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Esperto del giudice e CTU: il compenso non può essere legato al prezzo di vendita degli immobili

di Sandro Ghirardini e Teresio Bosco

Fonte: Consulente Immobiliare

L'art. 14, comma 1, lett. a-ter), D.L. 83 del 27 giugno 2015, convertito con modificazioni dalla legge 132 del 6 agosto 2015, a decorrere dal 21 agosto 2015 ha aggiunto un comma, il 3, all'art. 161 disp. att. cod. proc. civ., disponendo che «Il compenso dell'esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall'ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita. Prima della vendita non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima».
Si tratta quindi di un comma aggiunto, che ha introdotto di fatto un nuovo parametro di determinazione del compenso spettante al perito estimatore nominato dal giudice o dall'ufficiale giudiziario, del quale peraltro egli non è che il destinatario di riflesso, essendo per l'appunto la norma diretta al giudice e all'ufficiale giudiziario, loro (im)ponendo di regolare la prestazione dei detti periti in modo del tutto nuovo e variabile, anzi neppure determinabile nel momento in cui ad essi si affida l'incarico, ma da stabilirsi solo in un secondo tempo, ovvero (se e) quando il bene o i beni oggetto della stima saranno venduti.
In quel caso il compenso verrà calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita, sebbene la norma non precisi sulla scorta di quali parametri dovrà effettuarsi la liquidazione, e neppure indichi su quali parametri andrà determinato l'acconto, che non potrà tuttavia essere superiore al cinquanta per cento del valore di stima.
Ammettendo che i parametri applicabili siano quelli di prima, come parrebbe lasciar intendere l'assenza di richiami in un senso o nell'altro, ne consegue che la nuova disposizione introduce surrettiziamente una deroga alla tariffa prima in vigore, evidentemente non concordata con le parti interessate ed in palese contrasto, per quanto concerne le stime nelle esecuzioni immobiliari, che sono peraltro la maggior parte delle stime e perizie effettuate, con la norma di cui all'art. 13 del decreto interministeriale 30 maggio 2002 (Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpresti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale), che fissa l'onorario a percentuale sullabase del valore periziato.
La nuova disposizione dovrà quindi applicarsi a tutte le stime, sia di beni mobili sia di immobili che costituiscono oggetto di una procedura esecutiva, sebbene si possa osservare che la maggior parte delle stime riguarda proprio questi ultimi, e pertanto la categoria più direttamente interessata, o colpita, dal nuovo dettato normativo è quella dei periti ed esperti di estimo immobiliare.
Mutuando un'espressione dal gergo calcistico, la norma ha rappresentato un intervento a gamba tesa del Legislatore, attuato allo scopo, non se ne intravedono altri, di ancorare il compenso del perito all'importo effettivo ricavato dalla vendita, per ragioni che possono individuarsi, da un lato, nell'intento di prevenire il rischio di stime non cristalline rispetto al valore effettivo del cespite, e dall'altro in funzione di contenimento dei costi delle procedure esecutive, trasferendo in capo allo stesso estimatore parte dell'alea insita nella (possibilità di) collocazione sul mercato dell'immobile periziato.

