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Permessi edilizi solo con il sì del condominio se sono coinvolte parti comuni

di Selene Pascasi

Per intervenire su parti condominiali, e ottenere il relativo titolo edilizio, occorre un'apposita delibera assembleare, approvata con le maggioranze stabilite dall'articolo 1136 del codice civile. È questo il principio affermato dalla seconda Sezione del Tar Lombardia, con la sentenza del 7 giugno 2017, n. 1273 .
A ricorrere, e portare in causa Comune, ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio, sono i proprietari di due appartamenti dello stesso condominio. Ciò che lamentano, è l'illegittimo rilascio ad una società del permesso di procedere al recupero abitativo del sottotetto e all'installazione di un ascensore a servizio dello stabile.
Le controparti respingono le accuse e sollevano il difetto di giurisdizione.
Ma il Tar non concorda e accoglie la domanda dei proprietari, annullando l'atto impugnato. Intanto, spiega, quando si contesta un titolo edilizio, la giurisdizione amministrativa sussiste anche se i vizi dedotti riguardino l'inosservanza di norme civilistiche, riflettendosi tale irregolarità sulla validità del provvedimento. E allora – per il principio della doppia tutela – la parte potrà agire sia in sede civile (per far valere la violazione del diritto soggettivo) che dinanzi al giudice amministrativo (per denunciare l'invalidità del provvedimento lesivo di un proprio interesse legittimo).
Tanto chiarito, il Tar si pronuncia sul merito del ricorso, ritenendolo fondato. Non bisogna dimenticare, sottolinea, che ai sensi dell'articolo 11 del Dpr 380/2001, il permesso di costruire va rilasciato soltanto in favore del proprietario del bene o di chi dimostri di averne titolo. Di conseguenza, il Comune, prima di autorizzare la società, avrebbe dovuto quanto meno verificare la sussistenza dei requisiti che la legittimavano a presentare la richiesta (Consiglio di Stato, 1990/2012). Non solo. Il vaglio dell'ente locale doveva estendersi anche ad un ulteriore controllo, ossia all'accertamento del rispetto dei limiti privatistici, purché immediatamente conoscibili e incontestati (Consiglio di Stato, 3722/2012). E nella fattispecie, era palese che gli interventi per i quali era stato chiesto il titolo non riguardavano solo le unità poste all'ultimo piano dell'edificio (di proprietà esclusiva di una signora) ma anche alcune parti di proprietà comune dei condòmini. Per ottenere il titolo abilitante la modifica di tali porzioni, allora, occorreva munirsi di un'apposita delibera assembleare approvata con le maggioranze stabilite dall'articolo 1136 del codice civile (Tar Liguria, 528/2015). Soluzione valida, conclude il Tar, anche per interventi sul tetto, normalmente consentiti al proprietario dall'articolo 1227 del codice civile. Ciò che la norma permette, infatti, è solo lo spostamento verso l'alto della copertura esistente, e non la sua trasformazione. Diversamente, se ne impedirebbe l'uso condominiale (Cassazione, 23243/2016). Si spiega così, vista la tipologia delle opere e l'assenza di una delibera autorizzatoria, la decisione di annullare l'atto impugnato.

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