Fisco

Il regime fiscale della divisione: riflessi sul condominio

Da ultimo due pronunce della Cassazione si soffermano sulla natura dell’atto, dichiarativa o traslativa

di Francesco D'Alfonso

La divisione costituisce uno strumento giuridico mediante il quale la comunione di diritti (proprietà o altro diritto reale) su un bene, mobile o immobile, esistente tra più soggetti viene sciolta, attraverso l'attribuzione, a ciascuno di essi, della titolarità esclusiva di una parte determinata dei beni comuni, il cui valore, nei confronti delle singole porzioni di beni assegnate agli altri condividenti, sia nella stessa proporzione che sussisteva originariamente tra le quote quando gli stessi erano proprietari per l'intero del bene in comunione.

La divisione in condominio
Oggetto della divisione può, naturalmente, essere anche il condominio (articolo 1117 e seguenti Codice civile), che costituisce la figura più rilevante di comunione. Tuttavia, diversamente da quanto avviene in quest'ultima, nel condominio la comproprietà sui beni comuni, ossia le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (esempio le scale), le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune (esempio la portineria), nonché le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune (esempio ascensori), coesiste con la proprietà individuale (esclusiva) dei condòmini sulle singole unità immobiliari.

Il caso in cui è automatica
In questa ipotesi, inoltre, la comunione sulle parti comuni, in linea generale in proporzione al valore delle singole unità immobiliari, si realizza in maniera forzosa, nel senso che la stessa si verifica in maniera automatica (ed è, quindi, irrinunciabile) a seguito della costruzione da parte di più soggetti su suolo comune o del frazionamento da parte dell'unico proprietario di un edificio, i cui singoli appartamenti vengono attribuiti a due o più soggetti in proprietà esclusiva (Cassazione 5335/2017).

La divisione condivisa
Tuttavia, è comunque possibile procedere alla divisione delle parti comuni dell'edificio, qualora sussista il consenso di tutti i condòmini e la stessa non renda più scomodo l'uso della cosa a ciascuno di essi, elemento, quest'ultimo, da valutarsi anche attraverso il raffronto fra le utilità che i singoli condòmini ritraevano da esse e le utilità che ne ricaverebbero invece dopo la divisione, per cui, ad esempio, non è stata consentita la divisione di una terrazza comune che privava il condominio della veduta sul mare.

L'atto con cui i condòmini dividono tra di loro le parti comuni, in particolare, viene considerato avere natura dichiarativa, poiché attraverso di esso ciascuno di questi soggetti si vede attribuito il diritto su un determinato bene di valore analogo a quello della propria quota indivisa sull'intera massa oggetto di divisione, senza, quindi, che vi sia, tra gli stessi, alcun atto di cessione o alienazione.

La divisione senza conguagli
Questa ipotesi si realizza, ad esempio, nel caso in cui venga attribuita a ciascun condòmino la proprietà esclusiva di un determinato posto auto di un'area comune sulla quale lo stesso aveva (eguali) diritti soltanto per una quota indivisa. Laddove, tuttavia, l'attribuzione dei beni attraverso la divisione sia superiore alla quota di diritto spettante al singolo condòmino, l'eccedenza è considerata come vendita.

Il regime fiscale
La distinzione tra divisioni che non danno luogo a conguagli e divisioni diverse da queste ultime rileva anche ai fini fiscali ( articolo 34, Dpr 131/86 - Tur), per cui, se i beni condominiali vengono divisi in parti che corrispondono per valore alle quote di diritto spettanti a ciascun condòmino, la divisione realizzata, senza alcun conguaglio, in beni o denaro, si considera un atto avente natura dichiarativa (Circolare 18/E/2013), soggetto all'applicazione dell'imposta di registro nella misura dell'1%, nonchè delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (200 € per ciascuna).