Gli effetti della norma
È del tutto plausibile domandarsi se la strada imboccata dal Legislatore (piaccia o meno, quella è) sia corretta sul piano normativo e di principio, ma prima ancora se essa sia efficace, oltre che utile, sul piano operativo a perseguire l'intento prefisso.
E la risposta si appalesa in tutta evidenza negativa, per una serie ragioni che proveremo ad elencare, non senza registrare, oltre al prevedibile sconcerto e fermento degli operatori interessati, alcuni dubbi circa la legittimità della norma manifestanti fin dalla prima ora da parte di coloro (giudici dell'esecuzione presso vari Tribunali) che devono misurarsi con l'applicazione della nuova disposizione.
Sembra infatti di potere osservare che un primo intuibile effetto che la sforbiciata dei compensi andrà a creare, unito all'alea intrinseca alla stessa e alla dilatazione dei tempi di riscossione, posto che la norma determina un'oggettiva incertezza oltre che nell'"an" anche nel "quando", è il rischio di disincentivare la presenza di periti più esperti e qualificati, la cui professionalità esperienza e competenza è spesso essenziale nella redazione delle stime, specialmente quelle più complesse, e ciò a detrimento della qualità delle stime prodotte, e in ultimo della funzionalità stessa del sistema delle esecuzioni immobiliari, sul quale in definitiva andranno a riverberarsi gli effetti negativi che conseguono a valutazioni non pertinenti edattendibili. Perché la perizia rappresenta il fulcro della procedura esecutiva, e quando è fatta bene essa rappresenta una utilità essenziale per tutti i soggetti della procedura, dunque non solo per il giudice o l'ufficiale giudiziario che l'hanno disposta. E' dunque evidente che il sistema funziona correttamente non in base a quanto costa la perizia o si riesce a risparmiare sul perito, quanto piuttosto per il fatto che la perizia è attendibile e soprattutto è completa, non soloperchè risponde in modo esauriente a tutti i quesiti posti al perito, ma soprattutto perchè, come ben sanno gli esperti del settore, è il risultato di un percorso estimativo basato su dati oggettivi, che permettono di verificare sia il lavoro del perito sia i parametri che questi ha applicato, dando conto nella stessa perizia dei dati utilizxati, in modo che il risultato ottenuto sia oggettivizzabile.
Ciascuna perizia estimativa ,d'altra parte, rappresenta un "unicum", in quanto ciascun bene periziato ha le sue peculiarità, né al momento dell'incarico il perito estimatore può essere in grado di stabilire quale potrà essere il grado di difficoltà che incontrerà nel redigere la perizia, il tempo che occorrerà, come pure se all'esito della sua valutazione il bene sarà considerato appetibile o meno sul mercato immobiliare nel quale andrà a collocarsi. Il che, tra l'altro, distingue la funzione del perito stimatore dall'altra principale figura esterna della procedura che è il "delegato" del Giudice, a parte il custode, il cui compenso in effetti è composto da un corrispettivo parte in misura fissa per alcune attività meramente compilative che questi compie, e parte a percentuale determinata sul prezzo di aggiudicazione. E così anche il custode, ma va da sé che la prestazione del perito stimatore non è classificabile per archetipo, neppure può ritenersi meramente riproduttiva (basti pensare agli adempimenti richiesti all'esperto, quali le verifiche catastali, il titolo edilizio, la presenza di eventuali abusi presenti nel bene da periziare e loro sanabilità, solo per indicarne alcuni) per cui certamente le prestazioni richieste all'esperto non possono considerarsi equiparabili con quelle degli altri ausiliari.
Ma anche sul piano normativo la disposizione si pone in conflitto col sistema regolatore dei compensi, che trova il proprio caposaldo nell'art. 13 del decreto interministeriale 30 maggio 2002, secondo il quale «per la perizia o la consulenza tecnica in materia di estimo spetta al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale calcolato per scaglioni sull'importo stimato», rispetto al quale la vendita dell'immobile e il prezzo ricavato rappresentano un evento futuro e incerto, dunque da esso del tutto avulso. Del resto il principio generale nella liquidazione del compenso è fissato all'art. 51 del Dpr 115 del 30 maggio 2002 (Testo Unico in materia di spese di giustizia) che chiaramente dispone che: «Nel determinare gli onorarivariabili il magistrato deve tenere conto delle difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione fornita».
