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Gli incendi in condominio: cause, norme e codicilli a complicare l'attuazione delle disposizioni antincendio

Non tutti i palazzi sono obbligati al Certificato di prevezione, ma l’amministratore è tenuto alla sorveglianza e tutela dei beni comuni

di Marco Vacca, Presidente di XFire srl

Dopo più di vent'anni di esperienza nel mondo dell'antincendio, sono in grado di classificare le principali cause di incendio nelle abitazioni. Nel 40% dei casi si tratta di scintille e surriscaldamento di conduttori e motori elettrici, il 10% dipende da fumatori distratti e nell'altra metà dei casi le cause non vengono accertate. Sono convinto che sensibilizzare le persone a comportamenti virtuosi e gestire la manutenzione degli impianti in maniera periodica, siano le chiavi per applicare una vera strategia di prevenzione incendi che metta la sicurezza al primo posto.

La documentazione richiesta
Esistono tuttavia norme e classificazioni che talvolta possono non essere di facile comprensione. Ad esempio, in linea generale, è obbligatorio in condominio il Cpi (Certificato prevenzione incendi), che attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Tale certificato, rilasciato dai vigili del fuoco, indica gli eventuali limiti e divieti da rispettare nonché gli impianti e le dotazioni antincendio che devono essere presenti nelle parti comuni, come, ad esempio, estintori, pompe e porte tagliafuoco, sistemi di rivelazione, luci di emergenza ed allarmi.

Esistono poi, all'interno dei condomìni, attività private, come negozi o autorimesse ad esempio, che impongono ai proprietari direttamente il rispetto della normativa antincendio, al di là della responsabilità dell’amministratore, per la prevenzione incendi nelle parti comuni.I recenti fatti di cronaca ricordano che il Cpi va rinnovato anche e soprattutto quando l'edificio subisce delle modifiche, vengono modificate lavorazioni o strutture, i locali vengono destinati ad un altro uso, ci sono variazioni nel tipo e nella quantità di sostanze pericolose depositate nell'edificio, oppure quando cambiano le condizioni di sicurezza dell'edificio, anche se c'è già stato un accertamento da parte dei vigili del fuoco. Altri dubbi vengono poi generati dalla classificazione di rischio incendio in base all'altezza del condominio.

L’altezza dello stabile
Occorre qui ricordare che per “altezza antincendi” non si intende l'altezza dell'edificio. La definizione, originata dal decreto ministeriale 30 novembre 1983, è: «Altezza massima misurata dal livello inferiore dell'apertura più alta dell'ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso». Altra postilla che spesso richiede un sopralluogo e un parere tecnico. Molti degli incidenti dovuti alla propagazione di un incendio, riguardano purtroppo i condomìni non soggetti all'obbligo di Cpi: forse la non obbligatorietà rende meno sensibili gli amministratori? Ricordiamo invece che resta un loro compito attuare la sorveglianza, la manutenzione e il controllo delle attrezzature e degli impianti di protezione incendio attraverso fornitori qualificati e certificati. Lo scopo è quello di rimuovere qualsiasi rischio di non funzionamento degli impianti e dei presidi antincendio, in caso di necessità.

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