Gestione Affitti

L’affitto con patto di futura vendita va provato per iscritto

di Valeria Sibilio

Il conduttore che non paga l’affitto non può invocare senza prova scritta un accordo in base al quale i canoni sraebbero stati scomputati dal prezzo di acquisto dell’immobile.
Questa tematica è stata al centro della sentenza n° 6029 del 2019 del Tribunale di Roma. All'origine dei fatti l'atto di citazione con il quale l'amministratore di sostegno di una signora, proprietaria di un immobile, intimava al conduttore uno sfratto per morosità, chiedendone la convalida per il mancato pagamento dei canoni dal gennaio 2015 sino alla data dell'intimazione in virtù di un contratto ad uso abitativo, debitamente registrato, sottoscritto dalla proprietaria e dal convenuto.
L'intimante, precisando che il contratto di locazione prevedeva un canone mensile di euro 2.200,00 sino al quarto anno e di euro 3.200,00, sempre mensili, in caso di prosecuzione della locazione per i successivi quattro anni, oltre aggiornamento Istat, chiedeva al Tribunale di emettere, in caso di opposizione dell'intimato, l'ordinanza di rilascio con il favore delle spese di lite.
Il convenuto si costituiva in giudizio, eccependo l'incompetenza del giudice adito in favore del medesimo di Frosinone e l'insussistenza della morosità per la violazione delle norme di legge nel contratto di locazione nella parte in cui prevedeva dal quinto anno di locazione un aumento di 12.000,00 euro annuali. Inoltre, eccepiva una ulteriore insussistenza della morosità per avere effettuato migliorie e lavori per circa settantamila euro. Per il convenuto, sussisteva un accordo tra le parti di vendita dell'immobile dal cui prezzo finale sarebbe stato scomputato quanto corrisposto a titolo di canoni di locazione. In conclusione, chiedeva l'accertamento degli avvenuti pagamenti in eccesso e l'assenza di una effettiva e determinata debitoria imputabile, oltre al rigetto dello sfratto.
Il giudice, ritenendo l'opposizione non fondata su prova scritta a fronte della persistenza di una considerevole morosità, ordinava il rilascio dell'immobile in favore dell'intimante ed autorizzava le parti al deposito delle memorie integrative. Il ricorrente ribadiva la morosità intimata e precisava di non avere spiegato alcuna domanda volta al recupero dei canoni nel presente giudizio, volto esclusivamente alla liberazione dell'immobile, rilevando tuttavia che era nella libera autonomia contrattuale delle parti prevedere, all'esito del primo quadriennio, un aumento del canone di locazione. Contestava, inoltre, le cosiddette migliorie apportate all'immobile dal conduttore, eccependo che non erano state autorizzate dalla locatrice a mezzo di lettera raccomandata né imputate a canoni, e pertanto dovevano ritenersi non dovute.
Il resistente insisteva sulle eccezioni già formulate precedentemente, chiedendo l'accertamento e la conferma della incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Frosinone e la nullità dell'art. 3 del contratto di locazione. Conseguentemente, chiedeva la condanna della controparte alla restituzione, a far data dal gennaio 2014 della somma di euro 11.065,04 o alla diversa misura ritenuta di giustizia ed alla restituzione della somma di euro 79.800,00 o la somma diversa ritenuta di giustizia, con vittoria di spese. Le parti depositavano, nel corso del giudizio, il verbale di rilascio dell'immobile alla data del 15 ottobre 2018.
Riguardo la competenza territoriale, il Giudice ha ricordato che la legge stabilisce la competenza territoriale inderogabile del tribunale del luogo in cui si trova l'immobile oggetto del contratto. Ciò chiarisce che, nel merito, la domanda dell'attore è stata ritenuta fondata e pertanto accolta. Inoltre, il convenuto non aveva provato l'avvenuto pagamento della morosità intimata e la parte intimante aveva dichiarato che l'omesso pagamento dei canoni si era protratto per tutto il corso del giudizio, sino al rilascio dell'immobile il 15 ottobre 18. L'attrice aveva depositato in atti il contratto di locazione sottoscritto dal resistente il 1° agosto 2010, che prevedeva un corrispettivo per la locazione da versarsi entro il giorno cinque di ogni mese, dando prova adeguata del titolo e della scadenza dell'obbligazione contrattuale di pagamento della somma dapprima di euro 2.200,00 e dal quinto anno in poi pari ad euro 3.200,00, quale corrispettivo della locazione di cui il conduttore si è reso inadempiente dal gennaio 2015, nonostante il pieno godimento dell'immobile.
Il conduttore aveva omesso il pagamento dei canoni di locazione per tutto il corso del giudizio ed aveva chiesto la condanna alla restituzione delle somme versate per un aumento illegittimo del canone nel corso del rapporto di locazione, pari ad euro 1.000,00 mensili a partire dal quinto anno, per complessivi euro 11.065,04 e della restituzione delle somme spese per la ristrutturazione dell'immobile pari ad euro 79.800,00.
Domande giudicate, dal Tribunale, inammissibili in quanto difformi e nuove rispetto a quelle spiegate in fase sommaria e, pertanto, in assenza di richiesta di differimento di udienza, non scrutinabili. In ogni caso il conduttore non aveva provato di avere corrisposto i canoni insoluti. In tema di inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, deve soltanto provare la fonte, negoziale o legale, del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.
Ciò posto, nessun pagamento era stato dimostrato da parte del conduttore per l'intero ammontare dei canoni dal gennaio 2015 sino al rilascio all'ottobre del 2018 a fronte del pieno godimento dell'immobile. Da qui, l'accoglimento della domanda di risoluzione contrattuale svolta dalla parte attrice.
Il Tribunale ha, perciò, dichiarato risolto il contratto sottoscritto per inadempimento grave del conduttore, con conseguente rilascio, e giudicato inammissibili le domande riconvenzionali del resistente, condannando quest'ultimo al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese legali, liquidate in euro 3.000,00 per compensi ed euro 500,00 per spese vive, compresi oneri di mediazione, oltre iva, cpa e rimborso forfettario al 15%.

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