Fisco

Recovery, spunta proroga del Superbonus al 2023

di Giorgio Santilli

Spunta la proroga del Superbonus fino alla fine del 2023 nelle schede tecniche del Recovery Plan (scritte in inglese) che il governo ha inviato giovedì notte alle commissioni parlamentari. Va detto subito che non si tratta del nuovo e definitivo Pnrr del governo Draghi, ma di un passo avanti che arricchisce il precedente piano del governo Conte e lo rende molto più aderente alle richieste e ai requisiti Ue.

Questa documentazione di oltre mille pagine presenta infatti target, milestones, obiettivi, cadenzamento temporale delle spese di cui la stessa commissione Ue aveva lamentato l’assenza nelle settimane scorse. Inoltre, questo documento “arricchito” resta la base di Piano su cui si pronuncerà il Parlamento con le risoluzioni previste per fine mese e da cui ha detto di voler partire questo stesso governo, prima nelle parole in Parlamento del premier Draghi, poi in quelle del ministro dell’Economia, Daniele Franco, in audizione lunedì scorso.

L’impianto di fondo del documento inviato resta quello già noto e non cambiano le risorse destinate alle singole missioni, ma nei dettagli aggiuntivi non mancano novità anche rilevanti. A proposito dei risultati attesi per effetto dell’ecobonus, il documento, alla pagina 102 delle schede Missione 2 (green revolution), dice infatti che «il Milestone identificato è l’approvazione dell’estensione della misura del Superbonus per interventi effettuati fino al 31 dicembre 2023».

Sul punto il Mef guidato da Daniele Franco non si è mai pronunciato, il testo potrebbe quindi ancora cambiare, ma l’indizio è piuttosto interessante, visto che fino a oggi le norme vigenti e i programmi presentati parlavano di Superbonus prorogato fino al 2022. La scadenza temporale della misura era stata anzi oggetto di un duro scontro politico fra i Cinque stelle, guidati da Riccardo Fraccaro e Stefano Patuanelli, favorevoli a una proroga più ampia, e la resistenza dell’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

Nessun cambiamento sostanziale, invece, per ora, nel piano delle infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,98 miliardi) che però presenta - come tutte le altre missioni e sottomissioni, per altro - una nuova tabella con la ripartizione negli anni della spesa prevista, opera per opera. Per l’Alta velocità, per esempio, è ovvio che le grandi opere appena avviate o in corso di progettazione prevedano la gran parte della spesa nel treinnio 2024-2026 soprattutto per le tre grandi opere del Sud (Napoli-Bari, Palermo-Catania, Salerno-Reggio Calabria), ma le opere già in corso prevedono invece un’accelerazione da subito: la Brescia-Vicenza dovrebbe spendere 341 milioni nel 2021 e 710 nel 2022, mentre il terzo valico conta su una spesa di 532 milioni nel 2021 e di 724 milioni nel 2022. Non si dice, però, se questa spesa sia aggiuntiva rispetto ai programmi in essere.

Sulle grandi opere dovrebbero impattare anche le riforme delle procedure, fra cui si aggiunge la riforma della conferenza di servizi, prima non prevista. E proprio a proposito di accelerazione di procedure per il Recovery ieri si è svolto il primo incontro tra i ministri della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, della Cultura, Dario Franceschini, e delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, per individuare «soluzioni volte ad accelerare i processi autorizzativi per la realizzazione in tempi brevi di opere pubbliche previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)». Si tratta, viene spiegato in una nota, di «un primo passo per semplificare e velocizzare iter complessi che spesso possono rallentare la realizzazione di interventi infrastrutturali. Parallelamente, potranno essere individuate procedure accelerate da applicare, a regime, anche per opere che non rientrano nel Pnrr».

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