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Per far valere i vizi dell'immobile occorre prima la perizia

di Donato Palombella


Il termine annuale previsto, a pena di decadenza, per la denuncia dei gravi vizi e difetti dell'opera, decorre dal giorno in cui l'acquirente abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza della gravità dei difetti stessi e della loro imputabilità all'imperfetta esecuzione delle opere. Tale conoscenza deve essere acquisita, eventualmente tramite una consulenza tecnica, prima di intraprendere l'azione giudiziaria. Il problema, come sempre, contrappone l'interesse dell'acquirente ad ottenere il risarcimento dei danni subiti, a quello del costruttore, interessato a fare un punto fermo sulle proprie eventuali responsabilità non potendo rispondere all'infinito per l'opera eseguita.

Il caso
La Corte d'appello condanna il costruttore al pagamento, in favore dell'acquirente, di circa 33mila euro quale risarcimento dei danni per i gravi vizi e difetti dell'opera. Secondo il giudice d'appello, il termine di un anno previsto dall'articolo 1669 codice civile per la denuncia delle opere, decorre dal giorno in cui l'acquirente consegue un'apprezzabile grado di conoscenza sulla gravità dei difetti e della loro derivazione dall'imperfetta esecuzione dell'opera. Tale conoscenza, secondo la Corte d'appello, si raggiunge col deposito in giudizio della relazione del consulente tecnico nominato dal giudice. Il costruttore non si arrende e il caso viene sottoposto alla Cassazione chiamata a decidere sulla decorrenza del termine per la denuncia dei vizi.

Decorrenza del termine
La sezione seconda civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24486, depositata il 17 ottobre 2017, sottolinea che la proposizione di una citazione per il risarcimento dei danni non può non implicare una conoscenza ormai avvenuta, in capo all'attore-acquirente, dei vizi lamentati. L'iter logico seguito dai giudici è chiaro: la citazione può essere proposta solo se l'acquirente è a conoscenza dei vizi per cui, se occorre una relazione tecnica, l'interessato deve procurarsela prima di agire in giudizio. Diversamente le aule dei tribunali sarebbero affollate con azioni infondate, esplorative e temerarie.

Respinto il giudizio d'appello
Sbaglia la Corte d'appello nel ritenere che l'acquirente possa raggiunge la conoscenza dei vizi e difetti solo a seguito della consulenza tecnica d'ufficio effettuata in corso di causa e, quindi, dopo che il giudizio sia stato instaurato. La Cassazione accoglie in pieno le ragioni del costruttore che aveva impugnato la decisione d'appello sostenendo che il dies a quo (ovvero il momento da cui parte il computo del termine annuale per la denunzia dei vizi) deve necessariamente decorrere da un momento precedente la citazione; in sostanza, se l'acquirente ha necessità di una relazione tecnica, deve seguire la via dell'accertamento tecnico preventivo prima di proporre il giudizio.

I termini per chiedere il risarcimento
L'articolo 1669 codice civile, pone un duplice sbarramento per cui l'acquirente, a pena di decadenza, deve denunciare i vizi entro un anno dalla loro scoperta e, a pena di prescrizione, deve intraprendere l'azione (ovvero deve proporre la citazione), entro un anno dalla denuncia.
La giurisprudenza ritiene che il termine per denunciare i vizi dell'opera inizi a decorrere dal momento in cui l'acquirente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva sull'esistenza e sulla gravità dei vizi e difetti e dell'esistenza di un nesso causale tra loro e l'impresa per cui i vizi e difetti devono essere imputabili al comportamento (anche omissivo) del costruttore-venditore non essendo sufficienti i semplici sospetti (Cassazione, sentenze 1 febbraio 2008, n. 2460; 29 marzo 2002, n. 4622; 6 luglio 2001, n. 9199; 12 maggio 2000, n. 6092; 7 gennaio 2000, n. 81; 17 dicembre 1999, n. 14218; 15 aprile 1999, n. 3756; 9 marzo 1999, n. 1993; 6 febbraio 1999, n. 1052; 18 novembre 1998, n.11613; 29 maggio 1998, n. 5311). Facciamo un esempio per chiarire la situazione: l'acquirente non può lamentarsi per l'umidità nell'appartamento, ma deve dimostrare che il fenomeno è imputabile alla cattiva esecuzione delle opere da parte del costruttore in quanto potrebbe darsi, per ipotesi, che il vicino abbia dimenticato il rubinetto aperto.

I vizi devono essere imputabili al costruttore-venditore
In sostanza, la garanzia può essere fatta valere solo nel caso in cui l'acquirente abbia conseguito un quadro sufficientemente chiaro della situazione e sia in grado di capire che i vizi sono addebitabili al costruttore. Così, per esempio, la Cassazione (Sezione III civile, sentenza 8 maggio 2014, n. 9966) ha stabilito che «[…] in tema di garanzia per gravi difetti dell'opera ai sensi dell'articolo 1669 codice civile, il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle generiche a carattere esplorativo» (Cassazione civile, Sezione II, sentenze 23 gennaio 2008, n. 1463; 12 maggio 2000, n. 6092; 5 aprile 1990, n. 2805; 29 maggio 1988, n. 2311).

Quando l'acquirente conosce i vizi?
A questo punto sorge un problema: quando l'acquirente è in grado di conoscere che i vizi derivano da un fatto addebitabile al costruttore-venditore? Secondo la giurisprudenza, occorre una relazione peritale (Cassazione civile, Sezione II, sentenza 31 gennaio 2011, n. 2169;Sezione I, sentenza 1 febbraio 2008, n. 2460; sentenze 13 gennaio 2005, n. 567; 1 agosto 2003, n. 11740; 14 novembre 2002, n. 16008 e 20 marzo 1998, n. 2977). La Cassazione, con la sentenza in esame, chiarisce che la relazione peritale deve essere acquisita dall'acquirente prima di intraprendere il giudizio. Se così non fosse, si avrebbero due conseguenze aberranti. In primo luogo, verrebbero proposte delle azioni giudiziarie senza né capo né coda. Inoltre, l'acquirente sarebbe portato a "fare il furbo" aggirando i termini di decadenza per la proposizione dell'azione. La tecnica è ormai nota: l'acquirente sostiene di non aver contezza dei vizi, cita in giudizio il costruttore chiedendo un accertamento tecnico all'esito del quale scatta l'azione di risarcimento in barba ai termini di decadenza imposti dall'articolo 1669 codice civile.

Vietate le azioni generiche
La seconda Sezione civile della Cassazione (9 settembre 2013, n. 20644), è intervenuta mettendo un punto fermo su questo malvezzo chiarendo che «l'identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la ′scoperta′ del vizio ai fini del computo dei termini annuali posti dall'articolo 1669 codice civile - il primo di decadenza per effettuare la ′denunzia′ e il secondo, che dalla denunzia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l'azione -, deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi dell'opera quanto al collegamento causale di essi con l'attività progettuale e costruttiva espletata; si che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori da dedursi e provarsi dall'appaltatore, solo all'atto dell'acquisizione di idonei accertamenti tecnici. Ne consegue che, nell'ipotesi di gravi vizi dell'opera la cui entità e le cui cause abbiano reso necessarie indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi da parte del committente possa implicare un'idonea ammissione di valida scoperta degli stessi, tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione e imputazione delle loro cause alla data della denunzia (Cassazione, sentenze 1 agosto 2003, n. 11740; 9 marzo 1999, n. 1993; 18 novembre 1998, n. 11613; 29 maggio 1998, n. 5311; 20 marzo 1998, n. 2977). Ciò non significa ... che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell'entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza».

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