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GUIDE - Le spese di riscaldamento in condominio alla luce dell’evoluzione normativa

Tanto è cambiato ma resta principio cardine quello dei consumi effettivi ai fini dell'individuazione del criterio di ripartizione

di Davide Longhi

Questo testo prende spunto dal Dlgs 14 luglio 2020, numero 73 (Attuazione della direttiva Ue 2018/2002) pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 14 luglio (Serie generale numero 175 del 14 luglio 2020) ed entrato in vigore il 29 luglio 2020 che ha modificato la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica. Quest'ultimo ha avuto il merito di introdurre nel nostro ordinamento giuridico la cosiddetta norma UNI 10200. La novità più rilevante introdotta dall'articolo 9 Dlgs 73/2020 è l'eliminazione di ogni riferimento alla norma UNI 10200. In questo articolo cercheremo di ripercorre l'evoluzione normativa in merito alla ripartizione della spesa del riscaldamento in ambito condominiale.

All'origine della ripartizione della spesa di riscaldamento
In passato, ossia prima dell'entrata in vigore del Dlgs 102/14 e, ancor prima, della legge numero 10/91, la ripartizione dei costi di riscaldamento ed acqua calda sanitaria erano regolati dal Codice civile (articolo 1123 comma 2 Codice civile). Le spese dovevano essere ripartite tra i vari condomini in misura proporzionale al valore che la loro proprietà esclusiva aveva rispetto alle parti comuni. Per questo motivo si identificavano vari ed alternativi criteri di ripartizione della spesa.

Il servizio riscaldamento è dato dal calore erogato dall'impianto nell'unità immobiliare di ciascun condomino e nella maggior parte dei casi, i vecchi millesimi di riscaldamento erano calcolati in funzione del volume complessivo dell'alloggio da riscaldare, oppure in maniera proporzionale alla superficie radiante dei termosifoni installati nell'alloggio il tutto per rispondere all'articolo 1123 comma 2 Codice civile. Di norma era il regolamento di condominio che preveda una specifica regolamentazione della ripartizione della spesa, ed in assenza di questa si procedeva alla riparazione in base ai millesimi di proprietà ai sensi dell'articolo 1123 comma 1 Codice civile.

Le prime disposizioni comunitarie
La Direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia ritiene che la fatturazione, per gli occupanti degli edifici, dei costi relativi al riscaldamento, al condizionamento dell'aria e all'acqua calda, sia calcolata in proporzione al reale consumo e che questo potrebbe contribuire ad un risparmio energetico nel settore residenziale. Gli occupanti dovrebbero essere messi in condizione di regolare il proprio consumo di calore ed acqua calda, in quanto tali misure siano economicamente proficue. La direttiva è stata recepita a livello nazionale con il Dlgs 192\2005, in vigore dall'8 ottobre 2005, che disciplina anche gli accertamenti, le ispezioni, le manutenzioni e l'esercizio degli impianti di climatizzazione.

La normativa nazionale - a sua volta - delega alle Regioni la disciplina attuativa, con un passaggio che prende il nome di clausola di cedevolezza. Il carattere cedevole viene riconosciuto tanto alle norme legislative che a quelle regolamentari fugando ogni dubbio circa la possibilità per le Regioni di esercitare la loro potestà regolamentare su materie di competenza regionale già regolate da regolamenti statali qualificati come “cedevoli”.

L'introduzione della legge 10/91
In questo contesto normativo le cose iniziarono a cambiare con l'avvento e l'introduzione della legge 10 del 1991 (norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), che annunciava, con largo anticipo, il conseguente criterio di ripartizione in base ai “consumi effettivi” della singola unità immobiliare. La suddetta norma ha come finalità quella del «contenimento dei consumi energetici per limitare le emissioni inquinanti».

La Direttiva Save (Direttiva 93/76/Cee del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 settembre 1993) introdusse l'obbligo della contabilizzazione individuale dei consumi, da applicarsi entro il 1994. L'obbligo della contabilizzazione del calore esiste già da molti anni, ma non esistendo multe/sanzioni/controlli, all'epoca, solo pochi edifici intrapresero l'investimento economico. L'articolo 26 della suddetta legge così dispone «per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l'assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del Codice civile».

