Gestione Affitti

Blocco degli sfratti: auspicabile un intervento del ministro della Giustizia

Il protrarsi da ormai 18 mesi è in contrasto con più di una pronuncia della Corte costituzionale

di Luca Capodiferro - Coordinatore nazionale Centro studi giuridici Confabitare

E' di questi giorni la notizia che il Governo Draghi «avrebbe» posto la fiducia (o ha preannunciato di volerlo fare) su una serie di emendamenti al decreto Milleproroghe proposti dalle competenti Commissioni della Camera, fra i quali vi è anche la richiesta di modifica del blocco degli sfratti - oggi previsto fino al 30 giugno - con l'introduzione di una «modulazione» che consenta di eseguire tutti quei provvedimenti che nulla hanno a che vedere con l'emergenza sanitaria. Una decisione, quella dei parlamentari, che sembra voler fare propria la proposta che Confabitare ha fatto lo scorso 21 gennaio nell'audizione con la V Commissione tenutasi su piattaforma Zoom. Non mi nascondo che se fosse vera la decisione preannunciata dal nuovo Governo, la cosa sarebbe grave sotto vari punti di vista, primo fra tutti per i dubbi di costituzionalità che emergono sempre di più sui vari Dpcm, quantomeno per il tema blocco degli sfratti.

La situazione precedente
Ma facciamo un passo indietro.Fino ad oggi il nostro Paese (ma si legga il Governo Conte) si è mosso poco e male adottando un generalizzato blocco degli sfratti «fittiziamente mitigato» dalla previsione di qualche bonus fiscale di portata estremamente limitata che ha introdotto l'ennesima disparità di trattamento, distinguendo fra cittadini di «serie A» e di «serie B»:il bonus spetta, a seconda dei casi, solo ai contratti stipulati nei Comuni ad alta tensione abitativa o solo per le locazioni commerciali, non per quelle residenziali. Una discriminazione chiaramente voluta ma mai motivata e del tutto priva di logica e di fondamento giuridico ed economico.

Verrebbe voglia – davanti a queste norme – di chiedersi se chi le scrive sa cosa sta facendo o se ha mai letto, almeno una volta, la nostra Carta costituzionale. Mi piace pensare che il neo ministro Cartabia (Presidente emerito della Consulta) possa essersi posta la mia stessa domanda.

L’illegittimità delle proroghe
Fatta questa doverosa premessa non posso non pormi più di una domanda in ordine alla legittimità costituzionale dei vari blocchi degli sfratti adottati dal Governo Conte. Ho più volte evidenziato nei miei articoli che la pandemia ha certamente «rivoluzionato» - purtroppo non in meglio – il mondo intero sotto vari punti di vista, così come non possiamo negare le enormi difficoltà che stanno vivendo famiglie ed attività. In una simile situazione appariva logica (ed infatti le contestazioni sono state poche e più che altro «di bandiera») l'adozione – con l'articolo 103 del decreto 17 marzo 2020 – del blocco dell'esecuzione degli sfratti (sia per finita locazione che per morosità) fino al 30 giugno 2020.

Questo non per la crisi che ancora non aveva colpito veramente famiglie ed attività, ma per i pericoli sanitari insiti nel dover entrare nelle case o nei luoghi di lavoro delle persone. Almeno io la vedo così.Solo che poi, in piena stagione estiva, quindi con pericoli meno immediati, si è optato per la reiterazione del blocco. E questa è stata – piaccia o meno – una scelta politica e del tutto ideologica che ha voluto scaricare sui locatori sia il cosiddetto welfare abitativo che forme di assistenza sociale che di certo non competono ai privati locatori. Diciamo che è stato un modo comodo e sbrigativo per non assumersi – in tema sfratti - le responsabilità di governo del Paese. Il tutto motivato da una asserita e mai provata emergenza sfratti.

Chi beneficia ad oggi del blocco
Peccato, però, che noi che nei tribunali ci andiamo tutti i giorni, ancora oggi di sfratti per morosità dovuti al virus ne vediamo veramente pochi. Ma se fosse solo questo il problema. La verità è che a beneficiare dei vari blocchi sono quasi solo coloro che non pagano da anni gli affitti e le spese condominiali, così come chi occupa abusivamente (e spesso con violenza) le case e coloro che, capita l'antifona, si sono subito «attaccati» alla situazione di crisi per smettere di pagare. Quindi situazioni ben lontane dalla morosità incolpevole ed infatti – salvo poche eccezioni – ad oggi nessun locatore sta seriamente pensando di sfrattare gli inquilini che davvero sono gravemente colpiti dalla crisi.

Da ciò ne deriva altresì l'amara considerazione che, quando le famiglie e le attività veramente colpite dalla crisi da Covid si troveranno «alla porta» l'Ufficiale giudiziario, quasi sicuramente non ci sarà più alcun Dpcm ad aiutarli. Basterebbe rileggersi il mio recente articolo del 15 gennaio 2021 per capire come sarebbe bastato poco per scegliere di seguire la «via spagnola» alla gestione dell'emergenza sfratti e difendere e tutelare non chi viola la legge ma chi è veramente in crisi.

Le considerazioni della Consulta nel 2006
Fatte queste doverose considerazioni, non posso non farmi più di una domanda in ordine alla legittimità costituzionale dei vari provvedimenti adottati. E per «aprire» questo ragionamento a voce alta, penso sia utile partire dalle considerazioni svolte dalla Corte costituzionale quando, nel giugno del 2006, affermava che la sospensione delle procedure esecutive di sfratto può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell'immobile «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato».

