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Il Comune non è obbligato a far demolire il gazebo

di Giuseppe Bordolli

Il Comune, nel ricercare un bilanciamento tra il rispetto della disciplina urbanistica, che non consente l'insediamento stabile di volumi ulteriori, e l'interesse dell'operatore economico a utilizzare nuovi spazi per la clientela, può rinunciare ad ordinare la demolizione del gazebo abusivo nel giardino di un condomino, purché l'opera originaria sia ampiamente modificata nel rispetto di tutte le precise richieste dell'autorità comunale.
È quanto ha precisato il Tar Lombardia - Sez. Brescia nella sentenza n. 452/2017.
Per comprendere tale decisione bisogna considerare che tutte le strutture non precarie, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerate come idonee ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie.
Tale considerazione vale certamente per un gazebo (o un chiosco), se non è deputato ad un uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale (la stagionalità, infatti, non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti).
In ogni caso non possono comunque essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze temporanee quelli diretti a un'utilizzazione perdurante nel tempo, come abitazioni, ambienti di lavoro oppure come depositi, magazzini e simili.
La vicenda esaminata dal Tar Lombardia Sez. Brescia iniziava proprio a seguito dell'abusiva realizzazione in un giardino privato di un gazebo (con funzione di sala esterna) da parte del gestore di un ristorante-pizzeria facente parte di un caseggiato. L'opera suscitava le proteste di un condomino che lamentava, tra l'altro, la presenza di tamponature, la violazione dell'art.907 c.c. (tra la sommità della ringhiera del balcone di sua proprietà e la copertura della struttura vi erano meno di tre metri) e la violazione della servitù di aerazione (in quanto il manufatto interferiva con una bocca di lupo collegata all'autorimessa condominiale).
Successivamente il costruttore riduceva in modo significativo il gazebo, riuscendo così ad ottenere la sanatoria del manufatto.
Tuttavia il condomino si rivolgeva al Tar Lombardia per ottenere l'annullamento del provvedimento ma il ricorso veniva respinto.
I giudici amministrativi, infatti, hanno sottolineato come con il permesso di costruire in sanatoria non si è voluto regolarizzare un abuso edilizio, ma definire le condizioni necessarie ad una parte dell'opera abusiva di rimanere al suo posto, con le necessarie modifiche.
In altre parole per conciliare rispetto della disciplina urbanistica e l'interesse di un operatore economico ad utilizzare il gazebo come ulteriore spazio per la propria attività commerciale, il comune può rilasciare un provvedimento di sanatoria parziale abbinato a un titolo edilizio che trasformi la consistenza della struttura iniziale per renderla conforme ad un'opera edilizia assentibile.
Con questa soluzione, però, il manufatto sanato non è quello abusivamente realizzato (che si trova ancora materialmente al suo posto), ma quello che dovrà sostituirlo, in tutto o in parte, entro breve tempo.
Questa soluzione comporta inevitabilmente un'attività di vigilanza dell'autorità comunale anche successiva al rilascio del provvedimento di sanatoria per verificare l'effettiva realizzazione di un gazebo conforme alla legge (cioè con schermature leggere, tendaggi laterali pesanti solo in casi particolari, parte superiore compatibile con servitù di veduta verticale).

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