolo 5 della Legge sull'equo canone (392/1978) impone la regola delle due mensilità. Ecco che, di fronte alle difficoltà del periodo pandemico, tale criterio non è più automaticamente adottabile dovendosi ricondurre la valutazione del mancato adempimento che sfocia nella risoluzione alla discrezionalità di cui all'articolo 1455 del Codice civile.

Tanto marcato, andava comunque osservato che nella vicenda l'inadempimento non era di scarsa importanza trattandosi di una morosità imponente, sia in termini di valori assoluti che di mensilità: oltre dieci canoni insoluti ed una irregolarità dei pagamenti proseguita anche con l'attenuarsi della pandemia. L'unico elemento a favore del conduttore era il fatto che il valore assoluto rappresentava una perdita evidente ossia un multiplo della somma versata. Ciò, però, non era sufficiente a superare o giustificare l'ingente morosità.

Conclusioni
Del resto, il Covid 19 ha rappresentato una perdita per tutto il sistema produttivo. Perdita che non può scaricarsi soltanto o in prevalenza sulla proprietà, rispetto all'impresa artigiana. Unici correttivi possibili, quindi, l'esclusione degli interessi di mora e la riduzione del dovuto ma soltanto per il periodo di impossibilità dell'attività. Queste, le ragioni per cui il Tribunale di Bologna condanna l'esercente a pagare un importo inferiore alla somma dei canoni chiesti ma dichiara risolto il contratto di locazione con conferma dell'ordine di rilascio dell'immobile.

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