Gestione Affitti

Affitti, anche nell’emergenza il canone deve essere pagato

di Antonio Nucera

Il periodo emergenziale che stiamo vivendo solleva interrogativi circa i contratti di locazione in corso, in particolare commerciali. Le misure previste per il contenimento dell’epidemia dispongono infatti, salvo specifiche eccezioni, la chiusura di questo genere di attività; ciò che porta a domandarsi se il conduttore possa legittimamente interrompere il pagamento dei canoni fintanto che l’emergenza non sia finita.

In questa prospettiva, viene invocata l’impossibilità sopravvenuta (articoli 1463 e 1464 del Codice civile) o l’eccessiva onerosità (articolo 1467 del Codice civile).

Ma il richiamo a tali soluzioni non sembra essere conferente.

In primo luogo, perché i previsti divieti di esercizio delle attività non incidono sulla prestazione principale del locatore, vale a dire la messa a disposizione di locali. Essi infatti non attengono all’immobile in sé o alla sua idoneità all’uso convenuto. E i tentativi – pure operati da qualche interprete – di dar rilievo alla causa concreta del rapporto (cioè ai motivi che hanno indotto le parti, e segnatamente il conduttore, a stipulare il contratto), non trovano riscontro, in tema di locazione, nella giurisprudenza.

In secondo luogo, perché, a tutto concedere, la chiusura temporanea dell’attività – che peraltro, allo stato, si concreta in poche settimane – non rende, all’evidenza, decisamente impossibile la prestazione principale del conduttore, consistente nel pagamento del canone di locazione e delle spese accessorie.

Si aggiunga, infine, che (eccetto l’impossibilità sopravvenuta parziale di cui all’articolo 1464 del Codice civile) le soluzioni invocate mirano, in sostanza, alla risoluzione del contratto in essere, mentre in questo caso le pretese dei conduttori sono generalmente dirette alla sola interruzione del pagamento dei canoni fino a quando sarà in corso l’emergenza.

D’altra parte non può non darsi rilievo al fatto che nel decreto “Cura Italia” si prevede, con riferimento agli immobili di categoria catastale C/1, il riconoscimento di un credito d’imposta in favore dei conduttori pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per l’immobile destinato allo svolgimento della loro attività: ciò che costituisce elemento di conferma che i conduttori sono tenuti a pagare il canone per il periodo di interesse.

In sintesi, dunque, interruzioni o riduzioni nel pagamento del canone, se non previamente concordate tra le parti interessate, sono da considerarsi, a tutti gli effetti, inadempimenti che non possono trovare giustificazione invocando l’impossibilità sopravvenuta ovvero l’eccessiva onerosità. Né, per quanto detto, tali rimedi potranno essere invocati ove il diverso interesse sotteso sia la conclusione della locazione.

Al limite, a tale ultimo scopo, potrebbe essere percorsa, da parte del conduttore, la strada del recesso per gravi motivi (con conseguente esame, in concreto, dell’esistenza o meno di tali ragioni). In tal caso, però, è bene tener presente che in base alle disposizioni in tema di recesso è previsto un preavviso di sei mesi (periodo durante il quale il conduttore è tenuto a pagare il canone).

Nessun problema, invece, se il locatore ritenesse di accettare di ridurre il canone. Ma in tal caso è consigliabile che nel testo dell’accordo si chiarisca, in particolare, che la riduzione viene accordata per un periodo preciso e solo per ragioni di difficoltà temporanea del conduttore.

Occorre infine sottolineare che, se le parti si accordassero per la risoluzione consensuale del rapporto di locazione, nell’accordo andrebbe precisato,per prevenire eventuali contenziosi circa l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, che la richiesta di risoluzione è stata avanzata dal conduttore e che il locatore si è limitato ad aderirvi.

Va da sé che tutte le osservazioni svolte in questa sede relative ai principii generali che governano la chiusura di una locazione commerciale valgono, a maggior ragione, anche per le locazioni ad uso abitativo per le quali, peraltro, non rilevano (se non in maniera indiretta) le difficoltà create dalla pandemia.

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