Non solo, la Corte sottolineava come un simile provvedimento dovesse necessariamente comparare le condizioni delle parti e prevedere delle forme di compensazione per alleviare il sacrificio imposto ai locatori.Certo stiamo vivendo un'epoca di emergenza, dirà qualcuno, ed è pur vero, solo che la nostra Costituzione – almeno nei mie ricordi di studente universitario - non sembra ammettere una sua sospensione o deroga in forza di uno «stato di eccezione». E di sicuro non con un Dpcm. Quindi occorre muoversi con estrema prudenza.Una prudenza che, nell'ultimo Dpcm, ha forse indotto il Governo Conte ad eliminare il blocco dell'esecuzione degli sfratti per finita locazione che nulla avevano ed hanno a che vedere con la crisi sanitaria.

Nessun protocollo anti Covid per esecuzione sfratti
Peccato solo che né il ministro della Giustizia né quello della Salute abbiano pensato ad un protocollo per l'esecuzione in sicurezza di questi sfratti esecutivi. Ed infatti la maggior parte degli Ufficiali giudiziari non li esegue perché ritengono rischioso entrare nelle case o negli immobili produttivi (anche se, va detto, appare stravagante questa posizione visto che, senza difficoltà, ci vanno però a notificare atti giudiziari di varia natura). Comportamento (ma non solo degli Ufficiali giudiziari) che è in aperto contrasto con quanto dettato dalla Cassazione (sentenza 24198/2018) che ha censurato lo Stato italiano in quanto non è consentito astenersi o rifiutarsi di dare esecuzione ai provvedimenti esecutivi dell'Autorità giudiziaria.

Per quanto comprensibile sia la difficoltà a gestire – in piena pandemia – questo problema, da un punto di vista costituzionale non solo appare evidente a tutti la violazione del diritto di proprietà, ma appaiono altresì quantomeno discutibili le finalità sociali che si intendono tutelare con il blocco degli sfratti. Intanto perché la soluzione non può essere quella di svuotare di ogni validità o potere un titolo esecutivo emesso dall'Autorità giudiziaria, per i motivi che ha espresso la Cassazione. Poi perché se l'intento è quello di evitare pericoli sanitari, allora si sarebbero dovute sospendere tutte le attività giudiziarie, fiscali o di polizia. Ed infatti si è preferito puntare, da parte del Governo Conte, sul rischio di «buttare in mezzo alla strada» un'infinità di famiglie e attività in crisi per il Covid. Questo anche se, nella realtà dei fatti, non v'era alcuna emergenza cause di sfratto nei tribunali italiani. In pratica si è partiti da una «finzione» per arrivare a qualcosa di effettivo.

Nessuna distinzione tra i tipi di morosità ed eccessiva durata
E lo si è fatto, sì invocando l'articolo 2 della Costituzione, solo che lo si è fatto senza rispettare i criteri di proporzionalità, ragionevolezza e senza prevedere forme di risarcimento per i diritti sacrificati. A parte alcuni «palliativi» detti sopra, peraltro anch'essi discriminatori, i vari blocchi appaiono irragionevoli dato che trattano nello stesso modo le morosità colpevoli (quando non addirittura accompagnate da atti illeciti o reati) da quelle incolpevoli, queste sì da valutare attentamente e, nel caso, tutelare.

Ma la cosa che più sconcerta, dal punto di vista giuridico, sono i tempi del blocco che, al 30 giugno, ammonteranno a circa 18 mesi. Questo non solo lo priva di ogni parvenza di provvisorietà, ma lo trasforma ad ogni effetto in un provvedimento a carattere assistenziale, attuato non solo privando di efficacia il provvedimento esecutivo, ma sospendendo ogni conseguente diritto del locatore e trasferendo su di lui i costi sociali che, invece, dovrebbero competere a tutta la collettività. Se a questo si aggiunge che rimangono inalterati gli obblighi fiscali (nazionali o locali), così come la mancata valutazione delle conseguenze anche di ordine economico sui locatori, che magari sono in condizioni peggiori dei loro inquilini, ecco che più che di «compressione» del diritto di proprietà si potrebbe parlare di «temporanea espropriazione» dello stesso.

Certo qualcuno potrebbe anche obiettare, giustamente, che «sono solo io a dirlo» che ci sono più di un dubbio di legittimità sui vari Dpcm. Peccato però che a dirlo sia anche più di una sentenza della Corte costituzionale, così come alcuni Presidenti emeriti della stessa, come abbiamo potuto vedere nei mesi scorsi. Ma allora non è che il problema diventa non più giuridico ma solo squisitamente politico?Non è che in nome della pandemia e della necessità di bloccare il dilagare (peraltro inesistente) degli sfratti e degli sloggi, si può anche decidere di «mettere da parte» alcune delle previsioni della nostra Carta fondamentale?

Conclusioni
Se vado a rivedere quanto accaduto – con riferimento agli sfratti – in questi 18 mesi, sembra proprio che il diritto di proprietà sia stato, magari anche solo temporaneamente, cancellato o almeno sospeso dalla nostra Costituzione. Solo che, se ci penso meglio, mi rendo anche conto che è stato fatto con un atto meramente amministrativo qual è il Dpcm. E allora mi viene legittima un'ultima riflessione:ma non è che se oggi accettiamo questo, allora domani chiunque ne abbia la possibilità potrebbe sospendere ben altri diritti garantiti dalla Costituzione?Presidente emerito Cartabia, ministro della Giustizia, la prego, batta un colpo e ci faccia sapere cosa ne pensa.  

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