Gestione Affitti

Lavori eseguiti senza avvertire il locatore e morosità causa Covid: risolto il contratto di affitto di un bar

La locatrice era anche venuta incontro alle difficoltà dell’inquilina rinegoziando l’importo del canone

di Selene Pascasi

L'inquilino ha diritto al rimborso delle spese per le riparazioni straordinarie solo se urgenti ed il proprietario, avvisato, sia rimasto inerte tanto da indurlo ad eseguirle. Ad affermarlo è il Tribunale di Roma con sentenza 6174 del aprile 2021.

La vicenda
Parti in causa sono due società. Una intima lo sfratto per morosità all'altra, subentrata per cessione d'azienda all'originaria conduttrice. L'inquilina, però, formula domanda riconvenzionale: considerata la situazione eccezionale determinata dalla pandemia e le misure restrittive all'esercizio delle attività nel settore bar/ristorazione, si sarebbe dovuto rinegoziare il contratto secondo buona fede. E comunque, la proprietaria avrebbe dovuto restituirle il denaro speso per la manutenzione straordinaria nell'immobile. Controparte insiste nella pretesa degli arretrati, più di 29 mila euro, e dell'indennità di occupazione maturata.

Il Tribunale dichiara il contratto risolto per grave inadempimento della conduttrice, conferma il rilascio con condanna a corrispondere le mensilità insolute e rigetta la riconvenzionale. La locatrice, spiega, aveva provato il titolo fondante il credito allegando il contratto di locazione registrato ed è noto che chi agisce per l'esatto adempimento deve solo provare il fondamento del suo diritto potendo limitarsi ad una semplice allegazione dell'altrui inadempimento mentre al debitore spetta dimostrare l'esattezza e la completezza dell'adempimento (fatto estintivo dell'obbligazione). Ciò, anche qualora si deduca l'inesatto adempimento.

Il richiamo alle limitazioni Covid
Nella vicenda, poi, l'inquilina aveva ammesso la morosità pur collegandola al rispetto delle misure restrittive governative che, per buona fede, avrebbero imposto la rinegoziazione del contratto. La proprietaria, però, aveva svolto trattative e tentato un bonario componimento stipulando persino un piano di rientro che la conduttrice non aveva rispettato. In ogni caso, i Dpcm adottati durante l'emergenza non sono leggi ma, come le ordinanze contingibili ed urgenti, provvedimenti amministrativi generali privi di valenza normativa (Cassazione sezioni Unite 20680/2018).

Ancora, la violazione del canone di buona fede non scatta con l'esercizio in sé dei diritti scaturenti dal contratto ma dipende dalle modalità concrete (Cassazione sezioni Unite 24675/2017). In sostanza, l'esercizio del diritto contrattuale da parte della proprietaria non poteva dirsi, in sé, trasgressivo del dovere di agire secondo buona fede. Criterio che impone di attivarsi in favore dell'altro contraente nei limiti del proprio interesse (Cassazione 23069/2018) e dell'apprezzabile sacrificio di altri valori (Cassazione 17642/2012).

La rinuncia ad un diritto non può essere pretesa
Ebbene, la rinuncia ad un proprio diritto contrattuale per addivenire ad un accordo è certamente un apprezzabile sacrificio che non può essere preteso. Circa, infine, le spese di manutenzione straordinaria da rimborsare, si trattava di lavori non consentiti dal contratto quindi non eseguibili senza un preventivo consenso scritto della proprietaria. Peraltro, le fatture non provavano gli avvenuti pagamenti e mancava una tempestiva denuncia dei vizi da parte dell'inquilina che può chiedere il rimborso dei costi anticipati per lavori extra solo se abbia dato tempestivo avviso al locatore dei difetti e questi sia rimasto colpevolmente inerte. Così, il Tribunale di Roma dichiara risolto il contratto di locazione per colpa grave della conduttrice, conferma il rilascio dell'immobile e la condanna a saldare le mensilità insolute fino alla riconsegna.

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