Occorre inoltre dar conto del fatto che è stato autorevolmente osservato (Tribunale di Vicenza) che la norma si appalesa contraria al diritto dell'Unione Europea, per il quale la prestazione del professionista è equiparata alla prestazione dell'impresa di servizi, ponendo la puntualità nei pagamenti come fatto essenziale per la tutela della concorrenza (direttiva 2000/35/CE trasfusa nel D.Lgs 231/2202). D'altra parte, sul piano strettamente fiscale la prestazione dell'ausiliario nominato dal giudice assume caratteristiche non molto dissimili dalla prestazione di natura commerciale, e ciò anche in forza dell'art.8 del Dpr 115/2002; e infatti il rapporto è assoggettato a IVA, ed il corrispettivo è regolato su fattura.
Al riguardo non va trascurato neppure quanto affermato dalla stessa Corte Costituzionale nella sent. n. 192/2015, dichiarando incostituzionale l'art. 106-bis del Dpr 115/2002 così come introdotto dall'art. 1, comma 606, lett. b), della legge 147 del 27 dicembre 2013, rilevando l'irragionevolezza di normative che colpiscano sul piano del compenso gli ausiliari del giudice. A favore del giusto e ragionevole compenso si rinvengono inoltre significative pronunce della Corte di Cassazione, segnatamente Sez. II, sent. 19 ottobre 2012 n. 18070, per la quale «pur tenuto conto della natura pubblicistica dell'incarico, che giustifica l'inapplicabilità delle tariffe professionali, che costituiscono, però, il necessario punto di riferimento per l'elaborazione delle tabelle, l'opera del CTU deve pur sempre essere remunerata, in conformità ai criteri normativi, in modo tale da assicurare un ragionevole risultato economico in funzione del tempo e dell'impegno prestato. In tale prospettiva sono determinate ed aggiornate le relative tariffe, che vanno interpretate in modo da conseguire tale risultato».
Fare riferimento al prezzo di vendita dell' immobile oggetto di stima per stabilire il compenso del perito che l'ha periziato significa, in definitiva, impiantare un irragionevole contrasto nel bilanciamento degli interessi dell'intera procedura, la quale si fonda su una adeguata e attendibile determinazione del valore dell'immobile ( come ben evidenzia la scansione dell'art. art. 568 cod. proc. civ.) e pone in evidenza il ruolo dell'ausiliario stimatore, salvo poi subordinare il corrispettivo da liquidarsi ad un evento futuro ed incerto, vale a dire la vendita, ovvero l'aggiudicazione, nonché l'entità del medesimo ad una molteplicità di fattori rispetto ai quali non ha la possibilità di esercitare alcun controllo. Tra l'altro trasformando la prestazione dell'esperto stimatore da un'obbligazione di mezzi in una obbligazione di risultato, in palese conflitto con le qualità stesse della prestazione d'opera intellettuale, definite dall'art. 2229 cod. civ. e seguenti.
Il che non significa che il fine perseguito dalla norma, ovvero quello di evitare stime inattendibili, non sia di per sé apprezzabile, perché ciò corrisponde all'interesse medesimo di tutti i periti estimatori che operano con coscienza, competenza e rettitudine (e sono la stragrande maggioranza), tra l'altro, è appena il caso di rilevarlo, non soltanto per ragioni etiche e di scrupolo personale, ma soprattutto per la consapevolezza di prestar fede all'impegno di bene e fedelmente procedere alle operazioni loro affidate, sulla scorta del giuramento prestato ai sensi del primo comma dello stesso art. 161 cod. proc. civ. Dunque la soluzione più semplice, immediata e di pronta attuazione è quella di prevedere, ancor prima che di favorire, l'applicazione dei parametri che la stessa scienza dell'estimo mette a disposizione attraverso gli standard estimativi internazionali, europei e nazionali, come richiamati dalla norma UNI 11612:2015 ( Stima del valore di mercato degli immobili). Evitando in tal modo che le pressioni congiunturali che in questo momento pesano sul mercato immobiliare, e che sono la principale causa della discrasia di valori tra il periziato e il ricavato dalla vendita, possano influire in modo significativo sulla stima, anche nell'ipotesi, del tutto prevedibile, che si verifichi al più presto quell'inversione di tendenza da tutti auspicata.

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