Lavori & Tecnologie

Consumatori due volte tutelati contro la mancata depurazione dell’acqua

Possono rifiutarsi di pagare la quota della tariffa sul depuratore, se sia disattivato o in stato di inefficienza strutturale e funzionale

di Rosario Dolce

La Corte costituzionale, con sentenza numero 335 del 10 ottobre 2008, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, numero 36, nonché dell'articolo 155 comma 1 del Dlgs 3 aprile 2006 numero 152, nella parte in cui prevede che la quota della tariffa del servizio idrico fosse dovuta anche nel caso in cui «fossero mancati gli impianti di depurazione o questi fossero temporaneamente inattivi».

Si tratta di un principio fondamentale, troppo spesso sottovalutato o non applicato.
La sua traduzione pratica è importante per gli utenti del Servizio integrato idrico erogato dalle Ato di riferimento, cioè per tutti i cittadini i cui immobili sono approvvigionati dal sistema pubblico.

La quota della tariffa di depurazione
Si osserva al riguardo che la quota riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito automaticamente nel contratto.

Quindi, se il servizio di depurazione non è stato fornito, ma quella quota di tariffa è stata versata, è nei confronti della controparte del contratto di utenza che la pretesa restitutoria va azionata, in quanto è alla «effettiva fruizione del servizio di depurazione» che, «per la rilevata natura sinallagmatica del rapporto », risulta «condizionato l'accoglimento della pretesa di pagamento» (Cassazione 14042/2013).

Indebito oggettivo
Gli utenti del servizio, dunque, possono rifiutarsi di pagare la quota della tariffa sul depuratore, ove questo sia disattivato o in stato di inefficienza strutturale e funzionale, ovvero possono svolgere un'azione di indebito arricchimento nei confronti di chi gestisce lo stesso impianto e nei riguardi di chi ne risulta proprietario (come la regione di appartenenza) laddove abbiano provveduto all'esborso.

I due principi di diritto
La corte di Cassazione ritorna sull'argomento e con la sentenza 11294 del 12 giugno 2020 (giudice relatore, Di Florio Antonella) enuncia due principi di diritto riguardanti rispettivamente:
-gli aspetti soggettivi - si intende cosi rispondere alle seguenti domande: contro chi svolgere l'azione? Chi sono i soggetti legittimati passivamente? il gestore dell'impianto o il proprietario?
-gli aspetti oggettivi – nello specifico, come si articola l'onere della prova, per dimostrare il mancato funzionamento di un'opera o un servizio pubblico? Si applica il principio di diritto vivente della distribuzione dell'onere della prova alla luce del criterio della “vicinanza della prova”?

La legittimazione concorrente
La pretesa restitutoria è riferita ad un contratto di somministrazione stipulato fra gli utenti e l'ente a cui è stato affidato il servizio integrato idrico; le fatture - o meglio le bollette - prodotte attestano come sia la stessa azienda ad esigere il pagamento del corrispettivo per la prestazione erogata, in forza di un rapporto contrattuale corrente “inter partes”. A ciò consegue che risulta sbagliato escludere la legittimazione passiva concorrente della Regione, alla quale appartiene l'impianto di depurazione.

Anzi, la concorrente responsabilità della Regione si giustifica, ai sensi dell'articolo 2043 Codice civile, nella forma - non sconosciuta al nostro ordinamento, né alla giurisprudenza di questa corte - della «cooperazione del terzo nell'inadempimento» (per un'applicazione recente, sebbene con riferimento a diversa fattispecie, Cassazione 20251/2016).

Ritenuto ciò, i giudici di legittimità pronunciano il seguente principio di diritto: «in presenza di una temporanea inattività del servizio di depurazione acque, la condotta del proprietario dell'impianto, nonché gestore del servizio di depurazione, integra un concorso nell'inadempimento ascrivibile, nei confronti degli utenti, al soggetto che abbia concluso con gli stessi il contratto di utenza, sicché il medesimo, convenuto in giudizio per la restituzione della quota del corrispettivo del servizio dovuta a titolo di depurazione acque, ha diritto ad agire in via di regresso nei confronti del predetto proprietario dell'impianto e gestore del servizio».

Il principio di vicinanza della prova (salva l'utente)
I giudici di legittimità per rispondere al quesito rivolto sul punto prendono le mosse dal seguente assunto, secondo il quale «chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga l'azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l'onere di provare l'inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta» (Cassazione 7501/2012; Cassazione 1557/1998).

In questi termini, l'onere di provare l'avvenuta progettazione per la riattivazione del servizio di depurazione - presupposto della quota delle bollette ex 8sexies Dl 208/2008 - ricade a carico della parte che la invoca e cioè, nel caso di specie, nei confronti dell'ente gestore e di quello proprietario dell'impianto preposto a svolgere il servizio di depurazione.

A ciò, infine, viene aggiunto che:
-la procedimentalizzazione delle condizioni che rendono esigibile la prestazione (ex Dm 30 settembre 2009), prevedono una serie di passaggi ( in particolare, quelli individuati negli articoli 6 e 7 del decreto che affidano alla dimostrazione dell'Autorità d'ambito anche l'individuazione degli importi e degli aventi diritto sulla base di accertamenti relativi al funzionamento del servizio) che si traducono in una posizione di assoluto vantaggio del gestore rispetto alla disponibilità delle prove, soprattutto documentali, idonea a configurare la situazione sulla quale si fonda, in termini di inversione del relativo onere, il principio di “vicinanza” ( Cassazione 20110/2013; Cassazione 21927/2017);
-tutte le attività materiali necessarie per dotare il credito delle caratteristiche di certezza, liquidità ed esigibilità, gravano sull'assunto titolare dello stesso e non su colui il quale, al suo cospetto, ne risulterebbe debitore.

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