Lavori & Tecnologie

Energia, spalma-incentivi legittimo

di Germana Cassar

È tornato all’attenzione della Corte costituzionale il cosiddetto «spalma incentivi» nel settore dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici. Lo «spalma incentivi» ha imposto la rimodulazione (in senso riduttivo) degli incentivi concordati con il Gestore dei servizi elettrici spa (Gse) dai titolari di impianti con potenza superiore ai 200 kW. Nonostante i diversi casi oggetto di 27 ordinanze di rimessione del Tar Roma, la Corte, con l’ordinanza n. 138/2017, non ha ritenuto di discostarsi dalla sentenza 16/2017, ribadendo l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 26, commi 2 e 3 del Dl 91/2014 (legge 11 6/2014).

Secondo la Corte le questioni di legittimità sarebbero state del tutto identiche a quelle già dichiarate non fondate con la sentenza 16 del 2017: non c’è una disomogeneità di posizioni o l’irragionevolezza dello «spalma incentivi» anche rispetto ad alcuni impianti che, pur essendo entrati in esercizio nella vigenza del Quarto conto energia, hanno ottenuto - a causa del cambio normativo imprevisto - le tariffe del Quinto conto energia con una inaspettata decurtazione del 50% della tariffa rispetto a quella vigente al momento dell’entrata in esercizio. La Corte non ha neppure accolto l’eccezione di incostituzionalità con riferimento a impianti di titolarità di aziende straniere cinesi protetti dagli accordi bilaterali di protezione degli investimenti stipulati tra lo Stato Italiano con Hong Kong e la Repubblica Popolare Cinese. E ciò perché per costante giurisprudenza «l’oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato alle norme e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione, non potendo essere prese in considerazione, oltre i limiti in queste fissati, ulteriori questioni o censure di costituzionalità dedotte dalle parti, sia che siano eccepite ma non fatte proprie dal giudice a quo».

Nel panorama internazionale c’è però una sentenza di segno nettamente opposto. La Spagna è stata infatti condannata nell’ambito di un arbitrato internazionale sulla base del trattato della Carta dell’energia a risarcire due investitori stranieri danni per 128 milioni di euro per aver adottato una normativa di riduzione del livello di incentivazione assegnato in violazione del diritto dell’investitore ad avere un trattamento giusto ed equo e a non vedersi pregiudicare i propri investimenti con misure ingiustificate e discriminatorie (lodo arbitrale 4 maggio 2017, caso Ciadi No. ARB/13/36).

In questo caso, il collegio arbitrale ha ritenuto irrilevante che la Corte costituzionale spagnola, con la decisione del 17 dicembre 2015, avesse confermato la costituzionalità della norma in contestazione (Rdl 9/2013) ritenendo che la conformità di una norma alla normativa di riferimento non escluda la violazione degli obblighi assunti dallo Stato con la ratifica del Trattato della Carta dell’Energia. Si tratta di un precedente che apre nuovi scenari nel contenzioso pendente. Nel contesto attuale italiano gli investitori stranieri i cui Stati sono parte del trattato della Carta dell’energia dovranno rinunciare al contenzioso nazionale pendente davanti al Tar ed azionare l’arbitrato avvalendosi delle procedure Icsid. Per gli operatori nazionali si apre invece il ricorso alla Cedu ma solo dopo aver esaurito in Italia tutti i gradi di giudizio.

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