Lavori & Tecnologie

L’intonaco «armato» supera (in laboratorio) il test del sisma magnitudo 9

di Mila Fiordalisi

Il rinforzo strutturale degli edifici in chiave antisismica passa anche attraverso i materiali di nuova generazione. Iperperformanti e a basso costo, utilizzabili senza ricorrere a interventi invasivi, le soluzioni a cui stanno lavorando alcuni fra i principali laboratori di ricerca mondiale si propongono nei progetti di riqualificazione di edifici esistenti.
Per l'Italia la partita vale molto considerato che la questione della messa in sicurezza degli edifici nelle aree più a rischio è diventata stringente anche a seguito degli eventi sismici che a partire dal terremoto dell'Aquila del 2009 hanno colpito il Paese con danni ingenti. Numerosi i laboratori di ricerca impegnati nella messa a punto di soluzioni all'avanguardia. E alcune sono di fatto già pronte all'uso come nel caso dell'intonaco armato figlio del progetto portato avanti dall'Università Roma Tre e dall'Enea - nell'ambito dell'iniziativa “Cobra” finanziata dalla Regione Lazio - col supporto di Fibre Net.
Nei giorni scorsi è stato effettuato con successo un test presso il Centro di ricerche Enea di Casaccia su una struttura a U composta da tre pareti in malta e tufo, aperture asimmetriche e tetto in travi di legno. Pareti che novembre 2017 erano danneggiate in un test che riproduceva l'intensità dei terremoti di Nocera Umbra (1997), L'Aquila (2009), dell'Emilia Romagna (2012) e Norcia (2016). Nell'ultimo test due pareti sono state riparate e rinforzate con intonaco armato con rete in fibra di vetro, un sistema di rinforzo strutturale - spiega l'Enea - poco invasivo, a basso costo e realizzabile senza la necessità di evacuare le abitazioni. «Le pareti rinforzate hanno resistito a sismi amplificati al 220% di intensità, quindi oltre il doppio rispetto ai terremoti più violenti del 2016 - spiega Gerardo De Canio, responsabile del Laboratorio “Tecnologie per l'Innovazione Sostenibile” dell'Enea. «La parete non rinforzata ha riportato invece forti lesioni già a intensità 120%, quindi in concomitanza delle accelerazioni al suolo del sisma di due anni fa. Questa parete è stata poi riparata applicando una barra d'acciaio, la cosiddetta “catena”, in modo da consentire alla struttura di raggiungere lo “stato limite ultimo”, cioè il valore estremo della capacità portante, a dimostrazione dell'efficacia dell'intervento».
Il materiale composito messo in campo è applicabile direttamente sulla superficie esterna degli edifici quando si effettuano i rifacimenti degli intonaci dei palazzi. «I materiali compositi - sottolinea Gianmarco De Felice, dell'Università degli studi Roma Tre e coordinatore del progetto - sono già in uso nei settori aeronautico e automobilistico, ma non in quello edilizio, per questo auspichiamo che questi risultati siano pionieri dell'innovazione anche in questo settore così importante». Un materiale altrettanto resistente - nel caso specifico un calcestruzzo antisismico ed ecosostenibile (è a base di fibre di polimeri e il cemento è stato sostituito al 70% con ceneri volanti) - è stato messo a punto i ricercatori dell'università canadese della Columbia Britannica, che si preparano a testarlo per la prima volta nell'ambito di un intervento antisismico in una scuola elementare di Vancouver. Anche in questo caso il materiale può essere utilizzato sulle superfici esterne degli edifici e le sue performance in termini di resistenza sono simili - assicurano i ricercatori d'oltreoceano - a quelli dell'acciaio con il plus della malleabilità e quindi della facilità d'uso.
«Abbiamo spruzzato uno strato di Edcc (questo il nome del materiale, ndr) di 10 millimetri sufficiente a rinforzare la maggior parte delle pareti interne contro gli urti sismici – spiegano i ricercatori -. Le pareti sono state testate riproducendo il sisma di magnitudo 9.0 che ha colpito nel 2011 la regione giapponese di Tohoku e che ha poi causato il disastro di Fukushima. E sono rimaste intatte».

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