Fisco

Va ripensato il metodo di calcolo della rendita

di Antonio Benvenuti

La commistione tra l’aspetto estimativo (tecnico) e l’aspetto fiscale (politico) spesso rende impossibile ragionare sulla riforma del catasto. Proviamo a tenerli divisi, partendo da alcune criticità del sistema attuale.

La rendita catastale oggi è determinata per classi. La procedura raggruppa gli immobili in insiemi, indicativamente composti da mille a tremila unità, e assegna a tutti un’unica tariffa d’estimo media. Si avvantaggiano così fiscalmente gli immobili con i redditi maggiori della rendita media e si penalizzano gli quelli con redditi minori. La contromisura empirica – a suo tempo – è stata porre la rendita media al di sotto dei redditi minimi degli immobili della classe, così da avvantaggiare tutti, anche se in misura diversa. Questa sperequazione è stata poi amplificata dalla rivalutazione forfettaria delle rendite.

Quanto al vano, esso determina la consistenza delle unità in categoria A (abitazioni). Oggi due case diverse in categoria A/2, entrambe di sei vani, hanno la stessa rendita catastale ma possono avere superfici diverse: a Pisa, ad esempio, potrebbero avere dai 60 ai 180 metri quadrati. La misurazione a “vano” fu introdotta anche perché consentiva di superare le imprecisioni sul piano grafico delle planimetrie presentate dai proprietari (chi non ricorda i rilievi a vista?).

Ecco perché, per effettuare la riforma, è necessario e logico cambiare le modalità di definizione della rendita catastale. A parere di chi scrive, la revisione non dovrebbe essere fondata sul valore degli immobili, se si vuole evitare l’obiezione di una tassazione patrimoniale slegata dal potenziale reddituale degli immobili. La soluzione potrebbe essere basarsi sul reddito (contratti di locazione), utilizzando per il calcolo le procedure di valutazione internazionali (mass appraisal), dividendo l’aspetto estimale (il reddito di un immobile) e quello fiscale (l’imposizione). Si avrebbe così un calcolo trasparente, con una riduzione dei contenziosi, e si potrebbero fare aggiornamenti criteri automatici e non forfettari.

Va detto, però, che il Ddl delega approvato lo scorso 5 ottobre dal Governo prevede di attribuire a ogni unità, oltre alla rendita attuale, «il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato» (articolo 7, comma 2, lettera a). Sul piano estimativo, però, «valore patrimoniale» e «valori normali» non hanno una definizione univoca nella letteratura scientifica. È auspicabile, perciò, che tali voci siano meglio precisate con i decreti delegati, magari andando nella direzione seguita oggi da molti Paesi, che nei propri sistemi catastali basano la stima su software di rilevazione e di calcolo e su sistemi georeferenziati (Computer Assisted Mass Appraisal, Automated Valuation Model) e si ispirano agli standard catastali internazionali (International Association of Assessing Officers).

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