Gestione Affitti

Investire nell’affitto conviene di più nelle città medie

Canoni e rendimenti in ascesa spingono gli acquisti a scopo di investimento. E la ripresa inizia ad allargarsi, secondo Tecnocasa

di Adriano Lovera

Canoni e rendimenti in ascesa spingono gli acquisti a scopo di investimento. E la ripresa inizia ad allargarsi. Lo rileva una recente indagine di Tecnocasa , secondo cui il rendimento del mattone nelle principali città italiane si avvicina ormai al 5%, benché il netto sia prossimo alla metà.

Le grandi città
«Centri come Milano o tagli come il bilocale hanno sempre avuto richiesta. La novità è che ora l'inversione di tendenza è diffusa, tutti i principali capoluoghi mostrano il segno positivo sui canoni, con +2,3% sui monolocali e +1,8% per i bilocali, aggiornati al primo semestre 2019», spiega Fabiana Megliola, responsabile Ufficio studi Tecnocasa. E così cresce la quota degli investitori puri, che stando alla rete franchising rappresentano il 17,9% degli acquirenti: «Due punti sopra la rilevazione del 2015», aggiunge Megliola.

I rendimenti sono più risicati dove è più pesante il prezzo d’acquisto iniziale, come ad esempio a Firenze. Sono più alti invece dove corre la domanda abitativa e dove i valori restano abbordabili, rispetto alla media cittadina. Un bilocale a Verona rende in media il 3% netto ma in periferia si può spuntare un 3,3%, il livello più alto registrato dalla ricerca.

Nelle zone di Milano fuori dalla circonvallazione esterna si può toccare il 3% netto contro la media del 2,7% e lo stesso accade alla periferia di Roma, intorno al 2,7% netto, molto meglio del 2% ottenuto da chi investe in pieno centro. Come tipologia di immobile, il bilocale di solito offre un premio di circa due decimali sul trilocale.

I motivi del trend
«Il basso costo del denaro è senz’altro uno dei motori di questo trend – ragiona Mario Condò de Satriano, presidente del Centro Studi Fiaip –. I tassi dei mutui sono ancora molto bassi (1,47% medio a dicembre, dato Abi, ndr), mentre la liquidità parcheggiata sui conti correnti o investita nei Bot sfiora rendimenti negativi. È naturale che i risparmiatori siano tornati a riporre fiducia nel mattone».

Ma ci sono anche altri fattori. «Il fenomeno degli affitti brevi ha senza dubbio corroborato la corsa agli acquisti», aggiunge l'esperto della Fiaip. Benché sia sempre più evidente il bivio di fronte a cui si trova il proprietario: se gestisce da solo l’immobile può “battere” l’affitto a lungo termine come resa, ma è un'attività a tempo pieno. Altrimenti deve affidarsi a un soggetto terzo, in cambio però del 20%-30% dei ricavi.

«Un altro aspetto emergente è che sempre più investitori iniziano a considerare il canone concordato, che in tante città non è così lontano dai valori di mercato, ma gode del vantaggio fiscale della cedolare al 10% e dello sconto del 25% sull’Imu, quindi può rivelarsi preferibile», aggiunge de Satriano. E sempre in tema di scelta tra tipologie di gestione e di contratto, prende piede la formula denominata '“affitto e subaffitto”, proposta da società come Dove Vivo o RentApp, interessante per i proprietari alla ricerca della sicurezza e della regolarità degli introiti.

Il fisco
In questo contesto, però, il peso di spese e tasse resta determinante. Per estrarre il rendimento netto, Tecnocasa nella sua analisi ha considerato un 10% del valore di compravendita che se ne va in spese (imposte sull’acquisto, eventuale commissione d’agenzia o costo d’accensione di un mutuo), una mensilità di affitto che si perde per spese annue di gestione, il 21% di cedolare secca e l’Imu, calcolato su una rendita catastale media italiana di 485 euro (dato Omi-Agenzia delle Entrate).

«Ne emerge che il differenziale tra rendimento lordo e netto consiste almeno in un 40%», spiega la responsabile dell’ufficio studi. «Le imposte sono uno degli aspetti che ancora frenano il mercato. Si è passati dai 9 miliardi di gettito Ici precedenti al Governo Monti ai 24 miliardi di oggi incamerati con l’Imu – conclude Mario Condò de Satriano – . Ed è presto per brindare alla ripresa del mercato. Il trend positivo riguarda i capoluoghi, ma l’Italia è grande e in tanti territori periferici si va a rilento. Inoltre si sono risvegliati i risparmiatori privati, che mettono sul piatto 200-250mila euro, ma i grandi investitori, a partire dai fondi, sono praticamente assenti sul fronte residenziale».

L a ricerca Cbre
Un dato confermato da una recente ricerca di Cbre, secondo cui gli investimenti nel 2019 in Italia hanno toccato il record di 12,3 miliardi di euro, ma sono sempre concentrati su Roma e Milano (che da sola si prende il 40% dei flussi) e sono spalmati tra uffici (5 miliardi), hotel (3,3 miliardi), retail (2 miliardi) e logistica (1,3 miliardi). Dei 700 milioni che restano, solo qualcosa è andato sul residenziale, in particolare su iniziative di student housing e “multifamily”.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©