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Superbonus, lavori da sommare: il cappotto da solo a volte non basta Superbonus, lavori da sommare: il cappotto da solo a volte non basta

di Luca Rollino

L’isolamento dell’edificio da solo, a parte qualche eccezione, non sempre basta a ottenere il 110 per cento. Il dato emerge incrociando l’efficacia dei diversi interventi con le caratteristiche più ricorrenti del patrimonio edilizio italiano.

Il superbonus prevede un innovativo meccanismo di detrazione delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione degli edifici: ci sono interventi trainanti, agevolati tramite un’aliquota del 110%, e interventi trainati, agevolati solo se svolti congiuntamente ai primi. Requisito imprescindibile per godere del superbonus è il duplice salto di classe energetica, che deve essere raggiunto attraverso tutte le operazioni previste in progetto.

Il mix di interventi

Se da un punto di vista fiscale il processo è chiaro, da un punto di vista tecnico non è assolutamente immediato capire quali interventi trainanti garantiscano autonomamente un duplice salto e quali abbiano solo lo scopo di trainare interventi più efficaci.

Peraltro, l’efficacia di un intervento di riqualificazione energetica non è legata solo alla tecnologia, ma è da valutare anche in funzione del contesto in cui si trova l’edificio e delle caratteristiche edilizie ed impiantistiche. Proprio per questo motivo, è sempre utile e opportuno effettuare un’analisi iniziale di fattibilità tecnico economica.

I lavori più efficaci

Nella difficoltà di generalizzare le potenzialità dei singoli interventi, si possono comunque individuare quelle operazioni che maggiormente sono portate a garantire il duplice salto di classe energetica, e quelle che invece, da sole, non possono portare tale risultato.

Ovviamente, una classificazione del genere si deve porre in relazione alla tipologia di edificio oggetto di riqualificazione, nonché agli impianti ad esso asserviti. Da un punto di vista generale, il variegato patrimonio immobiliare italiano si può suddividere in quattro macrogruppi: edifici risalenti a prima del 1945, edifici realizzati dal 1945 al 1980, edifici realizzati tra 1980 e 2005, ed edifici progettati e costruiti dopo il 2005 (si veda cliccando qui la tabella riassuntiva dei possibili interventi in edifici standard).

Gli edifici più giovani

Questi ultimi sono i più ostici da migliorare, in quanto realizzati in epoche relativamente recenti, con tecnologie moderne e una maggior attenzione alle tematiche del risparmio energetico, anche dovuta ai requisiti stringenti posti a livello legislativo nazionale dal Dlgs 192/2005.

In questi casi, partendo da una classe energetica già sufficiente, la soluzione forse più immediata è quella di intervenire a livello di involucro esterno, con una cappottatura totale (pareti laterali e copertura), cui abbinare al traino l’installazione di una pompa di calore e di pannelli fotovoltaici. Il tutto chiaramente nel rispetto dell’estetica e del decoro architettonico, considerando la potenziale presenza di finiture con mattoni a vista.

Immobili pre-1945

Un analogo discorso, seppure dettato da motivi differenti, può essere fatto per gli edifici risalenti a prima del 1945: in questi casi, l’unica soluzione tecnologica è quella di isolare l’involucro il più possibile dall’esterno. Tuttavia, con tale soluzione ci si scontra a volte con la presenza di elementi architettonici distintivi che caratterizzano le facciate, e che rappresentano spesso un vincolo preclusivo per l’intervento di cappottatura.

Si può operare anche sull’impianto, ma il solo intervento con caldaia a condensazione non sarà mai sufficiente a fare il duplice salto, e un sistema a pompa di calore potrebbe non essere in grado di far fronte a fabbisogni energetici elevati, non ridotti da un abbondante isolamento. Difficilmente potrebbe essere risolutiva l’installazione al traino di un impianto fotovoltaico: se installato privo del suo “naturale fruitore” (una pompa di calore), l’effetto migliorativo della classe energetica finirebbe per concretizzarsi solo parzialmente.

La classe 1945-1980

Differente il caso degli edifici costruiti tra 1945 e 2005. Si tratta di edifici in cui l’attenzione per la riduzione dei consumi energetici era nulla (1945-1980) o limitata (1980-2005, pur in presenza di precise prescrizioni legislative).

Gli edifici realizzati dopo il 1945 si caratterizzano per una struttura a telaio in cemento armato e pareti di tamponamento spesso in cassa vuota, ovvero con una intercapedine di aria compresa tra due file di mattoni. In questi casi, si deve operare dall’esterno, con un cappotto in grado di ridurre le dispersioni di tamponamenti e strutture, ma si può intervenire anche insufflando materiale coibente nell’intercapedine.

Questo abbinamento è nel suo complesso in grado di garantire da solo il duplice salto di classe energetica, e garantisce una situazione su cui si può ulteriormente migliorare l’efficienza energetica, andando ad installare una pompa di calore o una caldaia a condensazione. Peraltro, è una soluzione praticabile anche in presenza di pareti di tamponamento ammalorate, a causa trascorrere del tempo: l’insufflaggio evita di realizzare isolamenti esterni troppo spessi e, quindi, troppo pesanti, che gli elementi laterizi potrebbero non essere in grado di reggere.

Da segnalare come l’insufflaggio da solo possa essere rischioso, non tanto in ottica di requisiti necessari per le detrazioni fiscali, quanto piuttosto per garantire la soluzione dei ponti termici rappresentati da solette e pilastri: la legislazione vigente impone di porvi rimedio in caso di intervento sull’esistente, pena la non conformità (e conseguente revoca delle detrazioni).

Post 1980

Per gli edifici realizzati dopo il 1980 la situazione non è molto differente: si riscontrano però casse vuote meno profonde, a volte riempite parzialmente con un timido pannello isolante. Sono ricorrenti le finiture esterne con mattoni faccia a vista, spesso molto cari ai condòmini, che difficilmente sono disposti a rinunciarvi.

In questi casi è possibile riproporre con appositi materiali plastici la stessa finitura originaria, ma i costi lievitano e si deve verificare di non superare i massimali di spesa previsti. L’intervento sull’impianto termico rappresenta una ulteriore miglioria, da sola non sufficiente al duplice salto di classe.

Gli infissi non bastano

Da segnalare che la sostituzione degli infissi rappresenta un intervento trainato che non è in grado né energeticamente né fiscalmente di garantire l’accesso al 110%: si dovrà sempre abbinare ad una azione di coibentazione generale dell’involucro edilizio opaco. Infine, si deve rammentare che, se si opera sull’involucro dell’edificio, sarà sempre necessario verificare che esista un sistema di termoregolazione per singola zona o per singolo ambiente (le valvole termostatiche): è infatti obbligatorio evitare sovra temperature e, quindi, sprechi energetici in seguito alla coibentazione di un fabbricato esistente.

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