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Efficienza energetica: a che punto siamo?

di Virginio Trivella Coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Rete Irene

I dati pubblicati da ENEA nel nuovo Rapporto Annuale sull'Efficienza Energetica sottolineano la convenienza dell'approccio Energy first, ma mettono anche in guardia sull'impegno che sarà richiesto nei prossimi anni. L'importanza di una policy di incentivazione forte e coerente. La centralità di misure che consentano di indurre cambiamenti comportamentali.
“Semplificazione” è la parola chiave che ha caratterizzato il 2017, anno in cui il nostro Paese ha messo in campo provvedimenti e strumenti strutturali per superare una serie di barriere che rendevano molto complessa l'attuazione delle politiche nazionali per l'Efficienza Energetica.
Primo fra tutti, la Strategia Energetica Nazionale (SEN) ha delineato per il settore edilizio, ritenuto il più critico anche a livello europeo, un percorso a lungo termine di riqualificazione del parco edifici, l'ottimizzazione delle detrazioni fiscali e l'utilizzo del Fondo Nazionale per l'efficienza energetica, meccanismo quest'ultimo pensato per ridurre le incertezze negli investimenti e stimolare i finanziamenti bancari.»
Con queste parole il presidente di ENEA Federico Testa ha introdotto la versione 2018 del Rapporto Annuale sull'Efficienza Energetica, l'appuntamento periodico che, insieme al Rapporto Annuale sulle Detrazioni del 65%, fa il punto sullo stato d'avanzamento del processo di riduzione dei consumi di energia in Italia e sull'efficacia delle policy messe in atto per accelerare la transizione energetica del Paese.
Gli ultimi dati aggregati risalgono al 2016 e, dopo la preoccupante inversione di tendenza registrata nel 2015, mostrano che anche nel settore civile i consumi di energia in Italia hanno ripreso un debolissimo percorso di decrescita. Il settore continua a detenere il primato dei consumi nazionali (39%), con il residenziale al 26% (in calo dell'1% rispetto al 2015) e il non residenziale comprensivo della Pubblica Amministrazione al 13% (in crescita dello 0,3%).
Rispetto all'obiettivo al 2020 fissato dal PAEE 2014, pari a 15 Mtep/anno di riduzioni di consumi di energia finale, nel periodo 2011-2017 risultano conseguiti risparmi pari al 52% (mediamente 1,3 Mtep/anno). Il restante 48% dovrebbe essere realizzato negli ultimi tre anni con risparmi annui medi di 2,5 Mtep/anno, e la complessità del compito ha indotto Davide Crippa, nuovo Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico intervenuto al convegno di presentazione del Rapporto, ad affermare che “c'è da fare uno sforzo molto considerevole, e su questo c'è da impegnarsi veramente tanto”.
Più nel dettaglio, risulta che il settore residenziale nel 2017 ha già quasi raggiunto l'obiettivo di risparmio di 3,67 Mtep/anno. Tutti gli altri settori invece sono molto più indietro: l'industria è al 49% dell'obiettivo al 2020, i trasporti al 31%, il terziario (che è incluso nel macrosettore civile) al 17,5%. È intuitivo che il successo nel residenziale sia dovuto alla fissazione di un obiettivo di risparmio molto basso rispetto al suo potenziale oltre che al successo di politiche di incentivazione, sebbene - come ripetiamo da anni - esse siano state per lungo tempo molto lontane da criteri di ottimalità. Ma questo consente di sostenere che si possa fare molto di più, anche in previsione di progressi più lenti in altri settori.
È bene infatti evidenziare che i risultati conseguiti beneficiano ancora solo marginalmente delle fondamentali novità vigenti dal 1° gennaio 2017 (con l'introduzione dell'ecobonus per i condomini), e per nulla del nuovo e dirompente meccanismo di cessione dei crediti fiscali che comincia solo ora ad attivarsi. Inoltre, nel 2017 il sistema dei certificati bianchi è andato in crisi, dimezzando i risparmi ottenuti rispetto all'anno precedente.
Sembra quindi evidente che puntare su una più ampia diffusione degli interventi di deep renovation degli edifici attraverso l'applicazione estensiva delle detrazioni fiscali sia oggi un mezzo irrinunciabile per conseguire gli obiettivi complessivi al 2020 e per traguardare quelli ben più impegnativi fissati qualche giorno fa dagli organi dell'Unione Europea per il 2030, che dovranno essere recepiti nel Piano Energia e Clima in predisposizione entro la fine dell'anno.
Di questo sembrano essere consapevoli i responsabili della strategia energetica nazionale: confrontando le tabelle dei risparmi obbligatori da conseguire entro il 2020 ai sensi della Direttiva Efficienza Energetica pubblicate nel 2017 e nel 2018, si osserva che quelli attesi dai certificati bianchi sono stati ridimensionati di oltre il 20%, mentre quelli dovuti alle detrazioni fiscali sono più che raddoppiati. Le previsioni relative al Conto Termico, che erano state fissate a un irrealistico 23% dei risparmi globali attesi, sono state quasi annullate, mentre sono stati aggiunti i risparmi previsti dall'attuazione del Piano Impresa 4.0 (che in assenza di strumentazione specifica rischia di rimanere uno slogan) e del Fondo nazionale per l'efficienza energetica.
