Gestione Affitti

Casa con più proprietari, ciascuno separatamente può chiedere lo sfratto

di Edoardo Valentino

Chiedere e ottenere il rilascio del bene locato dal conduttore moroso costituisce un atto di ordinaria amministrazione della comunione e, in quanto tale, ogni comproprietario è (fino a prova contraria) legittimato ad agire.
Questo il principio espresso dalla sentenza Cassazione Civile Sezione III, 4 luglio 2019, numero 17933.
Il caso principiava con l'intimazione di uno sfratto notificata da uno dei proprietari di un fondo agricolo nei confronti del conduttore moroso.
In primo grado il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando risolto il contratto per inadempimento del conduttore e ordinando il rilascio del bene.
In accoglimento dell'appello proposto, tuttavia, la Corte rinviava il giudizio nuovamente il primo grado, stante un grave difetto nel contraddittorio tra le parti, per mancata partecipazione al giudizio degli altri comproprietari (e coeredi) del locatore/attore.
L'attore proponeva ricorso per Cassazione avverso tale decisione, lamentando una violazione dell'articolo 102 del Codice di Procedura Civile da parte della Corte d'Appello.
Tale norma afferma infatti che “Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito”.
A detta del ricorrente, tuttavia, egli avrebbe avuto – anche senza i coeredi – legittimazione attiva a promuovere il giudizio di rilascio, in ragione del principio per cui “il comproprietario può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile per finita locazione, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicchè non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti” (così Cassazione numero 7416/1999; conformi Cassazione numero 14530/2009, Cassazione numero 1986/2016 e Cassazione numero 12386/2016).
Con la sentenza in commento, la Cassazione accoglieva il ricorso del ricorrente.
Secondo gli Ermellini, infatti, non poteva essere condiviso il principio espresso dalla Corte d'Appello in ragione del quale al fine di intimare il rilascio di un bene in comproprietà sarebbero stati necessari tutti i locatori.
Tale atto, infatti, è considerabile come un atto di ordinaria gestione e in ragione di ciò ogni singolo proprietario ha pari poteri gestori sull'intero bene.
Fino a prova contraria (ossia dimostrazione del dissenso delle altre parti) il singolo comproprietario ha facoltà di costituire, regolare ed estinguere il rapporto di locazione o, come nel presente caso, ottenere lo sfratto e il rilascio giudiziale del bene a seguito di inadempimento del conduttore.
Del tutto inammissibile era infatti il ragionamento della Corte d'Appello che, nel rinviare il giudizio per difetto di contraddittorio, aveva affermato che la risoluzione chiesta solo da uno dei locatori avrebbe comportato lo scioglimento del contratto “per una delle parti solamente lasciando inalterato il vincolo nei confronti dell'altra”, dato che deve invece ritenersi che lo scioglimento del contratto chiesto e ottenuto da uno dei comunisti abbia effetto su tutti gli altri componenti della comunione.
Alla luce di tali principi la Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassava la sentenza di appello e rinviava il giudizio per un nuovo giudizio di merito.

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