Gestione Affitti

Sconto pandemia per l’affitto dei negozi

Per tamponare l’emergenza il governo ha previsto un credito d’imposta per i canoni di locazione, utilizzabile in compensazione o cedibile a terzi, che la legge di Bilancio ha prorogato fino al 30 aprile 2021

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

La pandemia da Covid-19 e le conseguenti restrizioni imposte dal Governo per limitare i contagi hanno duramente colpito numerosi settori produttivi, con molti commercianti che sono stati costretti ad abbassare le saracinesche o limitare gli orari d’apertura dei negozi. Una situazione che danneggia tutti gli esercenti, ma soprattutto chi paga un canone di locazione che, a fronte di una drastica riduzione degli incassi, va comunque versato periodicamente al proprietario dell’immobile.

Tax credit

Per tamponare l’emergenza il governo ha previsto un credito d’imposta per i canoni di locazione, utilizzabile in compensazione o cedibile a terzi, che la legge di Bilancio ha prorogato fino al 30 aprile 2021, anche se soltanto per le imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e tour operator (si veda in dettaglio la pagina 4).

Le limitazioni

In un contesto simile, è utile comprendere quali possano essere gli effetti delle limitazioni previste dai Dpcm sulle attività̀ commerciali e sui relativi contratti di locazione, tenendo conto che il titolo secondo, capo XIV, del Codice civile, oltre alla risoluzione del contratto per inadempimento, introduce altre due ipotesi che possono interrompere l’accordo tra locatore e conduttore: l’impossibilità sopravvenuta della prestazione e l’eccessiva onerosità.

Nel primo caso - riguardo ai contratti con prestazioni corrispettive - l’articolo 1463 del Codice prevede che «la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito». La norma non sembra potersi applicare ai contratti di locazione commerciali in tempi di Covid-19, in quanto la prestazione, che è costituita dalla concessione dell’immobile in godimento, non è totalmente e definitivamente impossibile, ma solo temporaneamente. E se l’impossibilità è temporanea il debitore, finché essa perdura, è responsabile dell’adempimento, ovvero è tenuto a pagare l’affitto.

Recesso dal contratto

Il successivo articolo 1464 stabilisce che quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale. Il conduttore può quindi chiedere e ottenere dal proprietario una riduzione del canone d’affitto, almeno fino al termine dell’emergenza.

C’è poi il principio di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, introdotto dalla sezione terza del titolo secondo, capo XIV, del Codice in caso di contratti a esecuzione continuata o periodica (e quindi anche di locazione), qualora la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, come una pandemia. In tal caso, la parte che deve la prestazione (il conduttore) può domandare la risoluzione del contratto a norma dell’articolo 1467, con l’altra parte (il locatore) che può evitarla modificando equamente le condizioni del contratto.

In conclusione, l’inquilino non può sospendere il pagamento del canone di locazione e, allo stesso tempo, continuare a occupare l’immobile, così come non può autoridursi l’affitto senza averlo prima rinegoziato con il locatore o senza aver avviato un’azione giudiziale volta a conseguire la riduzione-sospensione dell’affitto ed eventualmente la sospensione della fideiussione, se prestata.

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