Gestione Affitti

Affitto e «clausola risolutiva espressa», contratto risolto se non si paga una rata

di Giovanni Iaria

Secondo quanto disposto dall'articolo 1456 del codice civile «I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva».

Come affermato dalla dominante giurisprudenza, la suddetta clausola, in quanto non ritenuta vessatoria, per essere valida non necessita della doppia sottoscrizione ai sensi del secondo comma dell'articolo 1341 del codice civile. Essa può essere inserita in tutti i contratti e, quindi, anche nei contratti di locazione.

In presenza di tale clausola, quando si verifica l'inadempimento da parte del conduttore nel pagamento del canone concordato, il giudice deve dichiarare la risoluzione del contratto senza procedere alla valutazione in merito alla sua gravità, avendo le parti, in ossequio al principio dell'autonomina contrattuale, già effettuato una preventiva valutazione della gravità dell'inadempimento.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 29301/2019 , pubblicata il 12 novembre 2019.

La storia
La vicenda sottoposta all'esame dei giudici della Suprema Corte, ha origine dal giudizio promosso da una società, proprietaria di un immobile concesso in locazione, con il quale chiedeva al Tribunale che venisse dichiarato risolto il contratto per inadempimento da parte della conduttrice, che alla data di intimazione dello sfratto si era resa inadempiente nel pagamento della rata trimestrale del canone di locazione con la conseguente condanna al rilascio dell'immobile.

La locatrice dichiarava di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa inserita nel contratto, secondo la quale «il mancato puntuale pagamento in tutto o in parte per qualunque causa, anche di una sola rata del canone, può costituire la ragione del locatore di dichiarare risolto il contratto di locazione per grave inadempimento ai sensi degli articoli 1453 e 1456 c.c., senza obbligo per il locatore di messa in mora».

Il Tribunale
La domanda veniva accolta dal Tribunale, mentre in sede di gravame, proposto dalla conduttrice, la Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado con conseguente rigetto della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento formulata dalla locatrice.

L’appello
Secondo i giudici di appello, in considerazione dell'importo, circa tremila euro a fronte di circa seimila, che era stato poi versato il giorno della notifica dell'atto di intimazione di sfratto e all'entità del ritardo (poche settimane), non si era determinato nessun effettivo squilibrio sinallagmatico contrattuale in quanto, i pregressi ritardi assumevano un significato non univoco.

Inoltre, secondo la Corte territoriale, la protratta tolleranza della locatrice nel pagamento del canone da parte della conduttrice lasciava intendere che la prima non aveva attribuito particolare rilevanza alla mancata puntualità da parte della seconda nel pagare il canone e che, comunque, non si era mai verificato un accumulo di canoni insoluti.

Il rigore della Cassazione
La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso promosso dalla società locatrice contro la sentenza della Corte di Appello, ritenendola errata lo ha accolto con rinvio, osservando che il giudice di merito avrebbe dovuto dichiarare la risoluzione del contratto, omettendo ogni valutazione in merito alla gravità dell'inadempimento, non essendo esso tenuto ad effettuare alcuna indagine su tale profilo.

Infatti, questo aspetto era stato preventivamente valutato dalle parti al momento della sottoscrizione del contratto di locazione, ciò in linea con la ratio della clausola risolutiva, che attribuisce alla parte contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto ed ha la funzione di accelerare la risoluzione ed eliminare la necessità di indagini specifiche.

Inoltre, nel caso esaminato, con l'atto di intimazione di sfratto, la locatrice aveva manifestato la volontà di avvalersi della suddetta clausola.

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