Gestione Affitti

A fine locazione occorre un verbale di rilascio dell'immobile

di Ladislao Kowalski

La restituzione dell'immobile a fine locazione è una delle più frequenti occasioni di contenzioso conseguenti ai rapporti di locazione. Lo stato dell'immobile, con riferimento alle sue condizioni di manutenzione ed ai danni rilevati, è infatti alla fonte di una conflittualità particolarmente elevata.
E' frequente che all'atto dell'originario accordo ci si limiti a considerare gli aspetti più evidenti, nello stato dell'immobile, utilizzando i tradizionali testi contrattuali che, solitamente, danno dell'immobile una descrizione del tutto positiva. Ciò avviene, con particolare riguardo per le locazioni abitative. Negli usi diversi, infatti, essendoci necessità più specifiche e dirette, è più frequente che la parte conduttrice ponga maggiore attenzione alle generali condizioni dell'immobile. Avviene, pertanto, con una certa frequenza, che immobili che manifestano delle carenze o delle manutenzioni piuttosto scadenti, vengano genericamente indicati come “… esaminato lo stato dell'immobile … in buono stato locativo …. adatti all'uso convenuto …. “. Sorge quindi il problema di valutare la natura, il contenuto e l'interpretazione di clausole analoghe all'atto in cui il conduttore contesti lo stato dell'immobile o il locatore rilevi danni apportati allo stesso. E magari predisporre un verbale di consegna e riconsegna.
Il nostro ordinamento, infatti, nel perseguire la serietà e stabilità dei rapporti giuridici, pone particolare attenzione al fatto che, la volontà dei soggetti, debba essere espressa in maniera del tutto consapevole tant'è che, l'aspetto puramente formale e dell'apparenza, viene fortemente considerato all'interno di una valutazione che l'eventuale giudicante deve porre in ordine a quella che è stata l'intenzione dei contraenti all'atto della stipula del contratto.
Si pensi agli articoli 1362 e seguenti del Codice civile sulla intenzione dei contraenti, l'interpretazione delle clausole, le espressioni generali, le indicazioni esemplificative e le altre disposizioni inerenti l'argomento.
Tornando a quanto qui interessa circa la validità del tenore delle clausole delle locazioni, come sopra riportate, relative allo stato dell'immobile, sorge la necessità di stabilire se le stesse assumano la c.d. natura della “clausola di stile” o se al contrario rappresentino l'effettiva consapevole volontà manifestata dai contraenti.
Come noto, nel nostro ordinamento, sono considerate “clausole di stile” “… quelle espressioni generiche, frequentemente contenute nei contratti o negli atti (anche, ndr) notarili, che per la loro eccessiva ampiezza e indeterminatezza rilevano la funzione di semplice completamento formale, mentre non può considerarsi tale la clausola che abbia un concreto contenuto volitivo ben determinato, riferibile al negozio posto in essere dalle parti. …” (Cassazione, sentenza 19876/11) . La differenza comporta rilevanti conseguenze. La “clausola di stile”, vera e propria, non ha alcun rilievo e non produce quindi alcuna conseguenza laddove, al contrario, se debba ritenersi che la clausola abbia un suo preciso contenuto e risulti essere l'espressione della volontà delle parti, il risultato è diametralmente opposto.
Su questa questione si è recentemente pronunciata la Cassazione proprio in relazione alle clausole relative allo stato dell'immobile aventi il contenuto di cui si è detto all'inizio della presente trattazione. Si consideri, tra l'altro, che, a seguito di una norma piuttosto sconosciuta (comma 2 dell'articolo 1590 del Codice civile) “ …. in mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione ….”. Nel considerare il tenore letterale e, pertanto, il significato e contenuto della clausola “ … la parte conduttrice dichiara di avere esaminato i locali oggetto del presente contratto e di averli trovati adatti al proprio uso ed in buono stato di manutenzione …”, i giudici del Supremo Collegio argomentano che debba ritenersi provato e dichiarato che l'originario stato dell'immobile non presentava alcuna carenza. La conseguenza era, per ovvia differenza, che i danni rilevati erano imputabili al conduttore che, evidentemente, male aveva agito quale custode del bene a lui affidato. Ciò proprio a fronte di una difesa del conduttore il quale sosteneva trattarsi di mera clausola di stile e come tale priva di valore confessorio in ordine allo stato dell'immobile, e come tale nulla o quantomeno inefficace dovendosi considerare la medesima sotto il profilo della vessatorietà perché stipulata mediante modulo ed in assenza di specifica sottoscrizione.
Anche tale ultima considerazione è stata snobbata dalla Corte per l'evidente motivo che, una dichiarazione di stato conservativo dell'immobile, non ha i caratteri della vessatorietà.
La stessa giurisprudenza di merito già da tempo si esprime in tal senso laddove viene sostenuto che tale dichiarazione di scienza “integra a tutti gli effetti la descrizione cui fa riferimento l'articolo 1590 del Codice civile, e riveste il carattere della confessione stragiudiziale (articolo 2735, primo comma, del Codice civile), assumendo, quindi, valore di prova legale ( art.2733, secondo comma, c.c.), con la conseguenza che essa è vincolante, sia nei confronti di colui che l'ha resa, sia nei confronti del giudice, che non potrà valutare liberamente la prova, né accertare diversamente ( anche mediante il ricorso alle prove testimoniali) il fatto confessato.” ( Corte D'Appello di Trieste, sentenza 12 ottobre 2007 n. 543).
Ne consegue, nell'ambito dei rapporti locativi, che risulta particolarmente opportuno esaminare attentamente lo stato dell'immobile, prima della presa in carico, ad evitare, nel futuro, di dover essere tenuti a rispondere anche per situazioni preesistenti.

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