L'elemento di novità introdotto dal legislatore è stato quello di indicare il principio senza dettare, però, lo strumento per individuare/calcolare i consumi effettivi. In questo periodo storico in ambito condominiale si continuava ad applicare per la ripartizione della spesa i criteri previsti dal regolamento di condominio o in alternativa previsti dal Codice civile.

La legislazione della Regione Lombardia
In forza all'articolo 17 del Dlgs 192\2005 (la cosiddetta clausola di cedevolezza) si è stabilito che «le norme del presente decreto e dei decreti ministeriali applicativi nelle materie di legislazione concorrente si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma».

Anche il Dpr 2 aprile 2009, numero 59 (Regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, numero 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia) fa salva la potestà normativa regionale. Sulla base di questo impianto normativo giunge e viene promulgata la deliberazione della giunta della Regione Lombardia 30 novembre 2011 numero IX\2601 «Disposizioni per l'esercizio, il controllo, la manutenzione e l'ispezione degli impianti termici nel territorio regionale».

Le novità più rilevanti concernono l'obbligatorietà scaglionata della termoregolazione e contabilizzazione del calore, che in Lombardia vengono introdotte in tre tempi, scadenzati annualmente a partire dal 1° agosto 2012 sino al completamento del 1° dicembre 2014. All'articolo 10.2) viene specificato che «per la corretta suddivisione delle spese inerenti alla climatizzazione invernale e all'uso di acqua calda sanitaria, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell'impianto, secondo percentuali concordate. La quota da suddividere in base ai millesimi di proprietà non potrà superare comunque il limite massimo del 50%. È fatta salva la possibilità, per le prime due stagioni termiche successive all'installazione dei suddetti sistemi, che la suddivisione possa avvenire ancora in base solo ai millesimi di proprietà».

Si precisa che, la collocazione del divieto di oltrepassare il 50% nella normativa regionale comporta certamente qualche problema applicativo, giacché non si potrà dimenticare che le Regioni non possono promulgare leggi che incidano sui rapporti fra privati, come ben specificato da Corte Costituzionale 14 novembre 2008 (08 ottobre 2008), numero 369 per la quale nelle materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente, la regolamentazione statale, in forza dell'articolo 117, secondo comma, lettera l) Costituzione, pone un limite diretto ad evitare che la norma regionale incida su un principio dell'ordinamento civile.

La Corte ha altresì precisato che l'esigenza di garantire l'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che, nell'ambito dell'ordinamento civile, disciplinano i rapporti giuridici fra privati deve ritenersi una esplicazione del principio costituzionale di eguaglianza (da ultimo sentenze numeri 189, 95 e 24 del 2007).In questo periodo storico in ambito condominiale si è iniziato a ripartire la spese con i criteri di ripartizione come ad esempio: 70% – 30% oppure 80% e 20% dove la quota maggiore era rappresentata dal consumo volontario e l'altra era la quota fissa (consumo involontario) quest'ultima divisa per millesimi di proprietà, come voluto ed introdotto dalla norma regionale. Nei condomini venivano installati i contabilizzatori ed alcuni condomini per avere un maggior risparmio economico chiudevano i contabilizzatori (appartamenti non abitati) con le proteste dei condomini vicini che per riscaldarsi dovevano invece aver un maggior consumo proprio per la presenza di un vicino che aveva scelto di non riscaldare.

La norma UNI 10200 prima della pubblicazione del Dlgs 104/2014
In questo periodo storico la ripartizione della spesa tra quota fissa e variabile così come introdotta dalla Regione Lombardia non era nuova in quanto la norma UNI 10200 (facoltativa) prevede la ripartizione fra: quota consumo che è il corrispettivo del calore consumato per il riscaldamento e l'acqua calda sanitaria e quota potenza che è la quota di spesa dovuta per potenza termica impegnata, ovvero la quota parte della somma di tutti gli oneri sostenuti per rendere disponibile il servizio, indipendentemente dai consumi (compresi gli oneri per la lettura e la ripartizione). Quindi lo scopo della regione Lombardia che impone di non superare il 50% nella scelta della parte di spesa da ripartire per millesimi sta ad indicare che il legislatore regionale ha voluto abbandonare l'attribuzione della spesa con criteri predeterminati e senza attinenza al consumo effettivo a favore di criteri premianti della continenza.

