Lavori & Tecnologie

Sui contabilizzatori il Senato non è in contrasto con la Direttiva 27/2012

di Giuseppe Mazzei

Non c'è alcun contrasto tra la Direttiva sull'efficienza energetica ( 27/2012) e il parere espresso dalla Commissione Industria del Senato, che raccomanda al Governo di utilizzare una metodologia molto semplice per suddividere le spese condominiali per il riscaldamento mettendo da parte il metodo farraginoso e inutilmente costoso previsto dalla UNI 10200.
Il Senato ha evidenziato l'esigenza di tener conto degli aspetti sociali del condominio, ridando, in definitiva, ogni potere all'assemblea, come è giusto che sia.
Una quota fissa più alta tiene conto del fatto che il condominio deve ripartire con equità le spese. Soprattutto in case vecchie poco coibentate, non è socialmente giusto addebitare praticamente tutte le dispersioni verticali a singoli appartamenti che sono sfavorevolmente ubicati dal punto di vista del consumo di energia.
Un esempio: il condòmino che ha un appartamento sito all' ultimo piano esposto a nord con tetto non coibentato paga per ciò stesso come “quota consumo” molto di più rispetto ad un altro situato in posizione più favorevole. Una quota fissa, ipotizziamo il 50%, compensa meglio queste dispersioni. La UNI 10200 non permette di adeguare i costi fissi alle singole situazioni dei condomini. Ripartendo i costi fissi secondo i fabbisogni delle singole unità, la UNI 10200 non solo aumenta lo squilibrio appena indicato, ma ostacola il risparmio energetico.
In pratica, in assemblea sarà molto improbabile che la maggioranza dei condòmini accetti di affrontare una spesa per coibentare il tetto o mettere il “cappotto” sulle mura esterne, perchè gli unici che ne beneficerebbero sono gli utenti ubicati in modo sfavorevole. Quindi, la maggioranza dei condòmini non avrà mai alcun interesse a sostenere dei costi di coibentazione al fine del risparmio energetico perchè non avrebbe nessun vantaggio economico diretto.
Il fine del D.Lgs 102 è l'interesse nazionale di risparmiare energia e tutelare l'ambiente. E l'unico modo per ottenere questo risultato è quello di responsabilizzare l'utente finale per una gestione intelligente del riscaldamento (e consumo d'acqua) facendogli pagare di più se consuma di più.
Ma è dimostrato che la motivazione al risparmio rimane inalterata anche se si ripartiscono i costi secondo i consumi al 50%, visto che comunque la quota dove si può intervenire per risparmiare è alta. Ovviamente, in case di costruzione più recente o che siano state energeticamente ristrutturate la quota consumo può alzarsi al 70%, visto che le dispersioni tra un appartamento all'altro e verso l'esterno sono minime.
Quindi, una quota fissa più alta-come indicato dal Senato- semplicemente rispetta l'aspetto sociale della “comproprietà”, ma lascia inalterata l'incentivazione alla gestione intelligente del riscaldamento.
La proposta del Senato ridà potere decisionale all'assemblea condominiale, mettendo però dei limiti giusti entro i quali si deve muovere. Questo permette all'assemblea di decidere la ripartizione dei costi più equa per quel specifico condominio, contribuendo così al raggiungimento dell'obbiettivo del risparmio energetico.
Peraltro, la ripartizione dei costi prevista nella proposta del Senato può essere attuata facilmente senza dover ricorrere alle spese necessarie per demandare a professionisti specializzati il compito di eseguire i calcoli complicati previsti dalla UNI 10200. Si pensi anche alle centinaia di migliaia di case con 2-3-4 appartamenti che già ripartiscono i costi secondo i consumi in modo semplice e soddisfacente per tutti e che- se l'indicazione del Senato non venisse accolta- dovrebbero affrontare spese per gestire calcoli farraginosi.
In poche parole: quanto previsto dalla proposta del Senato va proprio nella direzione giusta: incentiva fortemente il singolo al risparmio energetico, lega i costi per il riscaldamento e per l'acqua calda sanitaria ai consumi individuali, ma rispetta l'aspetto sociale di un condominio. Poi, entro limiti prefissati, ridà giustamente l'autorità decisionale all'assemblea.

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