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Opere «libere» ma i vincoli restano

di Silvia Gnocco e Guido Inzaghi

Dal 22 aprile non ci sono più dubbi: 58 opere minori, dalla tinteggiatura delle pareti al climatizzatore, sono realizzabili senza particolari richieste o autorizzazioni. Gli interventi in edilizia libera sono indicati nel decreto Infrastrutture del 2 marzo scorso (in vigore, appunto, dal 22 aprile) che approva il glossario con l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie in regime di attività edilizia libera.

Il decreto è subito applicabile, senza atti di recepimento regionali o locali. Ma solo in linea di principio vale per tutti gli immobili. La tabella allegata al decreto contiene le 58 opere edili realizzabili senza titolo, ma anche una precisazione: in apertura dell’allegato, viene ricordato quanto già specificato nell’articolo 6 del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001): queste opere possono eseguirsi senza titolo abilitativo, purché risultino rispettate le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e tutte le normative di settore che incidono sulla disciplina dell’attività edilizia. L’elenco è molto lungo. Si tratta, in particolare di: norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico nonché  delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004).

È una puntualizzazione fondamentale. In un Paese, quale l’Italia, in cui la consistenza del patrimonio culturale e paesaggistico (per parlare di uno soltanto dei vincoli menzionati) raggiunge poco meno della metà del territorio nazionale , la regola – ovvero l’edilizia libera – è quasi l’eccezione. Per fare un esempio, l’installazione di una banale inferriata antintrusione, che pure costituisce un intervento di edilizia libera elencato nel glossario, non può avvenire su immobili di interesse storico-architettonico nei centri storici senza l’ autorizzazione paesaggistica (si vedano altri esempi cliccando qui ).

Nel glossario le varie opere di edilizia libera sono individuate combinando, da un lato, l’attività (ad esempio, “riparazione, sostituzione, rinnovamento”) e, dall’altro, l’elemento che ne forma l’oggetto (ad esempio “rivestimento interno e esterno”).

Inoltre, la tabella riporta due ulteriori ordini di indicazioni, ovvero la tipologia di intervento (tra i dieci in regime di edilizia libera indicati nell’articolo 6, comma 1 del Testo unico per l’edilizia) cui ciascuna opera edile enumerata deve ricondursi, nonché il corrispondente regime giuridico  (come specificato nella tabella A allegata al Dlgs 222/2016 ).

Di fatto, il decreto 2 marzo 2018 non ha comportato la “liberalizzazione” di attività prima sottoposte ad un qualche regime autorizzatorio. Con questo atto non si è innovata la regolamentazione dei 58 interventi edilizi: si tratta, infatti, di attività che già prima non necessitavano di alcun titolo, ma che il legislatore nazionale ha voluto precisare, nel quadro di una complessiva opera (in più fasi) di esemplificazione pratica dei casi da ricollegarsi a ciascuna regime abilitativo. Questa infatti è la prima tranche di attuazione dell’articolo 1, comma 2 del Dlgs 222/2016 (il cosiddetto decreto Scia2) che, per garantire omogeneità di regime giuridico in tutto il territorio nazionale, aveva previsto entro sessanta giorni (termine ampiamente decorso) un glossario unico con l’elenco delle principali opere edilizie e del regime giuridico cui sono sottoposte. Sono previsti ulteriori decreti con gli interventi realizzabili mediante gli altri regimi autorizzativi.

Il tentativo di orientare la prassi, fornendo, attraverso un’estesa casistica, indirizzi interpretativi univoci per tutto il territorio nazionale, utili sia al privato sia alla Pubblica amministrazione, è certamente lodevole.

Ma occorre capire se i mezzi adottati siano adeguati allo scopo. La compilazione di una lunga lista di esempi nel tentativo di “imbrigliare” l’infinità di casi che la realtà propone pare sconfessare gli obiettivi di semplificazione e omogeneità dichiarati. Anche perché  la lista stessa patisce imprecisati limiti derivanti dalla regolamentazione edilizia e urbanistica locale nonché da intere normative di settore spesso tecnicamente complesse e giuridicamente confuse.

In altre parole, questi elenchi – del resto, non esaustivi – non valgono a risolvere il problema alla radice. Tanto più che i rinvii ad altre discipline (come l’antisismica o la prevenzione incendi) riportano il fruitore finale – il cittadino – al punto di partenza, inducendolo ad optare, nell’incertezza del caso “non elencato” o “di lettura incerta”, se non per il titolo espresso, quantomeno per il regime dell’autocertificazione.

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