Il fine del risparmio energetico si raggiunge con lo strumento della misurazione del consumo individuale e l'attribuzione a ciascuno di una spesa direttamente proporzionale al consumo effettivo della sua unità abitativa. L'aspetto critico della delibera regionale e della norma UNI 10200, in questo periodo storico, è relativo alla circostanza che le stesse non sono vincolanti nell'identificare la soglia del 50% come insuperabile, perché provengono da una fonte non idonea e non legittimata a disciplinare la suddivisione delle spese condominiali e/o ad imporre quota fissa e/o divieti, mentre la fonte legislativa idonea è rappresentata dalla normativa nazionale. Quindi si è affermato che le stesse sono espressioni autorevoli nell'indicare il criterio di ripartizione ispirato al principio dell'effettivo consumo, e quindi sono state un criterio di riferimento che ha consentito all'assemblea di agganciare le sue decisioni discrezionali a parametri oggettivi.

La giurisprudenza sulla normativa regionale della Lombardia
La giurisprudenza della Cassazione è arrivata dopo anni a pronunciarsi sulla normativa regionale, un po' in ritardo rispetto all'applicazione pratica della norma, e lo ha fatto con la sentenza Cassazione 4 ottobre 2019 numero 28282 relativa ad un processo di primo grado risolto con ordinanza Tribunale di Milano del 6 maggio 2013 e successiva sentenza della Corte di appello di Milano del 4 dicembre 2014 che aveva ad oggetto proprio la normativa regionale. Infatti, la vertenza giudiziale riguardava la legittimità o meno della ripartizione della spesa di riscaldamento dell'impianto centralizzato solo per il 50% in base al consumo effettivamente conteggiato e per il restante 50% in base alla tabella millesimale, senza applicare il principio dell'effettivo consumo.

La sentenza della Corte ha affermato che: «Tanto meno potrà incidere sui criteri di ripartizione degli oneri di riscaldamento una delibera della giunta regionale, come, nella specie, la delibera della giunta regionale della Lombardia numero IX/2601 del 30 novembre 2011, che al punto 10.2., invece, contemplava le modalità della «corretta suddivisione delle spese inerenti alla climatizzazione invernale e all'uso di acqua calda sanitaria, se prodotta in modo centralizzato» e stabiliva altresì la quota massima da suddividere in base ai millesimi di proprietà (50%), ferma la distinzione tra prelievi volontari di energia termica utile e costi generali per la manutenzione dell'impianto, lasciando peraltro salva la facoltà, per le prime due stagioni termiche successive all'installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore, di ripartire le spese ancora in base soltanto ai millesimi di proprietà».

« Tale delibera va qualificata formalmente e sostanzialmente come atto amministrativo, anche alla luce delle funzioni spettanti alla giunta ed al Consiglio regionale in forza della legge 30 agosto 2008, numero 1, articoli 28 e 32, contenente lo Statuto d'autonomia della Lombardia. Né assume ex se valore cogente la norma UNI 10200, pur richiamata dalla delibera di Giunta regionale, trattandosi di specifiche tecniche a base unicamente volontaria, ed imponendosi comunque, nel regime condominiale, l'approvazione unanime di tutti i condomini di criteri di ripartizione delle spese derogatori a quelli stabiliti dalla legge».

L'interpretazione giurisprudenziale della Corte ha parimenti precisato che le spese del riscaldamento centralizzato possono essere validamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite solo ove manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna di esse, che ne consentano il riparto in proporzione all'uso (Cassazione 22573/ 2016; Cassazione 19651/2017; Cassazione 6128/2017; ma si veda già Cassazione 9263/ 1998). Il principio di diritto espresso è il seguente: «le spese del riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri operata, sebbene in parte, alla stregua dei valori millesimali delle singole unità immobiliari, né possono a tal fine rilevare i diversi criteri di riparto dettati da una delibera di giunta regionale, che pur richiami specifiche tecniche a base volontaria, in quanto atto amministrativo comunque inidoneo ad incidere sul rapporto civilistico tra condomini e condominio». In sintesi, la Corte suprema ha spazzato via l'impianto normativo regionale quale fonte normativa di ripartizione della spesa del riscaldamento.

