Fisco

Lavori «eco»: seconde case escluse solo se unifamiliari

Ci sono già diversi casi in cui la limitazione non si applica, già in base all’attuale testo del Dl 34/2020

L’esclusione delle “seconde case” è uno dei punti che finora hanno fatto più discutere sul superbonus del 110 per cento. Ma al di là di una possibile cancellazione del divieto durante la conversione in legge del decreto Rilancio, ci sono diversi casi in cui la limitazione non si applica, già in base all’attuale testo del Dl 34/2020. Vediamoli.

Via libera all’antisimisca

Innanzitutto, quando si sceglie la strada del sismabonus potenziato. Per questo tipo di interventi agevolati al 110% l’esclusione delle seconde case non è menzionata. Anzi, il comma 4 dell’articolo 119 del decreto Rilancio si limita a richiamare la norma istitutiva del sismabonus (i commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del Dl 63/2013), che a sua volta si riferisce alle abitazioni (tutte) e agli immobili produttivi ubicati nelle zone di pericolosità sismica 1, 2 e 3.

I vincoli del super-ecobonus

Le seconde case, invece, sono off-limits dall’ecobonus potenziato al 110% (riservato ai cappotti termici, agli interventi su impianti di riscaldamento e alle opere di risparmio energetico ad essi “congiunte”). Ma, anche qui, serve una precisazione. Il divieto riguarda infatti gli interventi eseguiti da persone fisiche non esercenti attività d’impresa, arte o professione «su edifici unifamiliari diversi da quelli destinati ad abitazione principale».

L’esclusione non vale per le “seconde case” che si trovano all’interno di un condominio: quindi, se si interviene sulle parti comuni di un edificio residenziale, chi possiede un appartamento (anche locato o concesso in uso gratuito a un familiare) può senz’altro beneficiare del superbonus del 110 per cento. Così come i proprietari di studi professionali o negozi che fanno comunque parte del condominio.

Condomìni e no

Ne deriva che, ad esempio, in una villetta di campagna (una sola unità immobiliare residenziale, tenuta a disposizione del contribuente) il cappotto termico dovrebbe accontentarsi, in alternativa e in base alle caratteristiche dell’intervento:

- dell’ecobonus ordinario (65%, su una spesa massima peraltro più elevata, cioè 92.307, anziché i 60mila euro del superbonus);

- del bonus facciate (90%, senza massimale di spesa, in zona urbanistica A e B);

- del bonus sulle ristrutturazioni (50%, su una spesa di 96mila euro).

Attenzione, però, alle sfumature. Se la villetta è costituita da due unità immobiliari che appartengono a proprietari diversi, si configura un “condominio minimo” per il quale l’agenzia delle Entrate negli ultimi anni ha sempre ritenuto possibile beneficiare delle detrazioni sulle ristrutturazioni, anche se il fabbricato non ha un suo codice fiscale, e anche se non c’è amministratore.

Peraltro, se quella stessa villetta è costituita da due unità immobiliari distintamente accatastate che appartengono a un unico proprietario, il Fisco ha sempre considerato quel tipo di edificio come un “condominio”. È una posizione evidenziata nella circolare 13/E del 2019 (la “circolare manuale” sul modello 730) e ribadita in varie occasioni, da ultimo con i due interpelli 138 e 139 del 23 maggio scorso a proposito del sismabonus ordinario. Pare ragionevole attendersi una conferma di questo orientamento, anche se - viste le cifre in gioco - conviene aspettare una presa di posizione ufficiale.

Che cos’è «principale»

Sarebbe poi bene chiarire anche un altro aspetto: la definizione di “abitazione principale”. Il decreto non lo precisa, ma si dovrebbe intendere quella indicata dal Tuir: in cui il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente.

La prassi delle Entrate lascia pensare che il requisito dell’abitazione principale debba esistere all’avvio dei lavori: non si potrebbe prendere la residenza a lavori finiti. Ma resta comunque un punto irrisolto: se cioè il superbonus spetti anche all’inquilino di una casa (anche non condominiale) presa in affitto. Una casa che per lui è “abitazione principale”.

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