Fisco

Rebus congruità per le spese professionali

Il riferimento va fatto al prezzario Dei o regionale o al Dm della Transizion eecologica, ancora da emanare

di Alessandra Caputo e Giorgio Gavelli

Il binomio tra asseverazione di congruità delle spese e visto di conformità, già complesso in ambito superbonus, deve fare i conti con il debutto nei bonus minori.

In base al comma 13-bis del Dl 34/2020, l’asseverazione di congruità fa riferimento:
1) ai prezzari individuati dal decreto Requisiti 6 agosto 2020 (regionali o pubblicazioni Dei, in casi residuali allegato “I” al medesimo decreto) o dal Dm 58/2017 per il sismabonus;

2) ai valori massimi stabiliti, per categorie di beni, dal ministro della Transizione ecologica (indicazione aggiunta dal decreto Antifrodi ma non ancora efficace).

Secondo l’articolo 13.1, lettera c, dell’Allegato “A” al Dm Requisiti, ai fini della congruità delle prestazioni professionali si fa riferimento ai valori massimi di cui al decreto del ministro della Giustizia 17 giugno 2016. Il dubbio riguarda l’eventuale inserimento nel novero di queste prestazioni anche di quella riguardante il rilascio del visto.

I problemi
Ci pare, però, che ci siano problemi sia dal lato soggettivo che da quello della tempistica. Per quanto riguarda il primo aspetto, non sembra che il professionista tecnico – chiamato ad asseverare la congruità dei prezzi – sia il soggetto più adatto per definire se la parcella del vistatore possa definirsi congrua. Per quanto attiene alla tempistica, poi, il visto di conformità costituisce l’ultimo atto prima dell’invio della comunicazione alle Entrate (tanto è vero che, presumibilmente, il professionista incaricato dovrà accertarsi della presenza dell’attestazione di congruità), per cui è ben difficile che il costo di questa prestazione possa essere inserita nell’attestazione rilasciata dal tecnico.

Questa anomalia, già emersa con il superbonus, ora si ripercuote anche sui visti dei bonus minori, per i quali potrebbe anche sorgere un problema di detraibilità. Il compenso per il visto dovrebbe, infatti, logicamente far parte dell’ammontare detraibile, anche se la disposizione che lo prevede (articolo 119, comma 15, del Dl 34/2020) si applica letteralmente solo al superbonus: per cui una lettura restrittiva (non condivisibile) porterebbe a un’indetraibilità per tutti gli altri bonus, anche in presenza di plafond di spesa capienti. Capienza che l’entrata in vigore repentina del decreto Antifrodi potrebbe aver spiazzato.

I termini
Va considerato, infatti, che entro il 16 marzo 2022 saranno oggetto di cessione tutte le spese sostenute nel 2021. Per un “bonus casa” in cui il contribuente ha raggiunto il limite di 96.000 euro per unità immobiliare, la spesa per il visto (ammesso che sia detraibile) non ha margini per essere “spesata”. Stessa cosa potrebbe anche accadere (in attesa di chiarimenti) per i costi del visto riguardante un bonus facciate che, pur non avendo alcun limite prefissato di spesa, ha già raggiunto il livello massimo di congruità con i lavori realizzati e i costi professionali sostenuti prima del rilascio del visto.

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