Il Dlgs 104/2014 e l'introduzione della norma UNI10200 quale cogente
Successivamente in Italia, per la termoregolazione e contabilizzazione individuale, è stata recepita la direttiva 2012/27/UE articolo 9 (anticipata per il settore residenziale dalla Direttiva 2010/31/UE «EPBD recast»), in forza del decreto legislativo 102 del 4 luglio 2014 che ha introdotto la norma UNI 10200 quale norma per la determinazione del criterio di ripartizione della spesa. Con questo provvedimento normativo la norma UNI10200 diventa cogente cioè obbligatoria e non rimane più una norma tecnica facoltativa.

Si è affermato che l'interesse sotteso al recepimento della normativa comunicatoria (ispirata al principio del risparmio energetico anche a tutela dell'ambiente) fosse stato un interesse sovranazionale con la conseguenza che la materia è stata sottratta alla disponibilità dei privati/condomini. La disciplina introdotta ha rivestito una finalità pubblicistica ed ha assunto valore di norma imperativa vincolante inderogabile, in quanto posta a tutela di un interesse generale e non meramente privatistico e, pertanto, non può essere derogato né da una delibera assembleare né da una norma di natura contrattuale del regolamento di condominio. Pertanto, tutti i regolamenti contrattuali che dispongono diversamente erano, sul punto, contrari a legge.L'articolo 9) del decreto così recitava: «… l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti… ».

La disciplina della norma UNI10200
La norma stabiliva le modalità di ripartizione richiamando a parametro vincolante la Norma UNI 10200, che come sopra detto da norma tecnica ad adesione volontaria, assurgeva a norma cogente di diritto positivo. La Norma UNI 10200 scorpora il consumo energetico in tre componenti:
a)consumo volontario per riscaldare la singola unità immobiliare che corrisponde ai prelievi individuali volontari (quota variabile)
b)il consumo per riscaldare i locali ad uso collettivo (se dotati di caloriferi), come scale ed androne ed infine il consumo involontario (quota fissa)
c)il consumo involontario imputabile alla dispersione dal sistema di distribuzione per inefficienza dell'impianto, a carico di tutti i condomini a prescindere dal consumo individuale (quota fissa).

In base alla norma UNI10200 deve essere il tecnico a determinare annualmente la quota percentuale da attribuire ai prelievi involontari (attestante tra il 20% e 25% del calore utile totale prodotto dal generatore) e non già l'assemblea di condominio. Occorre far sempre la distinzione tra contabilizzazione diretta: che prevede l'installazione di contatori di calore o contacalorie che misurano per ogni unità immobiliare l'energia volontariamente prelevata e che misurano direttamente i kWh di energia consumati consumo volontario; e contabilizzazione indiretta che prevede invece l'installazione di un ripartitore di calore su ogni corpo scaldante (ad esempio su ogni radiatore).

Il ripartitore non misura direttamente l'energia come farebbe un contatore, ma rileva dei dati che poi, confrontati con i dati complessivi del condominio, consentiranno di ripartire tra i vari radiatori il totale dell'energia termica. In entrambi i casi, il consumo involontario si suddivide a millesimi di fabbisogno di energia termica utile. In ambito condominiale la spesa per il consumo volontario viene ripartita tra i condomini in base ai prelievi individuali rilevati dal contatore o dal ripartitore (contabilizzazione diretta o indiretta) ; mentre la spesa del consumo per riscaldare i locali ad uso collettivo va ripartita in base ai millesimi di proprietà e, infine, la spesa per il consumo involontario va ripartita in base ai millesimi di fabbisogno di energia termica di ogni unità immobiliare.

Si precisa che i millesimi di fabbisogno devono essere utilizzati anche per la ripartizione delle spese gestionali. La novità è stata rappresentata dai millesimi di fabbisogno energetico mentre nella realtà condominiale di norma si era dotati di tabelle millesimali di riscaldamento svincolati dal paramento energetico e/o di fabbisogno. Il condominio, quindi, ha dato incarico ad un tecnico specialista che, previa redazione del progetto e della diagnosi energetica, redigeva la cosiddetta tabella UNI10200 che era una nuova tabella gestionale di ripartizione della spesa del riscaldamento con l'abbandono dei vecchi criteri di ripartizione non più conformi a legge.

