Gestione Affitti

Affitto, la morosità «grave» dà diritto al risarcimento dei danni

di Valeria Sibilio

Sfratto per morosità: un grave inadempimento che colpisce, purtroppo, specie in momenti di crisi economica, diversi condòmini impossibilitati, per svariati motivi, a rispettare questo dovere sociale. Non sempre è sufficiente che l'inquilino non paghi il canone di locazione o le quote condominiali per legittimare il proprietario ad intimare lo sfratto, dovendo, l'inadempimento, essere tale da incidere in modo significativo sull'equilibrio degli interessi delle parti che hanno trovato nel contratto il loro regolamento.
Nella sentenza n°6 del 2019, la Corte d'Appello di Trento ha esaminato un caso originato dall'intimazione di sfratto per morosità, da parte di una società locatrice, nei confronti della locataria del proprio immobile adibito ad uso commerciale (uno studio professionale per attività legale), sostenendo che, nel corso del rapporto iniziato nel 2011, l'inquilina aveva spesso ritardato, di giorni e mesi, il pagamento dei canoni e delle spese condominiali.
L'inadempimento riguardava un canone trimestrale pari ad euro 5.700,00, a cui si aggiungevano le spese condominiali di euro 20.000,00 circa. Dopo il tentativo obbligatorio di conciliazione, il locatore reiterava la domanda di risoluzione per inadempimento del conduttore, sia in relazione ai canoni che alle spese condominiali, facendo presente che i ritardi si erano protratti anche nel corso del giudizio. Ragione per cui chiedeva anche il risarcimento dei danni. La parte convenuta, costituendosi in giudizio, insisteva per il rigetto della domanda negando la morosità e la gravità dei suoi eventuali inadempimenti. Il tribunale di Primo Grado accoglieva la domanda di risoluzione con condanna al rilascio dell'immobile, rigettando la domanda risarcitoria avanzata dall'inquilina, la quale appellava tale sentenza al fine di ottenerne pronuncia di riforma.
Un appello risultato, per i giudici di secondo grado, infondato in quanto, per ciò che riguarda l'inammissibilità dell'intimazione di sfratto, a parte il riscontro di una pluralità di pagamenti in ritardo sui termini contrattuali, previsti entro il giorno 5 del mese iniziale del trimestre, da pagarsi anticipatamente, verificatisi nel corso del rapporto, anche al momento dell'intimazione detta morosità sussisteva. Una morosità che non deve essere vagliata alla stregua della data di ricezionedell'atto, bensì dei termini contrattuali. Un esempio è la scadenza al 5 gennaio 2017 con pagamento avvenuto solo il 17 marzo 2017 con quasi tre mesi di ritardo. Quanto alle spese condominiali è la stessa appellante a dichiarare di non avervi provveduto in relazione ad una dedotta arbitrarietà. Le rate scadute già nel 2015 e poi nel 2016 e 2917 per gli anni di riferimento, non risultavano mai pagate nei termini, anche se per una parte di esse il pagamento è poi avvenuto prima della notifica dello sfratto, il che non vale certo ad elidere il ritardo. La conduttrice, dopo aver esposto le sue rimostranze sulle spese dell'esercizio 2016/17 alla fine ha deciso, senza più nulla eccepire, di pagarle tutte, rendendo palese che si fosse trattato di spese non dovute, non avrebbe dovuto effettuare alcun versamento.
Quanto poi alla possibilità di far ricorso all'art. 658 e ss. cpc non solo per canoni scaduti ma anche per le spese condominiali, norma che a dire dell'appellante avrebbe “carattere eccezionale” e quindi non estensibile a voci in esse non contemplate quali gli oneri accessori, i giudici hanno rimarcato l'irrilevanza della richiesta, dal momento che, una volta trasformato il rito si era svolta la fase di merito in cui la locatrice ha ribadito la domanda di risoluzione per inadempimento anche con riguardo alle spese accessorie. In materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da abitazione il legislatore ha limitato l'autonomia contrattuale in relazione soltanto alla durata del contratto, alla tutela dell'avviamento e alla prelazione, mentre l'ammontare del canone è rimesso alla libera determinazione delle parti, che possono prevedere l'obbligazione di pagamento per oneri accessori, specialmente quando questi sono strettamente connessi all'uso del bene. Ne consegue che, ai fini del procedimento di convalida di sfratto per morosità, il canone è in tal caso inteso come corrispettivo comunque dovuto dal conduttore, comprensivo anche degli oneri accessori. L'ordinanza di convalida non ha natura di sentenza, e non è impugnabile, se non è emessa al di fuori dello schema tipico del procedimento sommario disciplinato dall'art. 663 cod. proc. civ., il quale è rispettato tutte le volte che l'ordinanza sia stata emessa ritualmente, in presenza dei presupposti formali previsti per la sua adozione.
