Gestione Affitti

Contributo sugli affitti a rischio flop ma cresce l’appeal del tax credit negozi

Basteranno 30 giorni in più a far decollare le domande di contributo per chi ha ridotto l’affitto di casa agli inquilini?

di Dario Aquaro e Cristiano Dell’Oste

Basteranno 30 giorni in più a far decollare le domande di contributo per chi ha ridotto l’affitto di casa agli inquilini? Tutto lascia pensare che alla prima scadenza (6 settembre, ora portata al 6 ottobre) l’interesse sia stato minore del previsto. Lo si legge tra le motivazioni del provvedimento delle Entrate sulla proroga, decisa per «consentire ad un maggior numero di contribuenti di fruire dell’agevolazione», anche alla luce del fatto che l’intervallo per la domanda «è coinciso con il periodo estivo». Lo conferma anche Confedilizia, secondo cui «non c’è stato entusiasmo da parte dei proprietari, sia per l’incertezza sull’effettivo ammontare dell’aiuto, sia perché si tratta di un intervento un po’ tardivo, per quanto teoricamente utile», come spiega il presidente Giorgio Spaziani Testa.

I limiti del contributo a fondo perduto
In effetti, il contributo a fondo perduto riservato ai locatori che riducono il canone risale alla legge di conversione del decreto Ristori (entrata in vigore il giorno di Natale del 2020). La norma è rimasta però inattuabile finché – a marzo 2021 – non è stata eliminata l’agevolazione “gemella” prevista per errore dalla manovra. Mentre il provvedimento attuativo è arrivato solo il 6 luglio scorso.

«La realtà – commenta Spaziani Testa – è che molti proprietari, già a marzo e aprile del 2020, quando la pandemia era più grave, hanno concordato con gli inquilini dilazioni, sospensioni o riduzioni di canone. Tutte situazioni escluse». L’agevolazione, infatti, considera soltanto le rinegoziazioni accordate dal 25 dicembre 2020 al 31 dicembre di quest’anno (e solo per i contratti già in essere al 29 ottobre 2020). Inoltre, vale solo per i Comuni ad alta tensione abitativa (medi e grandi centri) e per le case usate come abitazione principale.

Perciò chi ha deciso la riduzione troppo presto o ha l’immobile in un piccolo Comune è tagliato fuori. A tutto questo si aggiunge l’incertezza sulle risorse: l’indennizzo è pari al 50% della riduzione di canone e può essere al massimo di 1.200 euro per locatore, ma nei limiti dei 100 milioni di euro stanziati. Detto altrimenti: se le richieste saranno superiori alla dote, la percentuale effettiva dell’aiuto sarà ricalcolata dalle Entrate. E per esaurire i fondi basterebbero 83.333 domande di contributo massimo, pari a meno del 3% dei 3,3 milioni di locazioni residenziali esistenti (si veda Il Sole 24 Ore del 19 luglio).

I sindacati inquilini
Una critica arriva anche dai sindacati degli inquilini. Il Sunia, ad esempio, aveva chiesto una formulazione diversa, con le risorse aggiuntive che facessero leva sul Fondo per il sostegno all’affitto. «Fondo che – sottolinea il segretario generale Stefano Chiappelli – può essere usato anche per rinegoziare i canoni, con il supporto delle organizzazioni di rappresentanza di inquilini e proprietari, come previsto dalla legge 431/98 sulle locazioni».

La rinegoziazione stessa, anche a termine, per Chiappelli «andrebbe incentivata in altro modo, magari attraverso un tax credit, e potrebbe comunque passare dalle Commissioni di negoziazione paritetica e conciliazione stragiudiziale, già previste dal Dm Infrastrutture 2017 per definire i contratti a canone concordato. Ma è evidente che ora, ad ogni modo, occorre dare rapida attuazione a questa pur discutibile misura, che ci ha visto impegnati a supportare inquilini e proprietari che hanno rinegoziato in questi mesi».

Il tax credit funziona
Se l’aiuto a fondo perduto stenta a decollare, c’è un’altra agevolazione in tema di affitti – in questo caso commerciali – che sta funzionando: il tax credit locazioni riservato agli inquilini che gestiscono negozi, bar o imprese. È un bonus tutt’altro che lineare, perché la norma è stata cambiata sette volte dal 2020 e per applicarla bisogna districarsi tra circolari, Faq e interpelli. E l’attuazione non è sempre tempestiva, tanto che solo mercoledì 8 settembre è stata sbloccata la cessione del credito d’imposta per le mensilità dal decreto Sostegni bis. Eppure, tutti gli operatori ne chiedono la conferma e il prolungamento. Confcommercio, ad esempio, vorrebbe l’estensione fino alla fine del 2021 e per tutte le attività, senza distinzioni: «La misura è stata apprezzata più degli aiuti a fondo perduto, perché il canone è il principale costo fisso per le imprese», afferma il responsabile fiscale Vincenzo De Luca.

Diversamente dal contributo per la riduzione affitto, il tax credit spetta a condizione di aver avuto un calo di fatturato, ma ha un importo certo – di solito il 60% del canone – ed è subito spendibile. Spiega ancora De Luca: «Il credito può essere usato in compensazione, però il valore aggiunto è la possibilità di cederlo, in primo luogo ai proprietari, ottenendo di fatto una riduzione del canone. Mentre pure il sistema bancario acquista facilmente questo tipo di bonus».

Anche Confedilizia chiede un’estensione del tax credit affitti fino alla fine del 2021. «Ma dobbiamo anche guardare avanti con una misura come la cedolare secca sugli affitti commerciali, che darebbe sostegno a un settore colpito dalla pandemia e dall’e-commerce, con un risparmio fiscale che certo verrebbe tradotto in una riduzione dei canoni», commenta Spaziani Testa. Dopotutto, in Italia, il 79,8% dei negozi e il 56,3% degli uffici appartengono a privati (persone fisiche, i destinatari della cedolare). La proposta della tassa piatta è condivisa da Confcommercio, che però vorrebbe concederla soltanto a chi riduce effettivamente il canone.

Negli ultimi anni la cedolare sui negozi si è applicata, con aliquota del 21%, solo ai nuovi contratti siglati nel 2019 e solo per locali accatastati come C/1 (comunque i più numerosi tra i non abitativi, con 809mila unità locate). Ma il tema è tornato nelle proposte dei partiti per la riforma fiscale, anche se non è stato poi citato nell’atto d’indirizzo da cui nei prossimi giorni prenderà le mosse il disegno di legge delega. E appare in un altro disegno di legge, di iniziativa bipartisan al Senato, ora in commissione Industria: il testo sulla tutela dell’artigianato (As 2117), che ipotizza una cedolare al 10% per i locali iscritti in categoria C/3 (laboratori). Una scelta parziale, che però mantiene il tema in agenda.

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