La nuova tabella millesimale non aveva applicazione diretta in condominio, ma doveva essere approvata in assemblea, così come per tutte le tabelle gestionali, con la maggioranza dell'articolo 1136 comma 2 Codice civile. L'eventuale delibera condominiale che approvava criteri di ripartizione diversi e/o non conformi alla normativa UNI10200 era colpita da nullità. La caratteristica di questa norma (articolo 9 del Dlgs 102/2014 che richiamava come modalità di ripartizione spese energetiche la Norma UNI 10200) è che non ha lasciato spazio decisionale al condomino né in ordine alle modalità di ripartizione ed ai millesimi utilizzabili né in ordine alla quota da attribuire ai consumi volontari, essendo tutto rimesso alla stima del tecnico basata proprio sulla norma tecnica.

Giurisprudenza e dottrina sulla norma UNI10200
Il Tribunale di Milano sezione XIII, sentenza del 22 ottobre 2018, numero 10703 ha statuito che: «nell'esercizio della delega legislativa per l'attuazione della direttiva del Parlamento europeo 2012/27/UE, il Governo ha emanato il Dlgs 102/2014, che ha imposto la contabilizzazione e termoregolazione del calore nei condominii con impianto di riscaldamento centralizzato e la ripartizione delle spese a consumo, la disciplina introdotta dal Dlgs 102/2014 riveste una finalità pubblicistica ed assurge quindi a norma imperativa vincolante inderogabile, in quanto posta a tutela di un interesse generale e non meramente privatistico. Di conseguenza il nuovo criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento ha carattere imperativo e, pertanto, non può essere derogato né da una delibera assembleare né da una norma di natura contrattuale del regolamento di condominio. Pertanto, tutti i regolamenti contrattuali che dispongono diversamente sono, sul punto, contrari a legge».

Tribunale di Verbania, sentenza 52 del 10 febbraio 2017: «In tema di spese per il riscaldamento centralizzato condominiale è nulla la delibera che modifica il criterio legale di ripartizione delle spese come stabilito dalla legge laddove il decreto legislativo 102/14 ha come dichiarata finalità incentivare la razionalizzazione dei consumi e la riduzione degli sprechi con conseguente contenimento dei consumi energetici, laddove emerge che la percentuale dei costi di riscaldamento attribuita a consumi involontari (e quindi sostanzialmente alla dispersione di calore), pari al 30 per cento, sia stata determinata a priori, in assenza di qualsiasi accertamento e quindi di una perizia affidata a un tecnico specialista».

Sul punto autorevole dottrina (Antonio Scarpa, «Ripartizione delle spese di riscaldamento: una nuova grundnorm inderogabile e non negoziabile?», in Quotidianogiuridico.it, 6 dicembre 2018) ha sostenuto che la prescrizione della norma non doveva connotarsi come norma imperativa ed inderogabile nei rapporti tra privati; dovendosi lasciare i condomini liberi di regolare mediante convenzione all'unanimità (mille millesimi) il contenuto dei loro diritti di proprietà e quindi, anche con una disposizione regolamentare di natura contrattuale, conformemente alle previsioni di cui all'articolo 1123 Codice civile primo comma, si poteva derogare ai criteri previsti dalla norma UNI10200.

La criticità della norma UNI10200 ed il tentativo di superarla
L'aspetto particolare della norma è stato quello di non consentire l'utilizzo di criteri correttivi per le unità particolarmente svantaggiate in punto di fabbisogno energetico (come per quelli posti all'ultimo piano e/o esposti a Nord) che con l'applicazione della nuova norma hanno visto aumentare notevolmente il costo per il riscaldamento vedendosi attribuire millesimi elevati e sproporzionati rispetto alle altre unità ed ai consumi individuali. Per contrastare tali criticità è stato approvato il Dlgs 141/2016 (modificativo dell'articolo 9 del Dlgs 102/2014) che ha inserito la facoltà e non l'obbligo di derogare ai criteri di ripartizione delle spese di cui alla norma UNI 10200 (ultima versione 2018) ove la stessa norma non fosse applicabile: a) dal punto di vista tecnico e/o economico per il costo troppo sproporzionato rispetto al benefico; b) laddove fossero comprovate, tramite apposita relazione tecnica “asseverata”, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50%.

