Fisco

Fotovoltaico, il contratto non si può riqualificare

La concessione in affitto per 20 anni di un terreno agricolo per realizzare un impianto fotovoltaico non può essere riqualificata dall’agenzia delle Entrate

di G. Gav.

La concessione in affitto per 20 anni di un terreno agricolo per realizzare un impianto fotovoltaico non può essere riqualificata dall’agenzia delle Entrate – ai sensi dell’articolo 20 del Dpr 131/1986 - in costituzione del diritto di superficie, con richiesta di un maggiore importo a titolo di imposte di registro e ipocatastali. Anche se il contratto di affitto contiene clausole non usuali alla tipologia “classica” del negozio, quali la durata, il diritto ad edificare riconosciuto all’affittuario, la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto a suo carico e l’acquisto della proprietà della costruzione da parte del proprietario del terreno al termine del rapporto contrattuale.

L’ordinanza 23399/2021 della Cassazione sconfessa la riqualificazione contrattuale operata dall’ufficio, disattendendo un avviso di liquidazione che assomiglia a moltissimi altri emessi in questi anni. Secondo le Entrate, la concessione ad aedificandum riconosciuta alla controparte ed altri elementi non caratteristici del contratto di affitto di fondo rustico denotavano un evidente intento elusivo delle parti, nascondendo, almeno sul piano tributario, un contratto di concessione del diritto di superficie. Ma la Corte non ci sta e dimostra di aver ben compreso il ruolo dell’articolo 20 del Tur, come delimitato anche dalle sentenze 158/2020 e 39/2021 della Corte costituzionale.

Non solo la finalità antielusiva appare un profilo «estraneo alla disposizione in esame», ma anche ove l’azione accertatrice intenda perseguire tale scopo, l’atto deve essere preceduto (a pena di nullità) da una richiesta di chiarimenti, all’interno di uno specifico procedimento di garanzia ai sensi dell’articolo 10-bis della Legge n. 212/2000. Peraltro, il profilo elusivo non può «identificarsi sic et simpliciter con il risparmio fiscale» laddove sia lo stesso ordinamento a prevedere la facoltà di scelta di un’operazione fiscalmente più vantaggiosa (Cass. n. 11023/2021) e «non v’è ragione per negare alle parti la possibilità di scegliere, nell’esercizio dell'autonomia privata riconosciuta dall’articolo 1322 Codice civile, se perseguire risultati socio-economici analoghi, anche se non identici, mediante contratti ad effetti reali o mediante contratti ad effetti obbligatori» anche «facendo ricorso a figure contrattuali atipiche, per interessi meritevoli di tutela» (Cassazione a Sezioni Unite n. 8434/2020).

Gli elementi elencati dall’Ufficio non stravolgono la funzione causale dello schema negoziale prescelto, risultando compatibili con una locazione atipica, che resta, pur sempre, un (legittimo) contratto di natura obbligatoria, non potendosi, peraltro, «confondere gli effetti giuridici con quelli economici». Evidenziando l’evoluzione della giurisprudenza della Corte in materia, non si può che ricordare, in proposito, che «resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale» (articolo 10-bis, comma 4, Legge n. 212/2000), espressione della libertà di iniziativa economica privata riconosciuta dall’articolo 41 della Costituzione.

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