Più in generale, nell'ipotesi di divisione avente natura dichiarativa è sempre prevista l'applicazione dell'imposta di registro nella misura indicata, qualunque sia la composizione della massa oggetto di divisione ed anche, inoltre, se la stessa opera tra soggetti Iva.

In deroga al principio della natura dichiarativa dell'atto di divisione, tuttavia, allorchè, nella singola assegnazione di beni a favore di uno o più condòmini, si ecceda rispetto alla quota spettante, anche a seguito di rettifica di valore da parte dell'ufficio secondo i criteri di cui all'articolo 52 Tur (in quest'ultimo caso, è tuttavia necessario un ricalcolo della massa comune), o siano presenti conguagli, il relativo importo è considerato avere natura traslativa e, se la stesso supera la soglia del 5% del valore della quota di diritto, è soggetto ad imposizione, anche ai fini IVA (la divisione con conguaglio configura, infatti, una cessione), nella misura più gravosa stabilita per i relativi atti aventi questa natura.

La divisione delle masse plurime
Nel caso, poi, di “masse plurime”, ossia quando gli stessi soggetti risultano comproprietari di più beni derivanti da titoli di acquisto diversi, la descritta disciplina impositiva si applica in relazione alla divisione di ciascuna singola comunione tra i medesimi comproprietari, ad eccezione dell'ipotesi in cui l'ultimo acquisto di quote derivi da successione a causa di morte. Ciò significa, in sostanza, che ciascun comproprietaro vanta diritti per la quota corrispondente ad ogni titolo e relativi ai beni con lo stesso acquistati e non sulla totalità dei beni in una misura pari alla somma delle singole frazioni che gli derivano da ciascun titolo.

La base imponibile
Quanto, poi, alla base imponibile, se la divisione viene considerata avere natura dichiarativa, la stessa è rappresentata dal valore dei beni dichiarato dalle parti o dal valore in comune commercio. Tuttavia, per i terreni agricoli e per tutti i fabbricati muniti di rendita catastale, qualunque sia la loro natura, è applicabile la cosiddetta “valutazione automatica catastale” (Circolare 6/E/2007), in virtù della quale l'agenzia delle Entrate non può rettificare il valore dei beni qualora si sia indicato almeno il valore catastale ex articolo 52 Tur.

Questo meccanismo non può utilizzarsi, invece, in caso di divisioni aventi anche natura traslativa, con riferimento alla parte delle stesse che si considera vendita. Relativamente a quest'ultima parte, può, tuttavia, farsi ricorso al criterio agevolato di definizione (forfettaria) della base imponibile del “prezzo-valore” (di cui all'articolo 1, comma 497, della legge 266/2005) nei casi di assegnazione a persona fisica di casa per civile abitazione e secondo le modalità indicate dall'agenzia delle Entrate nella risoluzione 136/2007.

Le ultime due pronunce della Suprema corte
In tema di divisione, vanno, infine, registrate due recenti sentenze della Cassazione, suscettibili di impattare in maniera diametralmente opposta sulla disciplina fiscale descritta. Da un lato, anche se non in ambito tributario, è stato affermato, in sostanza, che la divisione produce (sempre) un effetto traslativo e non dichiarativo, in virtù dell'efficacia retroattiva della stessa (Sezioni unite 25021/2019). Pertanto, in caso di divisione troverebbero applicazione sempre le aliquote proprie degli atti traslativi (ai fini fiscali, l'articolo 34 Tur, è, tuttavia, chiaro sulla natura solo parzialmente traslativa della divisione).

Dall'altro, secondo quanto stabilito dalla Corte nella sentenza 7606/2018 (si veda anche sentenza 17512/2017), la compensazione in denaro (anche estraneo alla massa) tra i condividenti volta a riequilibrare il rapporto tra quote di diritto e quote di fatto attribuite a ognuno di essi avrebbe natura dichiarativa, affermazione che di fatto renderebbe quasi del tutto inapplicabile l'articolo 34 del Tur.

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