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Piscina, per realizzarla serve il permesso di costruire

La SCIA non basta: la piscina non è qualificabile come pertinenza perché trasforma permanentemente il sito

di Roberto Rizzo


Una piscina, oltre a costituire una permanente modificazione del suolo, ha un rilievo autonomo tale da escludere la relazione di accessorietà rispetto al manufatto inteso come principale. Pertanto, per la sua realizzazione è necessario il permesso di costruire.
Lo ha stabilito il TAR Campania, Sezione di Napoli, con la sentenza n. 527 del 26 gennaio 2021.
Secondo i giudici amministrativi, la piscina è una struttura edilizia che trasforma permanentemente il sito di relativa ubicazione mediante il previo sbancamento, e, poi, la costruzione della vasca. Pertanto, non è qualificabile come pertinenza; al contrario, è una nuova costruzione che necessita, appunto, del permesso di costruire.

Il caso
La vicenda riguardava un'ordinanza di demolizione adottata dal Comune per un "manufatto in muratura e vetri occupante una superficie di mq 65,00; una piscina interrata di mq 12,50; un piano seminterrato di mq 170 circa costituito in parte da locale deposito e parte da locale composto da cucina, ambiente letto e w.c.".
La destinataria dell'ordinanza ricorre al TAR, contestando al Comune, tra l'altro, di non aver considerato la natura pertinenziale dell'opera che, a suo dire, avrebbe potuto essere assertita con SCIA e che, pertanto, non avrebbe dovuto essere sanzionata con la demolizione.
Ma il tribunale amministrativo nessuna di tali opere, compresa la piscina, è qualificabile come pertinenza.
I giudici ricordano che la nozione di "pertinenza urbanistica" è diversa e meno ampia di quella definita dall'articolo 817 del codice civile e, dunque, non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato come principale.
Il carattere pertinenziale in senso urbanistico va riconosciuto alle opere che, per loro natura, risultino funzionalmente ed esclusivamente inserite al servizio di un manufatto principale, siano prive di autonomo valore di mercato e non siano valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile), in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono (Cons. Stato, sentenza n.3127/2010).
In tal senso, la giurisprudenza ha chiarito che finanche gli interventi di installazione di tettoie o di altre strutture analoghe, quali i gazebo, possono ritenersi sottratti al permesso di costruire "soltanto se la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell'immobile cui accedono".
Nel caso di specie, le opere realizzate sono ben più consistenti rispetto a mere tettorie e non possono essere ritenute, in senso urbanistico, assorbite nel manufatto principale o qualificate come meramente accessorie.
Con specifico riferimento alla piscina, il Tribunale rileva che essa, oltre a costituire una permanente modificazione del suolo, ha un rilievo autonomo tale da escludere la relazione di accessorietà rispetto al manufatto inteso come principale (TAR Napoli, sentenza n. 3874/2020; sentenza n. 42/2020; Cass. pen., sentenza n. 1913/2018).

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