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Così si applicano le distanze tra pareti finestrate

di Donato Palombella


Ancora una volta si torna a parlare di liti tra vicini. Questa volta la scintilla che da fuoco alle polveri è il mancato rispetto delle distanze tra pareti finestrate. Come al solito la soluzione non è semplice come potrebbe apparire a prima vista. Sappiamo bene che l'articolo 9 del Dm 1444/1968 impone una distanza di 10 metri tra pareti finestrate, ma il problema è un altro. Si tratta di stabilire se tale distanza trovi applicazione solo quando entrambe le pareti che si fronteggiano siano finestrate ovvero è sufficiente che una sola delle pareti sia dotata di finestre. Per rendersi conto di quanto la questione sia complessa occorre tener presente che la Cassazione ribalta la sentenza del Tribunale e della Corte d'appello.

Il caso in esame
Il vicino si lamenta perché il dirimpettaio, nel realizzare delle opere qualificate come "recupero abitativo di sottotetti", aveva realizzato un vero e proprio nuovo piano, dotato di pareti finestrate, sul preesistente fabbricato. Motivo della lagnanza? Le opere sarebbero state realizzate in violazione delle distanze legali. Il danneggiato chiede al Tribunale di ordinare la riduzione in pristino ovvero l'autorizzazione ad eseguire egli stesso i lavori necessari, ovviamente addebitando le relative spese alla controparte. Come da copione, viene avanzata richiesta di risarcimento danni "in re ipsa".

Il CTU rileva una minima violazione
Il CTU nominato dal giudice rileva una violazione delle distanze tra pareti di soli 7 cm e una violazione nelle distanze dal confine di circa 5 cm. Il Tribunale, a questo punto, anziché disporre la demolizione dell'intera sopraelevazione, ordina di ripristinare le distanze legali rastremando il muro della nuova costruzione in modo da ricondurre il fabbricato all'interno dei limiti consentiti.
Respinge sia la domanda di risarcimento danni, non essendo stata fornita la prova del danno subito, sia la domanda di autorizzazione ad eseguire direttamente l'intervento di ripristino.

Le ragioni dell'appello
Non contento del verdetto che lo vede comunque vincitore, il proprietario della preesistenza propone appello. A suo parere, il dirimpettaio avrebbe dovuto rispettare la distanza di 10 metri fra pareti finestrate di edifici antistanti (articolo 9 del Dm 1444/1968). La norma, a suo dire, troverebbe applicazione anche quando, come nel caso in esame, una sola delle pareti era finestrata. Il dirimpettaio, inoltre, avrebbe erroneamente utilizzato la procedura adottata per il recupero dei sottotetti per realizzare una vera e propria sopraelevazione.

La Corte d'appello conferma in verdetto
La Corte territoriale respinge l'appello e conferma integralmente la sentenza di primo grado ritenendo le irregolarità riscontrate del tutto modeste. Quanto alla disciplina da applicare, ritiene che la norma invocata dal ricorrente, ovvero l'articolo 9 del Dm 1444/1968, troverebbe applicazione solo ove le pareti siano entrambe finestrate e non quando, come nel caso in esame, solo una delle due pareti sia finestrata.

Il proprietario non si arrende
La decisione non convince il proprietario della preesistenza che ricorre in Cassazione denunciando la violazione delle norme in materia di distanze (articoli 873 e 907 cod. civ. nonché articolo 9 del Dm 1444/1968). Si ricorda, in proposito, che il codice civile impone una distanza non inferiore a tre metri mentre il decreto prevede una distanza di 10 metri tra pareti finestrate. Al riguardo, secondo il cosiddetto "principio di prevenzione", chi costruisce per primo deve mantenere la distanza di almeno 5 metri dal confine per permettere al vicino che intenda costruire successivamente, di allontanarsi anch'esso di soli 5 metri.

Il parere della Cassazione
La Sezione II civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15178 del 22 febbraio 2019, resa pubblica mediante deposito in cancelleria solo il successivo 4 giugno, ribalta l'esito del giudizio. La Cassazione, in primo luogo, rifacendosi ai propri precedenti, sottolinea che l'articolo 9 del Dm 1444/1968 in materia di distanze tra costruzioni trova applicazione anche solo quando una delle due pareti che si fronteggiano sia finestrata. In proposito, è indifferente se la parete finestrata sia quella preesistente ovvero quella di nuova realizzazione. Precisa, inoltre, che la distanza deve essere rispettata per tutta la lunghezza della facciata e, quindi, anche per i tratti di parete che siano prive di finestre (Cass., sentenza 20 giugno 2011, n. 13547 e sentenza 28 agosto 1991, n. 9207).
Sulla base di questo principio, la Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado ed ha rimesso la causa ad altra Corte d'appello per la decisione finale, chiamata a decidere anche in materia di spese del giudizio.

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