Fisco

Superbonus, fuori dai condomìni niente 110% sulle parti comuni

Per l’agenzia delle Entrate, il superbonus non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti

di Luca De Stefani

Non potranno beneficiare del superbonus del 110% i lavori sulle parti comuni delle bifamiliari di proprietà dello stesso soggetto o in comproprietà tra coniugi. È questo uno dei tanti chiarimenti dell’agenzia delle Entrate contenuti nella circolare 24/E/2020, in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del ministero dello Sviluppo economico, che ridurrà gli interventi dell’ecobonus trainati, il limite di spesa per i pannelli solari termici da 92.307,69 euro a 46.153,85 euro e attiverà un limite massimo di detrazione di 15mila euro per i dispositivi multimediali ( si veda «Il Sole 24 Ore» di domenica).

La circolare
Anche se la norma agevolativa del superbonus del 110% non pone alcun limite alla tipologia di unità immobiliari che compongono l’edificio condominiale, la circolare delle Entrate, al paragrafo 2 , ritiene di non consentire la detrazione delle spese per i lavori sulle parti comuni condominiali da parte di contribuenti (di qualunque tipologia: persona fisica, impresa o professionista) che possiedano o detengano unità immobiliari non abitative in condomìni prevalentemente non residenziali, cioè quelli in cui la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio sia inferiore al 50 per cento. In caso contrario (superficie complessiva delle unità immobiliari residenziali superiore al 50%), invece, è possibile ammettere alla detrazione anche il proprietario e il detentore di unità immobiliari non residenziali, che sostengono le spese per le parti comuni.

Secondo la circolare 24/E/2020, paragrafo 1.1, la norma agevolativa del 110% fa riferimento «espressamente ai condomìni e non alle parti comuni di edifici». Pertanto, l’edificio oggetto degli interventi deve essere costituito in condominio secondo la disciplina civilistica. Per questo motivo, per l’agenzia delle Entrate, il superbonus «non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti». Questo chiarimento è in contrasto con le risposte 22 maggio 2020, n. 137 e 139 e 22 luglio 2019, n. 293, che hanno concesso l’agevolazione sugli interventi su parti comuni non condominiali, finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica, nonostante la relativa norma la limitasse espressamente ai lavori «su parti comuni di edifici condominiali».

La critica
L’interpretazione delle Entrate per il 110% non convince, anche perché non è vero che la norma agevolativa del superbonus fa riferimento «espressamente ai condomìni e non alle parti comuni di edifici», in quanto sono agevolati (non solo per i condomìni, ma anche per le persone fisiche) gli «interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati» (articolo 119, comma 1, lettere b), del Dl n. 34/2020). Questi lavori sono agevolati, per la norma, indipendentemente dal fatto che ci sia un condominio. Per avvalorare la propria tesi, però, l’agenzia titola il paragrafo 2.1.2, relativo a questi interventi: «Sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni degli edifici in condominio», quando invece l’articolo 119, comma 1, lettere b), del Dl 34/2020 si ferma alle parole «parti comuni degli edifici».

La mancata assimilazione delle Entrate degli edifici con più unità immobiliari (anche più di due) di un unico proprietario al condomìnio, ai fini del 110%, comporta l’impossibilità per qualunque contribuente di beneficiare del superbonus sui lavori sulle parti comuni di edifici interamente di sua proprietà, costituiti da due o più unità immobiliari (si presume diverse dalla pertinenze), come ad esempio una bifamiliare.

Il chiarimento influenza anche i casi in cui due o più contribuenti siano proprietari, per quote indivise, dell’intero stabile, costituito da due o più unità immobiliari (si presume diverse dalle pertinenze). In questi casi, infatti, non si è in presenza di un condomìnio, ma di una comunione, pertanto, per le Entrate, non spetta il 110 per cento.

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