Lavori & Tecnologie

Isolamento termico, materiali alternativi più ecosostenibili

di Maria Chiara Voci

Cappotto termico: negli ultimi dieci anni, è diventato sinonimo di coibentazione dell’involucro di un edificio. Tema al centro dell’attenzione oggi più che mai, visto che l’isolamento termico di tetti e pareti è uno dei maxi interventi trainanti del superbonus al 110%. Passare dalle parole ai fatti e scegliere come agire sulla propria casa significa, tuttavia, compiere un lungo viaggio nella complessità dei sistemi e dei materiali che stanno dietro alla generica definizione di cappotto. Un mondo vastissimo, dove accanto ai più comuni e diffusi isolanti a base plastica (in polistirene espanso o estruso o in poliuretano), lane minerali o prodotti a base vegetale (fibra di legno) avanzano soluzioni d'avanguardia.

Riciclo e biomateriali
Pannelli prodotti con l’uso di processi di riciclo e con l’impiego di scarti industriali (ad esempio, del settore tessile o di quello alimentare); biomattoni (di canapa, paglia e lolla di riso), supporto naturale a chi costruisce tenendo conto della salubrità degli ambienti; insufflati che usano la cellulosa, anche pura; rivestimenti ecofriendly in sughero, che si possono posare anche faccia a vista, senza bisogno di una copertura di intonaco (vedi box a lato). E ancora l’uso delle pareti verdi, ideali per le coperture degli edifici (orizzontali e verticali); isolanti di nuova generazione in vetro cellulare recuperato dalla riduzione in granuli e usato su tetti piani, terrazzi e muri contro terra.

La frontiera in ogni caso è la riduzione degli spessori, anche per diminuire l’incidenza dei costi generati dalla necessità di adeguare gli elementi di facciata (balconi, davanzali, gronde, ecc). Così come la realizzazione di sistemi integrati, in cui lo strato isolante è tutt’uno con la facciata completa di superfici vetrate e eventuali impianti. In alternativa al vero e proprio cappotto, si stanno diffondendo nelle nuove costruzioni soluzioni con sistemi portanti già isolati, come blocchi in laterizio o cemento “attivi” sotto l’aspetto termico, capaci di reagire ad esempio alla luce per migliorare le proprie performance sia in campo energetico che (per esempio) nella purificazione dell’aria.

Materiali innovativi
Per la ristrutturazione, le ultime sperimentazioni (ancora agli albori e non completamente valutate sotto l’aspetto del ciclo di vita/prodotto) puntano su composti innovativi come il grafene (costituito da atomi di carbonio) o su intonaci e pitture termiche o termoriflettenti, che impiegano le nanotecnologie per garantire l’isolamento. In questo scenario – in cui industria e ricerca sono spesso alleate per testare soluzioni performanti e sofisticate – non è facile orientarsi. Una buona scelta implica un confronto su larga scala con diverse necessità: non solo quella di migliorare la classe energetica dell’edificio di due livelli (per ottenere il superbonus al 110%), ma quella di creare davvero un valore aggiunto nell’intervento edilizio, in termini di risparmio sui consumi (una buona coibentazione può abbattere quasi completamente le dispersioni invernali ed estive), per la percezione di un migliore comfort abitativo in tutte le stagioni dell’anno, per un ripensamento dell’estetica dell’immobile e (non ultimo) per percorrere la strada più etica e meno impattante sul piano ambientale.

«Il punto di partenza è sempre valutare bene la singola situazione in cui ci si trova – spiega Eros Ronchini, fra i fondatori di Aiti-Dmc (Associazione Italiana Termografia Infrarosso Diagnosi e monitoraggio della condizione) –. Su edifici esistenti, un’analisi specifica di tipo termografico, condotta da un tecnico abilitato, aiuta a conoscere in modo non invasivo la tessitura muraria di un edificio e la presenza di intercapedini o cavedi e di problemi e patologie, come quelle legate all’umidità o a ponti termici. Da risolvere a monte di qualsiasi intervento, per evitare danni alla struttura nel tempo».

La scelta
La scelta sugli isolanti varia a seconda della zona termica in cui ci si trova, della presenza di vincoli all’immobile e, soprattutto, del materiale in cui è realizzato il fabbricato. Solo per fare un esempio: nel caso di una casa in legno, l’abbinamento con la fibra di legno, il sughero o una lana minerale non è solo una questione ecologica, ma una strada obbligata dovuta alla necessità di abbinare una parete leggera (in X-lam o telaio) con un componente ad alta densità di massa e con elevata inerzia termica. Al contrario, per un edificio in cemento e mattoni un abbinamento con isolanti leggeri anche a base plastica possono essere efficaci, pur se meno performante nella coibentazione estiva.

Per gli edifici storici, sfruttare cavedi o intercapedini esistenti è una strada d’obbligo per non modificare l’aspetto della facciata: in alternativa, è anche possibile montare cappotti interni, anche se in ambito condominiale è sempre consigliabile estendere i lavori a tutte le unità immobiliari esistenti e alle parti comuni. Tenendo poi sempre conto che la fisica non ammette sconti.

«Pochi millimetri di pittura non riteniamo possano essere oggi in grado di garantire le stesse prestazioni di un cappotto termico – spiegano i responsabili di Cortexa, progetto associativo che riunisce le più importanti aziende del settore dell’Isolamento a Cappotto in Italia –. Un aiuto ai consumatori arriva comunque dalla presenza del benestare tecnico europeo Eta e dalla marcatura Ce di isolanti e sistemi. Infine è fondamentale avvalersi di progettisti esperti e capaci di applicare la norma UNI/TR 11715:2018 e scegliere un’impresa con posatori di comprovata esperienza».

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