In ambito condominiale una volta approvata ed applicata la norma UNI10200 (unico criterio legale ed inderogabile di ripartizione della spesa) si poteva derogarvi per effetto della modifica normativa di cui sopra. Quindi si doveva dare incarico ad un tecnico specialista che, una volta verificati i requisiti di derogabilità, attestava con perizia asseverata la possibilità di deroga stante i nuovi requisiti di legge. A questo punto il condominio poteva deliberare, con la maggioranza degli intervenuti che rappresentavano almeno la metà del valore dell'edificio come prevede l’ articolo 1136 comma 2 Codice civile, la deroga ai criteri di ripartizione delle spese di cui alla norma UNI 10200, e, attribuendo comunque una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica, e ripartire gli importi rimanenti, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate, ovvero anche con i vecchi millesimi di riscaldamento o di proprietà così come indicati dalla stessa normativa.

In questo periodo il condominio era rappresentato da una forte conflittualità perché si contrapponevano due gruppi di condomini: da una parte quelli che avevano interesse all'applicazione della norma UNI10200 dalla cui applicazione vedevano una riduzione della propria spesa, e dall'altra parte quelli che con l'applicazione della norma UNI 10200 hanno invece visto aumentare i propri costi e quindi erano favorevoli alla deroga.

La nuova disposizione normativa del luglio 2020
Il Dlgs 14 luglio 2020, numero 73 che ha modificato la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica ha introdotto la novità consistente nell'eliminazione di ogni riferimento alla norma UNI 10200 nel testo normativo. Si riporta il testo dell'articolo 9 punto 5 lettera d) e seguenti del Dlgs 102/2014 novellato dal Dlgs 73/2020:«Per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle medesime: quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica».

« In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.Inoltre, è stato previsto che al fine di informare gli utenti riguardo alla ripartizione delle spese per i prelievi di energia termica volontari e involontari di cui al comma 5, lettera d), con particolare riferimento ai casi in cui siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento (fattispecie questa che consentiva prima la deroga all'applicazione della norma UNI) l'Enea, entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente disposizione, sottopone al Ministero dello sviluppo economico, una guida che indichi le ripartizioni delle spese suggerite in relazione ai fattori quali, a titolo non esaustivo, la zona climatica, le prestazioni energetiche dell'edificio o l'anno di costruzione. Anche la nuova norma fa espressa distinzione tra prelievi volontari e prelievi involontari».

La sorte della norma UNI10200
Essendo stato eliminato nel nuovo testo normativo qualsiasi riferimento alla norma tecnica UNI 10200 ogni condominio può scegliere in piena autonomia quale metodo di ripartizione adottare e quale quota attribuire ai consumi involontari sebbene nel limite massimo del 50% della spesa, per salvaguardare il principio generale della ripartizione in ragione dei consumi individuali. Quindi la norma UNI10200 (ultima versione 2018) non è più obbligatoria, ma resta pur sempre il criterio tecnicamente più corretto e ineccepibile per la ripartizione delle spese energetiche. Le norme UNI esprimono la metodologia migliore per fare bene le cose.

Come deve comportassi l'amministratore di condominio
La nuova norma (nuovo testo articolo 9 comma 5 lettera d - Dlgs 102/2014) indica che : «le disposizioni di cui alla presente lettera sono facoltative nei condomini o gli edifici polifunzionali ove alla data di entrata in vigore della presente disposizione si sia già provveduto all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma e si sia già provveduto alla relativa suddivisione delle spese». L'amministratore deve fare attenzione a questa disposizione normativa che non deve legittimare errate interpretazioni e quindi questa norma non può essere interpretata nel senso che qualsiasi criterio di ripartizione utilizzato prima dell'entrata in vigore della nuova legge è in ogni caso considerato legittimo anche se in contrasto con il principio dell'effettivo consumo. La norma non sana situazione applicate nei condomini e non conformi ai principi normativi.