L'intimazione era sicuramente giustificata per il ritardo nel pagamento dei canoni del primo trimestre 2017, ritardo che si è protratto anche nel corso del giudizio sommario e della fase successiva di merito, Un esempio, tra tutti, i pagamenti per il secondo trimestre 2017 in data 2 maggio 2017 anziché il 5 aprile 2017. Risulta evidente, perciò, che le scadenze dei contratti di locazione sono essenziali. La norma, rivolta alle abitazioni abitative, può esser presa in considerazione anche per quelle non abitative proprio al fine di valutare la gravità o meno degli inadempimenti. Quindi l'adempimento dei canoni dopo il termine di pagamento stabilito in contratto, ma prima della domanda di risoluzione non può considerarsi rientrare tra le “cause che impediscono il sorgere o che estinguono l'azione di risoluzione”, come afferma l'appellante.
Per ciò che riguarda i rilievi in ordine alla novità della domanda di risoluzione, nel procedimento per convalida di sfratto, l'opposizione dell'intimato ai sensi dell'articolo 665 cod. proc. civ. determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento con rito ordinario, nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa per il locatore la possibilità di porre a fondamento della domanda una causa diversa da quella originariamente formulata, e per il conduttore la possibilità di dedurre nuove eccezioni e di spiegare domanda riconvenzionale. Laddove il locatore, nel rapporto caratterizzato da prestazioni periodiche della controparte, deduca un grave inadempimento con la domande nel merito, come avvenuto nel caso di specie, e non indichi più, come nella fase sommaria, l'esistenza di una grave morosità, non dà luogo a concetti tra di loro contrastanti, bensì del tutto assimilabili tra di loro.
Il pagamento in ritardo considerevole dà luogo ad una grave morosità che integra in sé anche un grave inadempimento.
Riguardo l'omessa valutazione di tale gravità, dato per presupposto che la conduttrice abbia sovente corrisposto in ritardo i canoni nel corso del rapporto, l'appellante affermava che il primo giudice avrebbe omesso una valutazione della gravità o meno di tale comportamento il quale, a suo dire, non avrebbe sconvolto l'economia del contratto né sarebbe stato di ostacolo alla sua prosecuzione, specie in considerazione del comportamento tollerante del locatore nel corso del rapporto, dato che solo dopo molti anni si è deciso ad intraprendere la presente azione.
Per i giudici, essendoci state diffide al pagamento anche prima dello sfratto, le rimostranze dell'appellante non sono conciliabili con la tolleranza, ritenendo che già di per sé il mancato pagamento alle scadenze dia luogo ad inadempimento, oltretutto non sanabile, non vertendosi in ipotesi di locazione ad uso abitativo, alla quale soltanto è diretta la disciplina della sanatoria. Evidentemente il locatore, esasperato dalla situazione, aveva deciso, nella autonomia della sua libera determinazione, di porvi fine.
Quanto poi alle diffide inviate nel corso di causa, esse non sarebbero state nemmeno necessarie, sia perché il pagamento del canone è un obbligo, sia perché avvenute in costanza di giudizio proposto per la risoluzione , a fronte di un conclamato inadempimento. L'economia del contratto, proprio nell'ottica del locatore, è apparsa sconvolta nel corso del tempo e più ancora nel corso del giudizio, laddove il comportamento del conduttore non era per nulla mutato, e per un arco temporale non indifferente. Non solo non si era verificata alcuna tolleranza ma appare grave che il conduttore abbia inteso protrarre i suoi inadempimenti. Né occorre l'inserimento in contratto di clausole risolutive, allorquando è la stessa legge a contemplare l'inadempimento come motivo di risoluzione, sia in via generale e cioè nel codice civile sia attraverso la legislazione sulle locazioni. Tale discorso vale anche per gli oneri accessori. La proposta di di un nuovo accordo e di un nuovo contratto in corso di causa, altro non attesta che l'estremo tentativo conciliante di venire incontro alle esigenze dell'appellante seppur con l'inserimento di ulteriori clausole a garanzia. I rilievi sulla prognosi del futuro comportamento inadempiente, connesso anche ai protratti ritardi in corso di giudizio, sono apparsi conformi all'orientamento giurisprudenziale di legittimità. Per cui, anche il pagamento avvenuto, in ritardo, ma prima della notifica dello sfratto, è diventato irrilevante nell'ottica di qualsiasi ipotetica sanatoria.
La Corte, perciò, ha rigettato l'appello, condannando l'appellante a rifondere all'appellata le spese del grado liquidate in euro 3.777,00 oltre la maggiorazione delle spese al 15% ed agli accessori di legge e, essendo stato integralmente rigettato l'appello, l'imposizione a carico dell'appellante di un ulteriore importo a mente dell'art. 13, comma quater, DPR 30.5.2002 n. 115 come introdotto dalla legge n. 228/2012.

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