A proposito di quest'ultimo, il 6 marzo 2018 è finalmente entrato in vigore, con quattro anni e mezzo di ritardo, il decreto attuativo previsto dal D.Lgs. 102/2014, ma nella realtà il Fondo non è operativo perché le regole applicative non sono ancora state definite. Allo stesso modo, non si ha alcuna notizia del decreto istitutivo di una sezione specifica del Fondo finalizzata al rilascio delle garanzie su operazioni di finanziamento degli interventi assistiti dall'ecobonus, previsto dall'ultima legge di bilancio e che avrebbe dovuto essere emanato entro il mese di marzo 2018. Quello delle garanzie è un tema fondamentale per la diffusione degli interventi di riqualificazione degli edifici popolari, che spesso sono quelli che presentano le caratteristiche energetiche peggiori. La mancanza di tempestività nell'emanazione dei decreti attuativi ha un gravissimo impatto sull'efficacia dei provvedimenti, così come lo ha avuto il ritardo nella definizione delle regole della cessione dei crediti fiscali, che ha fatto perdere quasi due anni durante i quali si sarebbe potuto fare molto di più di quanto è stato registrato dal Rapporto. Su questo aspetto la politica e i vari organi amministrativi dello Stato (Ragioneria Generale inclusa) dovrebbero fare una seria riflessione critica e impegnarsi in un deciso cambio di passo.
Una conclusione interessante rinvenibile nel Rapporto ha a che fare con l'analisi del costo-efficacia dei meccanismi di incentivazione, che evidenzia per quelli orientati all'efficienza energetica valori migliori rispetto a quelli relativi alle rinnovabili, a conferma della correttezza dell'impostazione Efficiency first che la politica energetica dovrebbe sempre privilegiare.
Sempre in tema di costo-efficacia, è interessante l'analisi condotta sui vari tipi di interventi che mostra, ancora una volta, la convenienza economica a intervenire sul miglioramento degli involucri edilizi prima che sull'efficacia degli impianti. Dati analoghi sono stati recentemente pubblicati anche dall'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano: le differenze sono dovute a diverse modalità di computo, ma i rapporti tra i costi dei vari tipi di intervento sono sostanzialmente gli stessi.
Tornando alle parole del presidente di ENEA, il “percorso a lungo termine di riqualificazione del parco edifici, l'ottimizzazione delle detrazioni fiscali e l'utilizzo del Fondo Nazionale per l'efficienza energetica” dovrebbero essere posti saldamente tra le priorità del nuovo Governo. Il percorso a lungo termine deve essere proseguito senza esitazioni e ripensamenti, e non deve essere messo a rischio dalle dichiarazioni forse un po' superficiali di chi mette in discussione l'utilità delle agevolazioni o il percorso di eliminazione e riallocazione dei sussidi ambientalmente dannosi. Degno di nota è il commento pronunciato dall'ex Viceministro all'Economia Enrico Morando (che è stato completamente travisato nelle sintesi pubblicate da alcuni organi di stampa), che mai come in questa occasione è stato così netto nell'affermare che queste misure di spesa fiscale hanno un moltiplicatore sul piano economico molto elevato, sufficiente a rendere sostenibile una loro applicazione estremamente diffusa.
Tra le ottimizzazioni del sistema di incentivazione che potrebbero essere implementate senza difficoltà vi potrebbero essere l'uniformazione del trattamento fiscale (compresa la facoltà di cessione) per tutti gli interventi realizzati nell'ambito di un unico progetto di riqualificazione, al fine di semplificarne i processi di finanziamento; l'agevolazione preferenziale degli interventi il più possibile integrati ed efficienti, soprattutto in ambito condominiale; la revisione dei requisiti minimi di efficientamento energetico per l'eliminazione di alcuni aspetti che limitano fortemente la fattibilità di molti progetti; l'eliminazione di alcuni limiti soggettivi alla fruizione degli incentivi, come quelli che riguardano gli edifici di proprietà dei soggetti IRES, del terzo settore e delle amministrazioni pubbliche.
Dell'utilità del fondo di garanzia a favore del finanziamento degli investimenti in efficienza energetica si è già detto, trattandosi di un tassello essenziale per lo sviluppo delle operazioni nel segmento dell'edilizia popolare, come anche è stato sottolineato dal Sottosegretario Crippa.
Oltre a presentare un dettagliato aggiornamento dei dati consuntivi e delle linee di tendenza, il Rapporto ha il merito di aver iniziato l'approfondimento di alcuni aspetti non presenti nelle versioni precedenti e di grande valenza per l'effettivo dispiegamento su grande scala delle attività di efficientamento energetico degli edifici.
In particolare, è interessante l'analisi delle barriere non economiche e il tentativo di individuare modalità e strumenti per accrescere la consapevolezza del pubblico, indurre cambiamenti comportamentali e fornire informazioni necessarie ad agire, attuando una strategia comunicativa puntualmente mirata a superare gli ostacoli che assai spesso mortificano l'impegno a favore dell'efficienza energetica. Oltre all'attività meritoriamente condotta da ENEA, andrebbe forse maggiormente sottolineato il maggiore impegno che dovrebbe essere assunto dalle amministrazioni locali nella promozione degli interventi e nel monitoraggio e controllo delle attività che sono realizzate nei territori di propria competenza.
Il rapporto si chiude con una serie di suggerimenti che non possiamo far altro che sottoscrivere, auspicando che il nuovo Governo non disperda l'esperienza avviata negli ultimi anni e si impegni a perfezionarla, affidando un ruolo di primo piano alla politica di stimolo dell'attività edilizia, in stretta connessione con quelle rivolte alla tutela dell'ambiente e della salute, alla sicurezza energetica, allo sviluppo dell'occupazione e al contrasto del depauperamento della ricchezza delle famiglie.

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