Pertanto, una delibera condominiale che ha adottato un criterio che prevede un coefficiente correttivo o che prevede quote di prelievi involontari diversi da quelli previsti dalla legge o che ha applicato criteri determinati da disposizioni regionali risulta allo stato attuale illegittima (nulla) e non può considerarsi sanata e/o sanabile. L'interpretazione corretta è quella che porta ad affermare che se un condominio alla data di entrata in vigore della nuova disposizione normativa si era già conformato alla norma UNI10200 lo stesso risulta in regola e potrà continuare ad applicare la normativa UNI10200 senza essere obbligato e fare ulteriori modiche/calcoli.

L'elemento di novità sta' nel fatto che a seguito della nuova norma il condominio (anche se già dotato della norma UNI10200) potrà scegliere un diverso criterio, ad esempio ripartendo la quota dell'involontario con i millesimi di proprietà o di riscaldamento o le potenze installate piuttosto che con i millesimi di fabbisogno energetico. Occorre però fare molta attenzione perché per passare ad un nuovo criterio l'assemblea non è pertanto libera di determinare forfettariamente una data percentuale in quanto, così facendo, potrebbe individuare e scegliere una ripartizione non conforme al consumo effettivo che rimane il principio inderogabile (introdotto dalla legge numero 10/1991 e richiamato dal Dlgs 102/2014). Una deliberazione assunta in contratto con il detto principio è colpita da nullità.

In ambito condominiale per passare dalla norma UNI10200 al nuovo criterio si dovrà dare incarico ad un tecnico che dovrà in ogni caso (dovendo applicare il principio dell'effettivo consumo) calcolare attentamente e con precisione l'effettivo prelievo volontario di energia termica cioè la quantità dei kWh. Al tempo della vigenza della norma UNI10200 il tecnico era obbligato a fare riferimento alla stessa mentre oggi non lo è più, ma in ogni caso il tecnico resta, anche oggi, obbligato ad effettuare i calcoli tali da consentire di determinare, con la massima precisione possibile, quanti kWh vengono prelevati da ciascun corpo scaldante. Il tecnico con molta probabilità continuerà a far riferimento alla norma UNI10200 (oggi di applicazione volontaria), ma potrà anche discostarsene purché venga garantito il calcolo esatto dei prelievi volontari di energia termica ed i conseguenti prelievi involontari, con il limite del 50% riferito ai primi e dovrà garantire/attestare che nel calcolo effettivo non sono stati introdotti coefficienti correttivi che tengono in considerazione le dispersioni e non i prelievi volontari.

Il tecnico potrà essere considerato responsabile qualora abbia indotto e/o consigliato al condominio di adottare una delibera non conforme a legge (esempio: coefficienti correttivi o percentuali forfettarie di dispersione per consumi involontari diverse da quelle effettive).Se oggi un condominio non fosse dotato di un criterio legale di ripartizione della spesa di riscaldamento lo stesso sarebbe un condominio “fuori legge” e dovrebbe regolarizzarsi scegliendo di applicare la norma UNI10200 oppure il criterio della nuova disposizione normativa, senza essere più obbligato ad applicare la UNI10200.

L'approvazione: successivamente si dovrà deliberare l'abbandono della norma UNI10200 per il passaggio al nuovo criterio di ripartizione, la nuova norma non disciplina la questione del quorum per assumere la relativa delibera, anche qui si consiglia di applicare il quorum di cui all'articolo 1136 comma 2 Codice civile (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio). Con la nuova disposizione normativa l'assemblea di condominio ha una scelta discrezionale nella scelta della tabella millesimale con la quale ripartire le spese diverse degli effettivi prelievi volontari di energia termica.

Le spese diverse sono: consumi involontari, la manutenzione ordinaria, una parte dell'energia elettrica necessaria per generare il calore e portarlo fino al punto di distacco, il terzo responsabile così come ogni altra spesa necessaria per la generazione e distribuzione del calore diversa dalla manutenzione straordinaria.In conclusione: ancora oggi a seguito della nuova modifica legislativa, il principio, che si applica ai fini dell'individuazione del criterio di ripartizione della spesa del riscaldamento è quello dei consumi effettivi così come originariamente introdotto nel nostro ordinamento dalla legge numero 10/91.