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Ritocchi alle norme locali sul recupero dei sottotetti

di Raffaele Lungarella

L’ultima ad aver fatto una «manutenzione» alla disciplina sul recupero dei sottotetti è stata la Lombardia. Martedì scorso, con la legge di semplificazione 2017 (in attesa di pubblicazione sul Bur), il Consiglio ha modificato la legge regionale 12/2005. Con le nuove norme, si ridurranno da cinque a tre gli anni che devono trascorrere dal conseguimento dell’agibilità per poter recuperare i sottotetti anche negli edifici con un titolo abilitativo successivo al 1° dicembre 2005. Inoltre, se la superficie recuperata non supera i 40 mq ed è pertinenza di una prima casa, l’intervento è esente dal contributo commisurato al costo di costruzione e può essere fatto senza reperire parcheggi.

Sempre quest’anno anche l’Abruzzo e il Molise sono intervenute sulle proprie leggi. Nel 2016 lo avevano fatto Basilicata, Liguria, Sicilia e Toscana. Sono 18 le leggi regionali operative (solo la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige non hanno una normativa specifica).

Le soffitte e gli altri locali che si trovano immediatamente sotto la copertura di un immobile non hanno di solito le caratteristiche costruttive e di agibilità richieste dalle normative statali e regionali in fatto di luminosità, areazione e altezze dei locali. Inoltre le loro superfici non sono conteggiate come superfici utili nei progetti originari degli edifici in cui si trovano. Il recupero avviene, quindi, in deroga alle normative sui requisiti costruttivi e alle previsioni dei piani regolatori comunali sulle superfici edificabili.

Le Regioni si sono dotate di proprie leggi per consentire ai Comuni di sforare gli indici di edificabilità stabiliti dagli strumenti di pianificazione urbanistica.

La materia del recupero dei sottotetti non è mai regolamentata in maniera identica, anche nei casi in cui si possono trovare un certo numero di coincidenze. La lettura delle leggi non permette, però, una netta distinzione tra le Regioni più «generose» e quelle più restrittive.

Le nuove unità

Sulla possibilità di ricavare alloggi autonomi il quadro non è uniforme: alcune regioni sono più permissive di altre.

È possibile, per esempio, ricavare un’unità abitativa autonoma nei Comuni dell’Emilia-Romagna, del Lazio, della Liguria, della Lombardia. Altre regioni, come la Toscana e il Friuli-Venezia Giulia, vietano espressamente la possibilità di ricavare da un sottotetto un appartamento con un ingresso autonomo, ma il suo recupero è possibile solo per aumentare la superficie dell’appartamento sottostante o di un altro esistente nel palazzo. La convenienza e l’utilità di queste due possibili destinazioni, sono molto diverse. Il valore di una soffitta è molto maggiore se può essere trasformata in un appartamento a sé oltre che usata al servizio di un’altra abitazione. Anche perché nel primo caso, la superficie recuperata può essere venduta a terzi, mentre nel secondo può essere usata solo dal proprietario. Una delle finalità di queste leggi è contenere il consumo di suolo: obiettivo più facile da raggiungere con nuovi appartamenti piuttosto che ampliando quelli esistenti.

Spazi e costi

Per decidere se dal sottotetto conviene ricavare un bagno o una stanza in più, è bene anche verificare le condizioni da soddisfare circa gli standard urbanistici e gli oneri da pagare. In Molise e in Piemonte, per esempio, questo tipo di intervento è consentito solo sugli edifici ubicati in zone già dotate di strade, fognature e delle altre opere di urbanizzazione primaria. La stessa condizione è posta anche in Lombardia, ma con un grado di libertà in più: se l’area non è già dotata di queste infrastrutture, il recupero può essere fatto lo stesso, purché il proprietario dell’immobile assuma l’impegno di realizzarle.

Inoltre, può essere richiesto anche il reperimento di aree per la realizzazione di parcheggi al servizio dell’edificio di cui si aumenta la superficie utile. Lo prevedono esplicitamente, per esempio, le leggi della Lombardia e del Veneto. Per ogni nuova unità abitativa in Liguria è necessario un parcheggio di 12,5 metri quadrati; nel Lazio la superficie richiesta dai Comuni non può superare i 25 metri quadrati.

Anche sul pagamento degli oneri di urbanizzazione e del contributo commisurato al costo di costruzione, la situazione varia da una regione all’altra. In Toscana e in Campania devono essere pagati sia gli oneri sia il contributo; in Abruzzo gli oneri sono richiesti in misura doppia se la soffitta recuperata è utilizzata come abitazione. La normativa siciliana, oltre al pagamento degli oneri di urbanizzazione prevede si paghi al Comune una somma pari al 10% del valore della superficie recuperata, calcolato sull’incremento della rendita catastale.

Per trasformare la superficie di una soffitta in uno spazio abitabile si devono rispettare anche alcune condizioni relative ai parametri più strettamente edilizi. In particolare le regole relative alle altezze, alla luminosità e areazione dei locali.

Anche su queste condizioni ogni regione fa storia a sé. Ma tutte le leggi prevedono che le altezze dei locali possano essere inferiori ai 2,7 e 2,4 metri previsti, dalla normativa statale in materia, rispettivamente per i locali abitabili e per i disimpegni.

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