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Per la Consulta tutele contro la Scia da semplificare

di Guido Inzaghi

Le norme per impugnare la Scia edilizia sono costituzionali, ma secondo la Corte è bene che il legislatore semplifichi la tutela del terzo. Con la sentenza 45 del 13 marzo scorso la Consulta pone fine ai dubbi sollevati dai Tar (si veda Il Sole 24 Ore del 18 febbraio) e consente di fare il punto sulle differenti tutele riconosciute ai terzi per contestare il permesso di costruire e i titoli autocertificati (Scia e Cila).

Il permesso di costruire è un provvedimento amministrativo impugnabile direttamente al Tar, nel termine di 60 giorni dalla conoscenza del titolo o della consistenza dell’intervento (120 giorni se si agisce con ricorso al Presidente della Repubblica).

La Scia è invece un atto del privato non impugnabile direttamente, per il quale il terzo può solo chiedere all’amministrazione di verificare la legittimità dell’intervento.

Di fatto, nel decidere di quale titolo edilizio avvalersi tra i due (dato che moltissimi interventi edilizi possono essere eseguiti alternativamente con il permesso di costruire o con la Scia), l’operatore stesso decide anche tempi e margini di contestazione di cui gode il terzo.

Per questo, il Tar Toscana, che nel 2017 aveva chiamato la Corte costituzionale a dirimere i dubbi di costituzionalità, aveva rilevato non solo la violazione della Costituzione, ma anche della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (Cedu) per le diverse tutele consentite dall’ordinamento contro la Scia rispetto al permesso di costruire.

È stato inoltre rilevato che la disparità di trattamento tra permesso e Scia consista anche nel fatto che il primo - provvedimento impugnabile direttamente - è esposto solo per 60 giorni alla piena reazione del terzo che agisce al Tar, mentre nella Scia - non direttamente impugnabile - le tutele del terzo sono di fatto minori ma paradossalmente più protratte nel tempo.

Le norme stabiliscono infatti che c’è pieno potere di verifica dell’amministrazione nei primi 30 giorni dal ricevimento della Scia; dopo di che tali poteri sono molto più discrezionali e si riducono ancor più (ma non si annullano) se sono già trascorsi 18 mesi.

Dopo i 18 mesi, infatti, la Scia può essere annullata dall’amministrazione solo se il privato ha presentato false rappresentazioni di fatti o dichiarazioni false o mendaci, ma solo se accertate con una sentenza passata in giudicato.

Va comunque detto che i casi di annullamento spontaneo dei titoli edilizi da parte dell’amministrazione sono i medesimi sia per il permesso di costruire che per la Scia.

La Corte costituzionale ha ritenuto che contro la Scia il terzo abbia adeguati mezzi di contestazione e che quindi non vi siano profili di incostituzionalità, dato che egli può:

sollecitare il Comune a emettere un divieto di proseguire i lavori o l’ordine di ripristino dell’immobile nei tempi previsti dalle norme sulla Scia;

attivare i poteri di verifica dell’amministrazione in caso di dichiarazioni false o mendaci;

sollecitare i poteri di vigilanza e repressivi spettanti all’amministrazione;

agire per il risarcimento (o per il ripristino) non solo nei confronti del privato, ma anche nei confronti della pubblica amministrazione, in caso di mancato esercizio del potere di verifica;

attivare la responsabilità personale del dipendente dell’amministrazione che non abbia agito tempestivamente.

La Corte ha comunque evidenziato che, in un’ottica di piena tutela della posizione giuridica del terzo, potrebbe essere opportuno un intervento del legislatore per rendergli possibile una più immediata conoscenza della Scia.

Questo anche al fine di impedire che i termini assegnati al Comune per intervenire possano decorrere quando già vi sia stata la sollecitazione del terzo, facendo consolidare la Scia proprio a causa del ritardo accumulato dall’amministrazione nell’esercizio del potere di verifica.

Il richiamo finale della Corte al legislatore è rilevante perché tende a rendere sempre più accessibili gli strumenti di tutela di fronte all’amministrazione e alla legge, in modo che le norme non rimangano prive di reale efficacia nella vita quotidiana dei cittadini.

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