Fisco

«Rischio riciclaggio sui bonus fiscali, servono più controlli»

di Laura Serafini

Il Superbonus 110%, al pari di altri bonus edilizi che prevedono la cessione dei crediti fiscali, possono rappresentare un’occasione ghiotta per fenomeni di riciclaggio. L’allerta su questo rischio è stata lanciata già a fine 2020 e ribadita nella newsletter di marzo dall’Unità di informazione finanziaria, l’istituzione indipendente che si occupa di raccogliere le segnalazioni operazioni sospette da parte degli intermediari finanziari. Nelle informative fatte dalla Uif, in realtà, si dà conto dell’emersione dei rischi di riciclaggio connessi alla pandemia e alle misure straordinarie messe in campo dal governo per sostenere le imprese e l'economia: il dato relativo al 2020 mostra che a fronte di 113.187 segnalazioni 2.257 erano da ricondurre a nuovi fattori di rischio connessi con le misure emergenziali. All’interno di questi dati emergono situazioni impressionanti: il Lazio risulta la regione con il numero più elevato delle segnalazioni attinenti al Covid, pari a circa il 19% del totale nazionale contro il 13% delle altre tipologie di segnalazioni. Le segnalazioni legate alla pandemia sono sicuramente in crescita nel 2021.

Tra le operazioni a rischio ci sono quelle connesse a procedure pubbliche per la fornitura di prodotti medicinali e le mascherine e quelle legate ai finanziamenti garantiti dallo Stato. E poi ci sono tutte le operazioni collegate ai crediti fiscali e in particolare alla possibilità di cederli ad intermediari. Nei giorni scorsi il sottosegretario al ministero per l’Economia, Cecilia Guerra, aveva indicato i rischi di riciclaggio connessi al Superbonus 110% come una delle ragioni alla base della decisione del governo di cercare di ridurre la portata dell'incentivo (nella legge di Bilancio è stato prorogato per il 2023 per i condomini, con un décalage sulla percentuale nei due anni seguenti, mentre per le villette c’è una proroga a tutto il 2022 ma solo per i redditi Isee fino a 25 mila euro). Ma accorciare la vita dell’incentivo con l’obiettivo – che ovviamente va pari passo con la riduzione del costo per la finanza pubblica – di limitare il fenomeno del riciclaggio rischia in realtà di produrre il risultato esattamente inverso.

L’esperienza dell’Uif evidenzia che sono proprio le misure emergenziali, quelle caratterizzate cioè dalla necessità di una velocità di essere messe in campo e tradotte in supporto all’economia, quelle che attirano maggiormente i fenomeni dell’uso o della percezione indebita di fondi che per questo motivo non sono tracciabili e quindi devono essere riciclati. L’unica arma per limitare questi fenomeni sono i controlli; ma controllare richiede tempo e questo – nel caso dell’emergenza – rischia di rallentare l'erogazione dei fondi. Al contempo, anche la scelta di rifinanziare incentivi come il Superbonus per un arco molto limitato di tempo finisce con il rideterminare lo stesso problema: la fretta di cogliere le opportunità del sostegno pubblico, perché la scadenza è molto ravvicinata, non agevola adeguati controlli e crea un terreno fertile per i fenomeni di riciclaggio.

Una strada più equilibrata potrebbe essere quella di dare a questi incentivi (e non solo a quelli legati ai bonus edilizi, ma anche ad esempio alle garanzie pubbliche sui prestiti) una forma stabile e strutturata, magari a fronte di una riduzione della percentuale di copertura: se il 110% si riducesse a quote percentuali più basse, ad esempio, avrebbe anche il vantaggio di mettere un tetto alle spese perché una parte è a carico del proprietario dell’immobile. L’Uif aveva rilevato in passato la criticità delle operazioni legate ai crediti di imposta: ad esempio accadeva che un soggetto vantasse un credito fiscale inesistente e lo utilizzasse per pagare imposte tipo l’Imu in località dove non aveva nessuna casa. Esso poi si affrettava a chiedere al Comune la restituzione dell’Imu ingiustamente pagata indicandolo come errore per pagamenti di imposta non dovuta. La possibilità di cedere i crediti fiscali, secondo l’Uif, ha però fatto crescere questo fenomeno. Con la cessione a un intermediario si ottiene un anticipo finanziario a fronte del credito; l’ideale sarebbe che l’intermediario riuscisse a verificare l’esistenza del credito al momento della sua cessione. Ma questo non è sempre facile: dovrebbe verificare il cassetto fiscale del soggetto venditore, ma spesso l’Agenzia delle entrate non ha ancora avuto il tempo di vagliare tutta la documentazione che è stata consegnata, anche perché poi ha 5 anni di tempo per controllare la veridicità dei documenti. A quel punto, però, la truffa ai danni dell’intermediario è già stata fatta e il soggetto venditore, magari, è stato posto in liquidazione o è insolvente e i proventi del reato sono già stati riciclati.

L’Uif sta via via raffinando la classificazione delle segnalazioni legate all’emergenza e alle misure straordinarie rispetto alle altre anche al fine di avere le dimensioni delle operazioni sospette in base alle diverse tipologie di abuso, che siano ad esempio legate ai crediti garantiti, alla cessione dei crediti fiscali e così via. Anche perché ora si avvicina la partita della grande quantità dei fondi pubblici da spendere con il Pnrr e sarà un’altra importante sfida per chi deve contrastare il riciclaggio

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